That Summer In Paris è stato presentato in anteprima italiana in occasione della 43esima edizione del Bellaria Film Festival. Diretto dalla giovane Valentine Cadic nella sua prima importante prova registica, il lungometraggio è stato selezionato ufficialmente nella sezione Perspectives presso il Festival internazionale del cinema di Berlino 2025.
That Summer In Paris: la trama del film
Agosto 2024. In Francia si stanno svolgendo Giochi Olimpici. La trentenne Blandine arriva a Parigi per assistere alle gare di nuoto, per rivedere la sorellastra che non vede da dieci anni e incontrare per la prima volta la sua nipotina. La donna vive in Normandia, dove conduce una vita di pace e solitudine. Arrivata a Parigi, quindi, dovrà affrontare il trambusto di una città ben diversa rispetto a ciò a cui è abituata. Durante la sua permanenza in Francia, Blandine incontra nuove persone, si perde, esita, riprende e stabilisce nuovi contatti. In una città dominata dallo straordinario evento delle Olimpiadi, gli eventi a cui assisterà e le esperienze che farà Blandine si riveleranno fondamentali per poter ritrovare sé stessa.
Chi è Valentine Cadic
Regista e attrice francese, Valentine Cadic ha recitato in Ava di Léa Mysius e Nos batailles di Guillaume Sénez, entrambi selezionati alla Settimana della Critica di Cannes.
Valentine è una delle fondatrici dell’associazione francese Les Filmeuses, creata nel 2020 per sostenere il cinema femminile. Nello stesso anno dirige il suo primo cortometraggio, Omaha Beach, e nel 2022 realizza Les Grandes Vacances, selezione ufficiale dei César Short Fictions. Nel 2022 conclude il suo film di diploma, La nuit n’en finit plus, presentato poi al Festival Coté Court.
L’intervista
That Summer In Paris è il tuo primo film. Che cosa ti ha portata alla regia?
Il mio percorso è iniziato a 17 anni, quando sono diventata attrice. Non avevo una famiglia che lavorava nel mondo artistico o nel panorama cinematografico. Andando a teatro ho poi scoperto che questa realtà mi piaceva molto, così ho iniziato a frequentare un corso di teatro nella mia città. In seguito, il mio insegnante mi ha proposto di fare un casting cinematografico. Ho iniziato a stare sui set molto giovane.
Personalmente, amo molto il cinema in generale. Mi sentivo fortunata perché lavoravo in questo settore e ho potuto scoprire un sacco di cose in quanto attrice. Devo ammettere che ho imparato molte cose solo guardando le persone, osservando come lavoravano. Ho notato come alcuni registi lavorino in un modo e altri in un altro. Alcune persone utilizzavano l’improvvisazione, altre no. Io ero molto curiosa e chiedevo a tutti quelli che mi stavano attorno il percorso che li aveva portati fino a lì.
Quando avevo 25 anni e frequentavo l’università di cinema, ho iniziato a ideare il mio primo film. In quell’occasione sono riuscita a dirigere il mio primo cortometraggio, dove ho anche recitato. E mi è piaciuto molto farlo. Tuttavia, ho capito che mi sarebbe piaciuto non solo fare l’attrice, ma anche dirigere un film importante. Ho avuto l’opportunità di dirigere quattro cortometraggi, due di finzione e due documentari. Penso che, dirigendo un film si possano scoprire molte cose. Innanzitutto, è una forma di espressione. Poi ti permette di incontrare molte persone ed è proprio ciò che preferisco. Apprezzo moltissimo fare un film con un gruppo di persone. Alcuni di loro sono miei amici, oppure persone che ho conosciuto durante i miei studi.
Per quanto riguarda le riprese di That summer in Paris, la mia squadra era costituita da un gruppo molto giovane. Per molti di noi è stato il nostro primo lungometraggio. All’università avevamo creato non una produzione, ma un’associazione di registi, montatori e produttori dal nome Les Filmeuses. L’idea è nata con l’obiettivo di realizzare i nostri film in maniera rapida e per poter aiutarci a vicenda.
La protagonista, Blandine, può essere vista come un anti-eroina, che tenta di fare il possibile per trovare un equilibrio nella sua vita. All’inizio sembra soffrire la solitudine, ma alla fine impara ad apprezzare il tempo che trascorre con sé stessa, come possiamo notare nel finale. Quanto è importante essere indipendenti, soprattutto per le donne, nella società di oggi?
Sì, all’inizio penso che Blandine si senta anche un po’ persa perché si trova in una città che non conosce. E questo spesso accade anche a me. Come donna, quando sei sola in un posto con molta gente a volte puoi sentire…non so come dire. Devi essere molto indipendente, ecco. Ed è proprio per questo motivo che penso che Blandine sia una donna molto coraggiosa.
Pensi che il tuo film, in qualche modo, possa incoraggiare le donne che vorrebbero essere libere e apprezzare la solitudine, ma si trovano intimorite da ciò che ne deriva? Spesso l’indipendenza è qualcosa che può spaventare.
Lo spero! Onestamente penso che questa sia una questione che riguarda molte persone, donne e uomini. La solitudine è qualcosa che riguarda tutti, è universale. Quindi, questo film potrebbe essere d’aiuto a chiunque si senta solo.
E sì, la solitudine offre molte occasioni. Ci permette di fare cose che in compagnia non potremmo mai fare. Ci permette più facilmente di entrare in contatto con gli altri, di fare amicizia con persone nuove e di creare legami. Stare da soli significa anche sapersi divertire.
Per quanto riguarda le donne, spero che possano riconoscersi nella protagonista, che ha un carattere molto umano. A volte, nei film ci sono rappresentazioni di donne molto forti. Tuttavia, queste rappresentazioni spesso sono irrealistiche. Noi non siamo veramente così, non siamo invincibili. Quello che trovo più interessante, invece, è quando ci troviamo davanti a un personaggio che è sfaccettato, che può essere forte, ma mostrarsi anche fragile.
Anche se è That Summer In Paris è il tuo primo film, si dimostra un’opera molto matura. Il film, infatti, contiene molte sfumature e ritrae le molteplici contraddizioni di noi esseri umani e, più in generale, della nostra società. In che modo hai rappresentato queste complessità?
Tra me e Mariette Désert, con cui ho scritto la sceneggiatura del film, c’è stata molta discussione riguardo al copione da realizzare. Penso che scrivere un film quando si è soli forse sia più complicato. Con Mariette ho lavorato come se stessimo giocando a ping-pong: lei ha scritto, io ho scritto, lei ha scritto, io ho scritto. Poi ci siamo scambiate le idee che sono emerse. Devo dire che è stato molto interessante confrontare i nostri punti di vista, le nostre visioni.
Inoltre, penso che le Olimpiadi siano un ritratto di ciò che accade nella nostra società. È un grande evento che si manifesta nella città e si vengono a creare molte dinamiche gioiose, ma anche tante altre che non lo sono affatto. Per me era importante mostrare questa dualità.