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Conversation

‘Il Mohicano’ conversazione con Frédéric Farrucci

'Il Mohicano' parte dalla realtà per raccontare la nascita di un mito. Del film abbiamo parlato con il regista Frédéric Farrucci

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frédéric farrucci

Mentre è in corso la 78ª edizione del Festival di Cannes sugli schermi italiani uno dei film francesi più convincenti di questa stagione è Il Mohicano di Frédéric Farrucci che racconta di un uomo in rivolta e del mito che ne accompagna le gesta.

Nelle sale a partire dal 8 maggio 2025 Il Mohicano è distribuito da No.Mad Entertainment.

Frédéric Farrucci e il suo Il Mohicano

La sequenza iniziale con la mdp che, pedinando il protagonista, si apre dall’interno della stalla al paesaggio circostante cita, non solo il noto film di John Ford, annunciandosi come una sorta di western contemporaneo, ma racconta anche il legame inscindibile tra Joseph e la natura del paesaggio.

Con la sequenza iniziale volevo proprio raccontare quello che era un uomo radicato nel suo territorio e con i suoi animali. La terra in cui vive gli appartiene in maniera organica e indistinguibile. Filmarlo mentre sta lavorando e dunque mentre si muove nel suo mondo è stato molto interessante perché il cinema comportamentale permette di caratterizzare i personaggi senza dare l’aria di farlo. A parte questo la sequenza iniziale mi serviva per raccontare l’orrore capitalistico che obbliga una persona ad andare via dal luogo in cui vive da quando è nato. La trovo una cosa molto violenta da filmare, ma utile a far capire cosa sono costrette a subire le persone che vivono in quella parte della Corsica appetibile da chi intende sfruttarne la bellezza per tornaconto personale.

Come i film western scegli un racconto popolato da figure e situazioni archetipiche. Qui infatti il confronto tra bene e male, tra antico e moderno, ma soprattutto la storia di Davide contro Golia sono i luoghi attorno ai quali Il Mohicano costruisce la sua storia. Ti chiedo se nello scrivere la sceneggiatura c’era questa intenzione.

Assolutamente sì. Ciò che soprattutto mi interessava era affrontare un tema politico e contemporaneo attraverso un genere, il western, codificato da una serie di archetipi che lo spettatore conosce bene. Desideravo raccontare il mondo di oggi cercando negli opposti da te citati sfumature e complessità senza smettere mai di chiedermi chi filmare, chi inquadrare e come farlo. In tutto questo discorso era molto importante che ci fossero anche attori non professionisti che in quei territori non solo ci lavorano, ma li sanno vivere. Ma anche che una parte di loro appartenesse a chi tra quelle persone la pensava diversamente da Joseph. Tutto questo era essenziale perché solo così potevo riuscire a ricomporre il mosaico di questa complessità.

Un film politico

D’altronde il tuo film parte dal particolare – la speculazione edilizia della Corsica e la corruzione che le permette di dilagare – per raccontare una storia universale di resistenza di valori e principi che si oppongono allo strapotere dei soldi. In questo senso Il Mohicano è un film che più politico non si può.

Quello che dici a proposito dell’universalità del mio film mi tocca molto perché sì, Il Mohicano parla di noi pur partendo da ciò che conosco, la Corsica, su cui mi sento di essere autorizzato ad avere uno sguardo critico perché so molto bene quali sono i problemi. Nel farlo mi sono posto molte meno questioni che nel mio film precedente. Qui sono partito filmando qualcosa che conosco e che come cittadino non mi fa dormire la notte. Poi certo mi colpisce e mi a piacere rendermi conto che è un tema che riguarda molte persone in ogni parte del mondo e che dunque viene compreso anche in altri paesi.

Nel film stabilisci un’identità molto stretta tra Joseph e il suo ambiente così come quella tra la mafia e la cementificazione del territorio. Questo, dal punto di vista visivo, ti consente di costruire immagini in cui il paesaggio è continuamente attraversato dall’opposizione di questi binomi.

