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‘M- Il figlio del secolo’ La nascita di un capolavoro raccontata in conferenza stampa

Presentato in conferenza stampa a Roma da regista, cast e sceneggiatori, M- Il figlio del secolo arriva in esclusiva su Sky e in streaming su NOW dal 10 gennaio.

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m figlio del secolo conferenza stampa ufficio stampa

Pronto per sbarcare su Sky il 10 gennaio, M – Il figlio del secolo è stato presentato in conferenza stampa a Roma. Tra gli ospiti che hanno raccontato la nascita e lo sviluppo del progetto, il regista Joe Wright accompagnato dal suo monumentale protagonista, Luca Marinelli, e dal cast al gran completo.

‘M- Il figlio del Secolo’ il trailer della serie con Luca Marinelli

M- Il figlio del secolo | La conferenza stampa a Roma

In una calorosa e gremita sala del cinema Barberini, il primo a prendere la parola è stato Niels Hartmann, Executive Vice President Sky Studios per l’Italia: «Abbiamo sempre detto che c’è stato un prima e un dopo Gomorra, e penso che ora sia arrivato un altro punto di svolta. A titolo personale un dramma storico così, lo trovo estremamente necessario di questi tempi.»

A ciò si collega Lorenzo Mieli, che produce lo show con The Apartment e ne racconta la genesi: «Il tema mi interessava, ma quando ho letto il romanzo storico si sono innescate il desiderio e la voglia di imbarcarmi in questa avventura. Era il 2017. Da lì è iniziato un lavoro lunghissimo. Tutti i livelli dell’opera sono tenuti costantemente insieme dal doppio binario, dell’essere travolti ed essere spinti via, distanziati. Non ho mai visto un’opera così, me ne accorgevo sin dai giornalieri. Dal mio punto di vista è la cosa più bella che io abbia prodotto.»

La necessità di una distanza e di una vicinanza

Il microfono passa quindi nelle mani del regista, Joe Wright: «Credo che il fatto di essere britannico mi abbia permesso una distanza fondamentale. Non sento che la cultura di massa sia differente, a eccezione della lingua.

Una delle sfide più grandi per tutti noi è stato trovare il tono.

Era importante che Mussolini fosse preso sul serio, non sembrasse un clown, facendo sì che la serie intrattenesse. Chiaramente il tono cambia man mano che si va avanti nella narrazione. Ed era importante avvicinarsi a Mussolini, che l’audience ne fosse sedotto, senza mai perdere di vista le sue intenzioni crudeli.»

Se la distanza è stata cruciale nel lavoro di Wright, per Luca Marinelli era invece indispensabile una vicinanza: «Mi serviva, dal punto di vista fisico, sentirmi più presente e più pesante. Dovevo avvicinarmi fisicamente. Adesso il cinema sta prendendo questa direzione della ricerca ossessiva che il teatro non ha, ma che in una qualche maniera aiuta, si trasforma in un’esperienza fisica ed emotiva.

Per me è stato importantissimo il piano fisico, ma anche il piano intellettuale ed emotivo, che era quello che mi spaventava di più.

Luca Marinelli al photocall romano – Foto concessa da ufficio stampa SKY

Il fatto di aver dovuto sospendere il giudizio per 10 ore al giorno per sette mesi, da antifascista, è stato devastante dal punto di vista umano, fortunatamente dal punto di vista artistico è stata una delle cose più belle che io abbia mai fatto, anche grazie soprattutto alla guida di Joe e al resto della meravigliosa squadra. Abbiamo toccato la parte più oscura di noi stessi e da esseri umani è qualcosa che segna molto, e denota un grande coraggio e un bisogno di necessità artistica.»

Parola ai comprimari di M- Il figlio del secolo in conferenza stampa

Tra le grandi prove dei coprotagonisti, Francesco Russo interpreta Cesare Rossi: «Ho letto i libri scritti dal mio personaggio, notando un’adulazione forte. Dal primo incontro con Joe, ci ha subito suggerito di lavorare su un’amicizia tossica, una specie di codipendenza.

Questo movimento umano diventa effettivamente metafora di un intero paese che si lascia condurre da Mussolini.

Ho lavorato soprattutto sullo stare nell’ombra, anche fisicamente.»

La parola passa a Barbara Chichiarelli: «Personalmente non conoscevo bene Margherita Sarfatti, ma ho avuto modo di approfondire la sua figura. Non solo viene abbandonata, ma anche tradita in quanto ebrea.»

