Boomerang, film di Shahab Fotouhi, che intreccia segreti, bugie, ma anche tante delicatezza e dolcezza, in una storia d’amore che tanto può dare, ma anche portarsi via, è in concorso alla trentesima edizione del Medfilm Festival.
Sguardi alla Mapplethorpe e dolci separazioni proustiane
Tra un luogo fisico, come Teheran, e uno intimo, come l’interiorità di ciascuno, vivono Behzad, un uomo insoddisfatto di se stesso e del mondo in cui vive, inerte, un inetto sveviano, e Sima, una donna indipendente, forte ma frigida, che trova la dolcezza di cui ha bisogno nella marmellata che mangia a cucchiaiate. Questi gli adulti. E dall’altra parte, i giovani. Minoo e Keyvan, che si conoscono tra un semaforo e l’altro, senza parlarsi, ma facendolo con gli occhi. Si amano già da quegli sguardi tra una nissan ed una BMW. Il film si apre così, muto, con loro due che fanno gli stupidi, mentre la guerra, in un sottofondo sociale che riecheggia globalmente, viene eliminata. Ignorata? No, distrutta, da quella che Carl Gustav Jung definiva sincronicità: quante volte ci capita di dire Non è possibile sia stato solamente un caso? In questo caso, proprio il caso non esiste, ma c’è qualcosa di molto più profondo. Una causalità, non una casualità.
Tra Teheran e l’anima
Un uomo che tradisce la propria moglie senza farlo, mai, carnalmente, con altre donne. La tradisce col pensiero, con la speranza di tornare con la sua vecchia fiamma. La donna tradita, di nascosto, cerca una nuova casa per lei e la figlia. Tessendo, tra le strade di Teheran, segreti, bugie ma anche tanta dolcezza. In un film, con un grado di leggerezza, che riesce solo a grandi, grandissimi autori. Da Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson, Another year di Mike Liegh a Il grande Lebowski dei Coen, solo per citarne alcuni. Inquadrature lente e delicate, sfiorano la vita dei personaggi, in un film che quasi anti-cinematograficamente compie la mossa dello stare indietro e guardare solo quel che si può guardare. Al punto che l’unico bacio in tutto il film viene ripreso da un’ombra, con una magnifica scelta, poetica, e non poeticizzante. Estetica, non estetizzante. Curiosa, e non voyeurista.
Che scelte possiamo ancora fare?
“Siamo stati noi a scegliere?” domanda Behzad a sua moglie, relativamente al loro matrimonio e a tutte le loro scelte. “No” risponde lei secca, senza neanche far passare un secondo dalla ricezione della domanda. Sono pupazzi? No. Sono solamente consapevoli che tutta la vita passa con un moto di eventi quasi già prestabiliti, dove ogni cosa è necessaria, persino laddove superficialmente può sembrare dolore. Forse la danza ed il canto sono l’unico spiraglio di comunicazione efficace tra esseri umani.
Danziamo, danziamo, altrimenti siamo perduti. (Pina Bausch).
Un quadro fresco, acuto e russo (letterariamente) nella sua minuziosa, silenziosa e assordante ricerca della condizione umana universale: l’incomunicabilità tra tutti e l’incapacità di dirsi Ti amo senza scoprirsi totalmente. Un film con i personaggi nudi, ma tutti vestiti.