Presentata il 14 marzo al festival South by Southwest, Civil War è l’ultima opera di Alex Garland (che ne ha firmato anche la sceneggiatura), conosciuto per Ex machina, del 2015, Annientamento, del 2018 e Men, del 2022.
Il film, che fin da subito ha riscontrato opinioni contrastanti per via delle sue tematiche forti, mette in scena un’America distrutta da una violenta guerra civile. Tra gli interpreti principali: Kirsten Dunst, Wagner Moura, Stephen McKinley Henderson e Cailee Spaeny.
Prodotto da A24, Civil War è ora disponibile su Prime Video.
Civil War: La trama
Civil Warracconta di un’America ormai in rovina per via di una violenta guerra civile a seguito della ribellione di una coalizione di stati nella parte occidentale.
Quando il potere presidenziale sta per cadere definitivamente, per la conquista di Washington, un gruppo di quattro fotografi di guerra decide di recarsi verso la città. Il loro obiettivo è quello di intervistare il Capo di Stato nel momento appena precedente alla sua deposizione. Il lungo viaggio sarà ricco di pericoli e, contemporaneamente, di occasioni per documentare il conflitto e i diversi modi di viverlo dei cittadini americani.
Il ritratto di un’America in rovina
Fin dal trailer, Civil Warè stato presentato come un’opera dall’aria molto più classica, in particolare se messa in relazione con le altre dell’autore. Lo stile è semplice e focalizzato sulla ricerca di una messa in scena chiara e comprensibile. La fotografia, eccetto in alcune sequenze più oniriche, ritrae gli eventi narrati in maniera nitida e realistica.
Una scelta coerente e consapevole. La chiarezza del racconto viaggia in parallelo alla volontà documentaristica dei suoi protagonisti, che vogliono portare alla luce la realtà del conflitto. Inoltre, la ricerca dell’oggettività contribuisce a rendere ancora più forte l’efferatezza delle scene, che, mostrate senza filtri e in maniera più diretta possibile, sottolineano la natura paradossale, ma terribilmente plausibile degli eventi narrati.
Le scelte estetiche, tuttavia, non si limitano alla semplice chiarezza della rappresentazione, ma, al contrario, contribuiscono a trasmettere la psicologia dei protagonisti e a indurre riflessioni nello spettatore. Se il comparto visivo, infatti, è quasi sempre oggettivo, quello uditivo rientra, nella maggior parte dei casi, nel campo della soggettività. I suoni sono spesso surreali, talvolta iperrealistici, in altri casi totalmente in contrasto con le immagini. Un esempio è nelle prime sequenze che, nel mostrare per la prima volta gli effetti della guerra, presentano un accompagnamento sonoro dai toni eccessivi e a tratti incomprensibili.
Un’opera accessibile
Civil Warsi presenta, nel suo strato più superficiale, come un road movie di guerra, con un gruppo di personaggi relativamente semplici. Due coraggiosi giornalisti, uno forse un po’ troppo irresponsabile, un vecchio mentore ed una giovane inesperta desiderosa di imparare. Le dinamiche tra loro, apparentemente banali, fanno in realtà da catalizzatore per le situazioni narrate, la cui complessità è sicuramente maggiore.
La descrizione dei protagonisti, insieme a certi escamotage narrativi, contribuisce a una comprensibilità maggiore dell’opera di Garland che, questa volta più che mai, necessita di essere vista da un pubblico più ampio possibile, data la sua importanza in relazione alla situazione storica contemporanea.
L’impossibilità di comunicare
La divisione provocata dal conflitto è costantemente messa in risalto. Gli stati non riescono a comunicare fra loro e alcune città sembrano completamente isolate. I singoli cittadini, ormai, combattono senza comprendere le vere motivazioni degli avversari. La sensazione è quella di una guerra del tutto ingiustificata, una violenza perpetuata senza cause precise. A ciò contribuisce la scelta efficace di non raccontare nei dettagli le motivazioni e le dinamiche del conflitto, lasciando poco chiara anche la suddivisione dei membri nei due schieramenti.
Un esempio è la sequenza dello scontro fra cecchini, in cui i protagonisti si ritrovano improvvisamente coinvolti nel conflitto letale tra due tiratori scelti. Fin dall’inizio non è chiara la direzione da cui provengono i proiettili e, in generale, la posizione di colui che sta sparando. La tensione della scena sale con la dichiarazione di uno dei due che, senza pensarci troppo, afferma di non sapere a quale schieramento appartiene l’avversario e che sta cercando di ucciderlo solamente perché quest’ultimo ha sparato per primo.
