Lars Von Trier torna al cinema con Le onde del destino, dal 23 al 25 giugno 2025, in un’edizione completamente restaurata in 4K, pensata appositamente per il grande schermo, grazie alla “Trilogia delle donne” (Dogville, Dancer in the Dark e Le onde del destino), organizzata da Movies Inspired. Un’occasione ideale per scoprire – o riscoprire – uno dei più grandi autori scandinavi, celebre per il suo stile provocatorio e per essere considerato uno dei registi più controversi della storia del cinema.
il film è stato vincitore, nel ’96, del Gran Premio della Giuria a Cannes, e ha lanciato la carriera di Emily Watson.
Di cosa parla Le onde del destino?
Viene raccontata la storia di Bess, una donna dall’aria semplice e ingenua, fortemente legata alla fede che metterà a dura prova a causa dell’incontro con Jan – un uomo ritenuto barbaro e fuori dagli schemi dalla comunità scozzese in cui vivono – e con cui si sposerà. Tutto cambia quando, durante un turno di lavoro su una piattaforma petrolifera, Jan ha un grave incidente che lo costringerà su una sedia a rotelle. Il suo non potersi più muovere lo porterà a convincere la moglie ad avere rapporti sessuali con altri uomini.
Un’anima fragile in un mondo che non perdona
Lars Von Trier imprime, in questa trilogia non concretamente collegata, l’essenza dannata di un animo femminile che non solo lotta con unghie e denti, ma che sembra avere un destino scritto sin dall’inizio. Una sofferenza alleggerita dalla semplicità e dalla forza di spirito, la stessa che appartiene a Bess, un personaggio interpretato in maniera egregia da una Emily Watson sontuosa.
Fragile, delicata e spesso con la testa tra le nuvole, Bess è in costante conflitto con la sua fede e con un amore che la allontana proprio da quel credo. Una mente che vacilla, rendendola sempre più vulnerabile, fino a precipitare in un abisso fatto di dedizione assoluta verso il marito, e di totale annullamento di sé.
Von Trier in ‘Le onde del destino’ utilizza Bess come un potente grido d’aiuto rivolto al tema della salute mentale, spesso trascurato per paura di apparire deboli. Ma chiedere aiuto, in realtà, è l’esatto contrario della debolezza.
Una discesa cupa, tra fede, dolore e incomprensione
Le onde del destino ha un ritmo lento e difficile per chi cerca qualcosa di incalzante. Il regista lo rende volutamente spento, cupo, anche grazie all’uso di colori estremamente freddi. Eppure, i paesaggi restano affascinanti, malinconici ma pieni di quiete: si lasciano guardare, nella loro bellezza silenziosa.
Accanto a Bess c’è anche Jan, interpretato da un grande Stellan Skarsgård, che contribuisce a dare al racconto un sapore ancora più amaro.
La storia è strana, ma profondamente coinvolgente. La sceneggiatura, ben costruita, permette agli attori di esprimere ogni sfumatura emotiva. Ci si addentra nei meandri di una fede che si presta facilmente ad essere strumentalizzata, dove il male si nasconde proprio dietro al presunto bene di una comunità religiosa che, invece di accogliere, giudica e condanna.
Il finale è struggente: una caduta vertiginosa nel dolore, che lascia attoniti davanti alla crudeltà umana. Perché la vera cattiveria non sta nel comportamento di Bess, giudicata per i suoi gesti estremi, ma in chi la emargina proclamando una religione senza spazio per il perdono e l’ascolto.
In conclusione, non è un film per tutti. È lento, impegnativo, e presenta scene forti che possono turbare. Ma per chi è disposto a farsi trasportare, resta un’esperienza intensa e difficile da dimenticare.