Questa polarità tra paesaggi diversi esiste. Io però la volevo raccontare nella stessa scena, quella in cui Joseph fugge dopo aver commesso un omicidio. Nel seguirlo la sequenza parte dalla fattoria che è radicata da un centinaio d’anni in quel territorio per poi attraversare ville di lusso e spiagge affollate di turisti. Attraverso la fuga del personaggio volevo far vedere la prossimità e l’incompatibilità di questi luoghi. Volevo anche giocare con il concetto di raffinatezza. Da una parte abbiamo un pastore che vive con le pecore e dunque alle prese con un mestiere poco considerato, dall’altra abbiamo i mafiosi che sembrano raffinati perché si vestono con abiti firmati, guardano quadri e si interessano di economia. C’è poi un dettaglio emerso in un mio documentario che può tornare utile a capire la questione. Il pastore che ne era protagonista mi diceva che il latte e il formaggio avevano quel determinato sapore solo perché le pecore pascolavano in quella determinata terra. Se avessero cambiato pascolo quel sapore sarebbe andato perduto. Ecco, questo particolare mi sembra esplicativo della mentalità di Joseph e della diversa visione del mondo rispetto alle persone a cui si oppone.

Frédéric Farrucci e il personaggio di Joseph

Per la parte di Joseph avevi bisogno non solo di un bravo attore, ma anche di un corpo che avesse anche dal punto di vista fisiognomico una corrispondenza ancestrale con la terra in cui porta a pascolare le sue pecore. In questo senso la fisicità compatta e solida di Alex Manenti corrisponde perfettamente a questo requisito.

Assolutamente. Verissimo. La fisicità del personaggio è fondamentale motivo per cui Alex all’inizio delle riprese mi ha chiesto se doveva andare in palestra. Gli ho risposto che non mi serviva il corpo di un atleta, ma di una persona che lavora nei campi per cui gli ho detto di continuare a mangiare e bere come sempre. Per quanto mi riguarda volevo filmare la sua fisicità massiccia e terrena e non scolpita da attrita pesistica. Tra l’altro la sua fisicità fa sì che quando Alex corre, soffre e fatica perché quel corpo lì è abituato a lavorare e non ad andare in palestra. Per cui sì, avere Alex e filmarlo così come ho fatto è stato fondamentale per rendere l’essenza del protagonista.

Joseph, suo malgrado finisce per diventare un eroe del popolo e simbolo di ribellione al potere dei ricchi. Ciò detto la sfida riuscita è quella di non averlo mai trasformato in una sorta di John Rambo. Anche nel modo di muoversi Joseph non ha mai quell’atletismo e quello strapotere fisico tipico degli eroi dei film americani. Joseph non è mai un vendicatore, ma un uomo braccato. In questo senso Il mohicano è costruito come una lunga caccia all’uomo.

Mi fa piacere rispondere a questa domanda perché Joseph è effettivamente un eroe del quotidiano. Non è un super eroe atletico abituato a fare cose strabilianti con il suo corpo. Peraltro il suo rifiuto di cedere il terreno non è mai argomentato politicamente ma è qualcosa che porta avanti perché fa parte da sempre della sua vita. Come dici le conseguenze del suo rifiuto trasformano il film in una caccia all’uomo: ciò mi ha permesso di raccontare un corpo che soffre, che si inerpica nella natura e non uno fatto per la lotta perché Joseph non è un super eroe.

La Corsica

Filmi la Corsica attraverso un paesaggio primordiale anche nelle dinamiche che regolano i rapporti umani. In questo modo ogni riferimento alla modernità appare come una vera e propria invasione di campo. D’altro canto il film non demonizza la tecnologia se è vero che è attraverso quella che la nipote del protagonista riesce a creare una sollevazione di popolo a favore di Joseph.

Assolutamente è per questo che mi interessava il contrasto tra antico e moderno. Quella di Joseph è una lotta privata, fa parte della sua storia mentre lei la rende una battaglia collettiva che unisce le persone e gli da un contenuto politico perché lei è una ragazza molto legata alle sue origini, alla sua identità, alle sue radici corse, ma è anche una giovane della sua generazione, abituata a essere immersa nella contemporaneità e che, come tale, sa che i social sono un luogo d’aggregazione. Come dici non li demonizzo perché penso che da essi possano nascere anche cose buone. Alcune lotte da piccole diventano grandi proprio per la forza d’aggregazione di questi social.