Un violento avvertimento
Il viaggio dei quattro giornalisti procede attraverso ciò che resta di un’America in rovina. In questo scenario, le ragioni politiche del conflitto sono ormai diventate in molti casi solo una scusa per mostrare comportamenti prevaricatori e sfogarsi in atti di violenza ingiustificati. Garland, tuttavia, decide di raccontare anche la tendenza opposta.
Ugualmente preoccupante è infatti la volontà di mentire a sé stessi e fingere che nulla stia accadendo. Viene sottolineata una tendenza all’escapismo, che indica anche una sempre minore sensibilità nei confronti di ciò che accade attorno all’individuo e che, apparentemente, non lo coinvolge direttamente.
Ciò è sottolineato, in particolare, nella memorabile scena all’interno della quale il gruppo entra in una piccola cittadina che sembra estranea al conflitto. Qui incontrano una giovane donna che manda avanti il suo negozio di vestiti con la leggerezza di chi sembra aver ormai ignorato talmente tanto il male da essersene quasi inconsapevole.
Fin da subito criticato per la messa in scena di temi forti in un periodo caratterizzato da guerre e dall’avvicinarsi delle elezioni negli Stati Uniti, Civil War è uscito, in realtà, nel momento giusto. La vicinanza con le tematiche trattate e la spaventosa plausibilità dei suoi eventi permettono allo spettatore di mettersi in discussione e rendono il film un potente avvertimento. Tutto ciò, ovviamente, è possibile e risulta estremamente efficace proprio grazie alla ricerca di un racconto realistico.
Una riflessione sulla moralità delle immagini
Ciò che lo rende ancora più apprezzabile è il modo in cui viene trattato il tema del giornalismo. Civil War sembra infatti proporre, fin dalle sue prime sequenze (e in maniera parecchio evidente nell’ultimo atto), una riflessione sulla moralità delle immagini scattate dai suoi protagonisti. A tutto ciò contribuisce la componente realistica che, nella sua crudezza, mette a dura prova lo spettatore, interrogandolo sul paradosso generato dalla costante ricerca fotografica del gruppo.
L’esperienza vissuta dai quattro fotoreporter diventa quindi cinica. L’attaccamento alle immagini è quasi morboso e, almeno inizialmente, sembra superare quello nei confronti del reale. La documentazione ossessiva diventa, almeno nella prima metà, più importante dei rapporti umani all’interno del gruppo. Ecco quindi che la giovane Jessie, ancora inesperta, arriva a chiedere ingenuamente se la fotograferebbero nel caso le sparassero.
Un opera sull’atto del guardare e del raffigurare
Le sequenze più efficaci sono proprio quelle che riescono a mettere in dubbio la moralità della ricerca dei quattro protagonisti.
Come il primo scontro armato seguito dal gruppo. I colpi di fucile sono messi in evidenza dall’efficace sound design, il dramma umano dei soldati è sottolineato dalla ricerca oggettiva da parte della fotografia. Tuttavia, in questa situazione apparentemente classica, ciò che colpisce è la divisione netta tra la squadra di militari ed il gruppo di reporter. Quest’ultimo, ugualmente numeroso, è apparentemente disinteressato alla sofferenza del primo a favore della documentazione fotografica. Perciò, la costante interruzione dell’azione per mostrare gli scatti e la musica, quasi ridicola, che, nell’ultima parte della sequenza ne sottolinea la natura paradossale e a tratti grottesca.
Civil War si configura quindi, come un film sull’atto di documentare e di guardare. Richiede la costante attenzione dello spettatore che, anche con una certa dose di cinismo, è costantemente portato a mettere in discussione ciò che scorre sullo schermo. Il film è quindi una testimonianza della progressiva perdita di umanità nel nostro modo di percepire le immagini e, contemporaneamente, della disperata ricerca di esprimere qualcosa attraverso di esse.
Civil War: consigliato a tutti
Civil War è un’opera le cui tematiche hanno un valore estremamente importante in relazione al periodo storico contemporaneo. La sua capacità di valorizzare una narrazione a tratti classica (e per questo ampiamente fruibile) attraverso un’impeccabile utilizzo del comparto visivo e sonoro, impreziosisce il film, mentre offre una serie di importanti spunti di riflessione.
Alex Garland riesce a raccontare uno scenario di guerra in maniera terribilmente plausibile, indagando, contemporaneamente, la natura umana in relazione al conflitto e alla moralità delle immagini. Il film è da considerarsi pienamente riuscito nel suo intento e, sicuramente, consigliabile a chiunque.
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