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Bellaria Film Festival

‘Ari’: intervista a Léonor Serraille e Andranic Manet

Ospiti del Bellaria Film Festival, la regista e l’attore protagonista hanno avuto modo di raccontare il lavoro svolto durante le riprese

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Presentato in concorso alla Berlinale 2025, Ari arriva in Italia, precisamente al Bellaria Film Festival, inaugurandone la 43esima edizione. A presentarlo in sala la regista francese Léonor Serraille, accompagnata dal protagonista Andranic Manet.

Il terzo film della Serraille si dimostra un’opera profonda e delicata, che indaga il passaggio dei giovani verso l’età adulta e le responsabilità, gioie e dolori che ne derivano.

Chi è Léonor Serraille, regista di Ari

Dopo aver studiato letteratura a Lione, Parigi e Barcellona, ​​Léonor Serraille entra alla Fémis, scuola di cinema statale francese, nel 2009. Dopo la laurea dirige un mediometraggio girato in 16mm, Body, con Nathalie RichardMontparnasse Bienvenue, sceneggiatura con cui si è laureata e divenuto il suo primo lungometraggio, ha ricevuto la Caméra d’Or al Festival di Cannes del 2017. Il suo secondo lungometraggio, Mother and son, è stato presentato in Concorso ufficiale al Festival di Cannes del 2022.

Ari: (a)normalità nella società contemporanea

Il lungometraggio della Serraille ha come protagonista Ari, un giovane insegnante. Un giorno, egli sviene davanti ai bambini della scuola elementare dove sta svolgendo il praticantato che lo porterà a diventare un insegnante. Costretto a prendersi una pausa per potersi rimettere in sesto, ben presto si ritroverà a interfacciarsi con il ricordo della madre defunta, il difficile rapporto col padre e alcune amicizie d’infanzia. Soprattutto, Ari dovrà affrontare l’ex compagna, Irene, con la quale ha concluso una relazione a causa di un’interruzione di gravidanza.

L’intervista

Si può dire che gli occhi di Andranic Manet, interprete di Ari, siano in grado di racchiudere l’intero dramma?

Léonor Serraille: quella degli occhi è una questione molto importante perché permette proprio di strutturare il racconto di Ari. È importante sin dalla scelta degli attori. Ad esempio, se consideriamo la scena degli occhi della bambina e quelli di Ari, gli attori andavano scelti in funzione del colore dei loro occhi per poterla realizzare in modo coerente. Questa tematica, poi, si ritrova durante tutto il racconto, in quanto è qualcosa che permette di dare corpo al film.

Andranic Manet: parlando dello sguardo e la questione degli occhi, c’è stato proprio un lavoro denso, una vera e propria comunicazione tra noi attori e la cinepresa. A mio parere l’interpretazione si basa molto sulla reazione, cioè si deve essere come uno spettatore quando si interpreta. Ciò che ho apprezzato di più durante riprese è stato il clima di delicatezza che si è instaurato, che ci ha permesso di girare anche con una certa istintività, con uno spirito d’istinto.

Cosa ti ha colpito in particolare di Andranic Manet?

Léonor Serraille: Ciò che mi ha colpito è la sua estrema versatilità. Da un lato, infatti, è molto tecnico, molto preciso; dall’altra si dimostra estremamente istintivo. Mi sono resa conto, quindi, di avere la possibilità di riuscire a fare tanto proprio grazie a queste sue caratteristiche. Mi piaceva l’idea di lavorare con un attore che fosse così duttile e che passasse dall’essere istintivo all’essere preciso ed estremamente tecnico. Ero certa che ci saremmo divertiti parecchio.

Come avete lavorato assieme per creare il personaggio di Ari?

Léonor Serraille: per quanto riguarda la costruzione del personaggio, ci siamo scambiati molti suggerimenti. Ci siamo parlati, abbiamo comunicato moltissimo e questo è, secondo me, il modo corretto di lavorare. Oltre a ciò, c’è stato uno scambio riguardo ai riferimenti musicali e ci siamo confrontati parecchio anche su alcune scelte all’interno del film, che hanno generato in noi alcune riflessioni. Ad esempio, abbiamo pensato insieme al peluche da poter dare al suo personaggio durante le prime scene del film. Possiamo dire, quindi, che c’è stato uno scambio reciproco sotto molti punti di vista.

Andranic Manet: io sono stato molto toccato da questo personaggio, che permette di porci anche molte domande. In primo luogo, secondo me, quella dell’insegnante è una vocazione. Essere professori, essere insegnanti è una vocazione e Ari è molto impegnato in quello che fa. Si impegna molto nel suo lavoro e sente che i bambini sono in grado di assorbire degli elementi, sono in grado di imparare anche in autonomia. Ari all’inizio possiede un metodo accademico e possiamo dire che c’è un connubio tra la sua personalità, le sue esperienze personali e la sua visione sull’insegnamento. Questo insieme è ciò che lo fa poi crollare in un momento di oscurità. Personalmente devo ammettere di essere molto riconoscente ai docenti e ai professori che ho incontrato durante il mio percorso di vita. Sono anche grato per coloro che sono stati i miei formatori durante il mio percorso di vita e che mi hanno molto toccato molto. Anche la visione di Ari è molto toccante riguardo all’insegnamento. Infatti, egli ritiene più efficace perdere del tempo per imparare meglio piuttosto che usare bene il tempo per non imparare come, invece, si dovrebbe. Vale la pena, quindi, perdere del tempo se può servire ad imparare nel migliore dei modi e se serve, soprattutto, ad imparare qualcosa di diverso, anche in maniera diversa.