Una scena chiave

La lunga sequenza dell’uccisione e della fuga del protagonista contiene tutti i temi di cui abbiamo appena parlato. Quando Joseph scappa dal luogo del delitto attraversa resort di lusso e spiagge turistiche che rendono in maniera concreta quanto sia anomala la sua presenza in quel paesaggio. Al contempo, attraverso un montaggio molto serrato, riesci a costruire una scena degna di un film d’azione e come tale piena di movimento e tensione. Volevo che mi parlassi di come l’hai pensata sia dal punto di vista dei contenuti che della forma.

Sappiamo come il cinema d’autore sia un po’ snob verso il cinema di genere. Io invece lo ritengo molto interessante anche se, ripeto, a me non interessa il cinema d’azione in quanto tale, ma la sua capacità di raccontare qualcosa di preciso e di simbolico come succede quando racconta il paesaggio attraverso la fuga di Joseph. Quella scena d’azione aveva senso perché raccontava paesaggi così vicini, ma anche così incompatibili. Rispetto a come l’avevo pensata l’abbiamo girata in maniera un po’ artigianale per mancanza di mezzi, ma questo ci ha  permesso di stare molto più a contatto con il territorio. Per seguire la corsa di Joseph per esempio abbiamo montato la mdp su un pick up quattro per quattro e questo ci ha letteralmente immerso nella terra e nella vegetazione più che se avessimo avuto mezzi di ripresa più sofisticati.

Entrando nel dettaglio ti posso dire che la fuga è composta da tre sequenze diverse che dovevano restituire con gradualità una progressiva idea di regressione dalla civilizzazione all’arcaismo. La prima infatti attraversa resort di lusso e la spiaggia. La seconda percorre un villaggio antichissimo fatto tutto di pietra, con case costruite centinaia di anni prima, ma ancora abitate. La terza è lo stadio ultimo del ritorno all’arcaismo, con il personaggio che corre in questa pietraia arcaica che segna il ritorno a ciò che vi è di più animale dell’umano.

Una gradualità che volevo ricreare anche a livello sonoro. Per questo ho rinunciato a utilizzare suoni prodotti in studio preferendo quelli presenti al momento delle riprese. Così nella prima sequenza c’è un paesaggio sonoro uguale a quello che possiamo sentire quando attraversiamo in macchina una zona con il finestrino aperto. Nella seconda invece sentiamo solo il rumore delle pietre schiacciate dai passi di Joseph e infine la terza che è nuda e cruda, con il rumore delle pietre e lo stridore degli uccelli a segnare il ritorno al primordiale.

Il cinema di Frédéric Farrucci

Parliamo del cinema che ti piace. 

Non è un caso che io faccia cinema di genere perché in realtà è quello che amo di più. Amo la New Hollywood perché penso davvero che attraverso il genere quei registi si facevano domande molto profonde sulla loro epoca, su quello che vedevano attorno a loro e nel paese. Tra i titoli che mi hanno segnato di più c’è stato Il laureato. Solo in un secondo momento ho scoperto il cinema classico statunitense, quello dei vari Hitchcock e Ford che all’inizio per me era film che si vedevano in famiglia e solo dopo sono diventate opere da cineteca. Da lì poi sono passato a Melville, che per me è il massimo di quel cinema comportamentale di cui ti parlavo prima e ancora a Francesco Rosi per il modo in cui si poneva domande sulla realtà del suo paese. Registi come Fellini, Visconti e Pasolini mi hanno sempre dato l’impressione di raccontare luoghi e personaggi in cui ero cresciuto e con cui avevo avuto a che fare quindi per me era impossibile non amarli.

Il Mohicano

  • Anno: 2025
  • Durata: 87'
  • Distribuzione: No.Mad Entertainment
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Frédéric Farrucci
  • Data di uscita: 08-May-2025