Mentre Benedetta Cimatti, che veste i panni di Donna Rachele, parla di come «la difficoltà più grande sia stato liberarsi dal pregiudizio iniziale. Sono passata da una rabbia a una sorta di pena, cercando di rappresentarlla anche attraverso le sue debolezze.»

Sceneggiatori al top

Senza dubbio Stefano Bises e Davide Serino sono due degli sceneggiatori più bravi, versatili e proficui del nostro panorama artistico. E tocca proprio a loro spiegare i passaggi che hanno condotto all’entusiasmante progetto.

«Il primo passo è stato sposare il libro – inizia Bises – abbiamo preso spunto da lì per creare un dialogo con lo spettatore. Poi c’erano degli elementi che hanno ispirato il tono: questo primo Mussolini è un perdente e questo tipo di trattamento era funzionale a creare quasi una simpatia, o almeno una comprensione. Via via che la serie diventa più crudele, nel momento in cui questo uomo mette i suoi vizi capitali al servizio di un potere feroce, si è trattato di portare lo spettatore idealmente a sentirsi male per aver avuto sentimenti di comprensione verso di lui. Era un lavoro che ci ha caricato di una certa responsabilità, ci siamo spesso domandati se stessimo facendo la cosa giusta.»

«Noi abbiamo cercato di tenere alto il livello di guardia.» – Davide Serino

M – Il figlio del secolo e i dubbi di Antonio Scurati svelati in conferenza stampa

Antonio Scurati, autore del romanzo da cui tutto nasce, ci tiene a dire la sua riguardo allo show: «La cosa che mi ha più sorpreso è che alla fine io abbia avuto torto (ride, ndr.). Ho fiancheggiato dall’esterno la scrittura e la produzione, con frequenti confronti, e per me è stato intellettualmente avvincente.

M - il figlio del secolo

Sentivo quanto gli autori la responsabilità, forse anche di più, e ho molto dubitato a un certo punto rispetto ad alcuni punti fondamentali, come per esempio il tono. E il fatto di evitare di dipingere Mussolini come un personaggio comico e mostrarlo in tutta la sua forza di seduzione. Io mi ero sforzato di tenermi lontano nella scrittura, per non suscitare empatia nel lettore.

Il mio timore e la mia paura sono stati più forti dell’entusiasmo, e ho detto “su questa strada non vi seguo”. E invece devo riconoscere che era quella giusta, Stefano e Davide avevano ragione. Sono rimasto ammirato e abbagliato, e contento che i miei timori abbiano creato qualche esitazione in più, ma non siano stati motivo di ostacolo.

Voglio fermarmi sull’aspetto della sfida artistica, si parla tanto di politica, ma l’arte è politica quando è grande arte e non viceversa.

È espressione dell’eccellenza e della creatività artistica del nostro paese. Credo che si debba aver fiducia nel pubblico

Grandi insegnamenti

«La sensazione che ho avuto, approcciandomi al libro – sottolinea Marinelli a chi domanda cosa è rimasto dopo la fine della lavorazione – è di essermi messo di fronte alla mia gigantesca ignoranza. Penso sia una cosa sana confrontarsi con la propria ignoranza e non pensare che le cose siano semplici. Non pensavo che le cose fossero andate in quella maniera, penso e spero che dia al pubblico una sensazione di essere presenti e di stare a guardare, analizzare e dare proprie interpretazioni, senza dimenticare il gruppo, la comunità.

Noi non mettiamo soldi nell’istruzione e i risultati sono palesi. Penso che l’importante sia anche affrontare questi temi.

Questa serie mi ha lasciato il fatto di voler essere presente al mio presente e anche al mio passato, solo così possiamo comprendere quello che stiamo vivendo e la direzione che stiamo prendendo.»

Joe Wright al photocall romano – Foto concessa da ufficio stampa SKY

Le ultime battute spettano infine a Wright: «La rottura della quarta parete mi è sembrato il modo più naturale di riprodurre cinematograficamente la struttura del romanzo. Il romanzo è composto come una specie di collage e io ho scelto una struttura simile, consapevole del rischio di empatia che dovevo suscitare nel pubblico, per poi fargli mancare il terreno sotto i piedi e spingerlo a riflettere e magari farlo sentire in colpo. Come dice la lezione di Brecht.

Vorrei aggiungere che non esiste la nazione, ma l’immaginazione.

Non credo nelle nazioni, ma nelle persone. Ci accomunano molte più cose di quante ce ne separino, rispetto a tutte le esperienze che abbiamo in comune in quanto esseri umani.»

‘M. Il figlio del secolo’ l’imperdibile serie di Joe Wright

*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.