Rome International Documentary Festival

‘Negli occhi di Adéle’: tra femminilità e scoperta di sé

La bellezza della crescita e della riflessione personale tra cambiamento e identità

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Negli occhi di Adèle è un cortometraggio belga del 2023 diretto da Marie Alice Falys e interpretato da Adèle Lubin Lefèvre. Presentato al Rome International documentary Festival, il film esplora gli ultimi giorni delle vacanze estive di Adèle, una ragazza di 12 anni, alle soglie di un nuovo anno scolastico.

Attraverso l’uso della sua videocamera personale, dove vengono filmati i suoi amici e compagni, Adèle riflette sulle sue paure e ansie legate al passaggio all’età adulta, interrogandosi sul tipo di donna che desidera diventare. Con una durata di 23 minuti, il film combina una narrazione intima con una rappresentazione visiva delicata e toccante, evidenziando la profondità del viaggio interiore della protagonista.

Negli occhi di Adèle: un viaggio sulla crescita, attraverso la lente dell’ adolescenza

Il cortometraggio inizia mostrando al pubblico la protagonista Adèle, intenta a tagliarsi i capelli dal parrucchiere. Questo momento di, apparente, banale quotidianità è la cornice su cui si dispiegano i primi dialoghi del film. Adèle Lubin Lefèvre è appassionata di skateboard fin da quando è una bambina.

Durante il finire delle vacanze scolastiche, si trova nel bel mezzo dei cambiamenti legati alla pubertà, che la intimidiscono, in quanto, nonostante ora gareggi per una squadra mista, è sempre stata l’unica ragazza del suo team di skateboarding.

Attraverso l’obiettivo della sua videocamera, condivide le sue paure, ansie e sogni, offrendo al pubblico uno sguardo intimo sui suoi pensieri. La sua riflessione riguarda il processo di crescita e la ricerca dell’identità femminile, temi trattati con delicatezza dalla regista. Adèle appare curiosa, sensibile e consapevole, e il suo viaggio interiore rispecchia le sfide universali dell’età adolescenziale, tra insicurezze e aspirazioni.

Un gioco di sguardi: le riprese della regista inglobano le riprese della videocamera di Adèle

Negli occhi di Adéle la regista Marie Alice Falys, durante il montaggio del documentario, inserisce sia riprese fatte da lei, sia quelle riprese con la videocamera della protagonista. In questo modo crea un gioco di sguardi in cui lo sguardo della persona adulta, ovvero lei, si interseca con quello di Adéle, quando scherza con i suoi amici o parla con loro, del futuro prossimo: il non voler tornare a scuola, la scoperta di un nuovo trick da fare con la tavola, e così via.  La regista, originaria del Belgio, è nota per i suoi lavori incentrati su personaggi femminili complessi e per la sensibilità con cui tratta i temi dell’identità e della crescita personale.

Adèle è ritratta come una giovane in transizione, piena di domande e riflessioni sul suo futuro. La videocamera diventa il suo mezzo per esplorare e comunicare paure intime, come l’ansia di crescere e di lasciare indietro l’infanzia. È un personaggio che incarna vulnerabilità e forza, cercando di comprendere la propria identità e immaginare il tipo di donna che vuole diventare. La narrazione la presenta come un personaggio  lucido e profondo, in sintonia con i suoi sentimenti ma anche costantemente in sfida verso i cambiamenti inevitabili della crescita.

La regia di Marie Alice Falys riesce a catturare con delicatezza le sfumature emotive di Adéle, evidenziando momenti di introspezione e vulnerabilità. La narrazione non si limita a descrivere la quotidianità, ma invita il pubblico a entrare nel mondo interiore della protagonista, un luogo fatto di tante emozioni in perenne contrasto. Questo aspetto permette di riconoscersi nelle sue riflessioni, rendendo il film universale e toccante.

Un film sull’immaginario femminile in rapporto al ruolo dell’identità di genere durante la crescita

La forza di Negli occhi di Adéle risiede nella capacità di trasformare la semplicità della trama in un racconto denso di emozioni, valorizzato da una fotografia elegante e da una sceneggiatura che lascia spazio alla contemplazione. Questo lo rende un’opera preziosa nel panorama del cinema d’autore, capace di catturare con autenticità la complessità dell’adolescenza.

Marie Alice Falys dirige il film con una sensibilità unica, dando spazio al silenzio e ai gesti per raccontare le emozioni di Adèle. La fotografia, curata da Sophie Van Gelder, e il montaggio di Joachim Wéry aggiungono ulteriore profondità visiva, creando un’atmosfera coinvolgente, rendendo il film un’esperienza autentica e commovente.

Questo breve cortometraggio, riesce a toccare, come accennato nei paragrafi precedenti, temi universali come il cambiamento, l’identità e la scoperta di sé. Il film ha saputo conquistare l’attenzione di critica e pubblico per la sua capacità di trasformare una storia apparentemente semplice in un’opera profonda e poetica. È un esempio di cinema d’autore che celebra la bellezza della crescita e della riflessione personale.

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