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Anticipazioni

Dal Tamil Nadu a Manhattan: ‘Angammal’ brilla al New York Indian Film Festival 2025

Una rivoluzione silenziosa nell'audacia senza camicetta

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Il New York Indian Film Festival 2025 si è concluso con una serie di audaci vincitori, nessuno più silenziosamente potente di Angammal, che si è aggiudicato l’ambito premio per il miglior film. Diretto da Vipin Radhakrishnan, il dramma in lingua tamil è ambientato in un villaggio rurale del Tamil Nadu e si concentra su un conflitto apparentemente semplice: il disagio di un figlio per l’abbigliamento tradizionale senza camicetta della madre in vista di un’imminente visita dei suoceri. Ciò che ne emerge è una riflessione sulla vergogna generazionale, sull’identità culturale e sulla silenziosa ribellione di una donna che si rifiuta di cambiare se stessa per conformarsi allo sguardo della società.

Minimalista nella portata ma ricco di sfumature emotive, Angammal si è distinto in una selezione ricca di opere di forte impatto sociale, affermando ancora una volta il potere delle piccole storie raccontate con precisione e cuore.

Celebrazione di debutti e regie

Il festival di quest’anno, noto per la sua curatela accurata e la sua portata internazionale, ha premiato anche voci emergenti e autori affermati. Humans in the Loop di Aranya Sahay si è aggiudicato il premio per il Miglior Film d’Esordio in collaborazione con il Film Critics Circle of India, un riconoscimento alla sua rilevanza contemporanea e all’ambizione tematica.

Il premio per la Miglior Regia è stato invece assegnato a Rima Das per Village Rockstars 2, il seguito del suo acclamato film indipendente del 2017, che in passato si era conteso la candidatura indiana agli Oscar. Das è stata inoltre premiata, insieme a Shonali Bose, con il New York Women in Film & Television Excellence in Directing Award per i rispettivi film, Village Rockstars 2 e A Fly on the Wall.

Premio per le performance e la narrazione

Il premio per il miglior attore è stato assegnato al sempre innovatore Nawazuddin Siddiqui per I’m Not an Actor, mentre la leggenda del cinema Sharmila Tagore si è aggiudicata il premio per la migliore attrice per The Ancient, segnando un ritorno trionfale alla ribalta.

Nella categoria sceneggiatura, Second Chance di Subhadra Mahaja ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura, sottolineando l’importanza della tecnica narrativa nei film che osano esplorare il territorio emotivo e sociale.

Documentare il presente, ricordare il passato

A Fly on the Wall di Shonali Bose e Nilesh Maniyar ha vinto il premio per il miglior documentario, esplorando la sorveglianza e l’identità in un mondo sempre più monitorato.

Il premio per il miglior cortometraggio documentario è andato ad An Arrested Moment, diretto da Dev Benega, mentre Thursday Special di Varun Tandon si è aggiudicato il premio per il miglior cortometraggio narrativo, a dimostrazione che una narrazione d’impatto prospera anche nei formati più brevi.

De Niro in prima fila

Il festival ha aggiunto una sorpresa stellare al suo weekend di chiusura, quando Robert De Niro, icona del cinema newyorkese e mecenate della narrazione indipendente, ha partecipato a una première speciale di gala.

La sua presenza ha sottolineato la crescente importanza del cinema sud-asiatico sulla scena globale. Sebbene breve, la sua apparizione è stata un segno di solidarietà culturale e, per molti registi presenti, un ricordo che non dimenticheranno presto.

Un festival a molte voci

Il programma del NYIFF di quest’anno è stato un arazzo di storie – rurali, urbane, intergenerazionali, diasporiche – intrecciate da registi che non hanno paura di sfidare la tradizione o di mettere in luce le ingiustizie. Dalla matriarca ribelle di Angammal alle inquietanti verità di A Fly on the Wall, questo è stato un cinema che sussurra, ruggisce e insiste per essere visto.

Mentre il cinema indiano continua a diversificarsi e ridefinirsi, festival come il NYIFF rimangono fondamentali per amplificare quelle voci che altrimenti potrebbero essere trascurate. E con i vincitori di quest’anno, come Angammal, è chiaro: il futuro della narrazione sudasiatica è più coraggioso che mai.

 

 

 

Fonte: Deadline