Dopo una carriera di successo tra spot pubblicitari e videoclip musicali, per Jonathan Glazer arriva nel 2000 il momento di esordire con il primo lungometraggio. Sexy Beast, disponibile su MUBI, è il primo film del regista inglese. Un gangster movie che si muove sulle linee della commedia nera, attraverso dei dialoghi brillanti, un montaggio frenetico e le formidabili prove attoriali di Ray Winstone e Ben Kingsley.
‘Sexy Beast’: trama
Gal Dove (Ray Winstone) è un gangster inglese ormai ritiratosi, che soggiorna nella sua villa in Spagna insieme alla compagna Deedee. Il suo riposo viene bruscamente interrotto dall’arrivo di Don Logan (Ben Kingsley), un vecchio collega che vuole reclutare Gal per un’importante missione.
Un’introduzione iconica
“Oh,yeah. Bloody hell. I’m sweatin’ here. Oh, roastin’. Boilin’. Bakin’.”
I primi minuti Sexy Beast li dedica a introdurre il personaggio di Gal Dove, attraverso immagini, musiche e battute volte a immergere lo spettatore nella vita votata al ritiro, al relax e alla pigrizia dell’inglese. Ray Winstone e Jonathan Glazer costruiscono quella che è una delle introduzioni più iconiche del genere. I movimenti e la voce di Gal (che si presenta tramite un’inquadratura dall’alto che lo ritrae steso su una sdraio), rappresentano l’ozio estremo. Tutto quanto va a rallentatore senza l’effettivo utilizzo di alcun effetto.
Ed ecco poi subentrare le note di Peaches dei The Strangler, che accompagnano la sequenza fino all’arrivo del pericoloso masso rotolato giù da una montagna, sino alla piscina di Gal, quasi travolgendo quest’ultimo. Un quadro che imposta una narrazione di tipo comico, sopra le righe, ma Sexy Beast sorprende proprio perché non è solo questo.
Tra commedia e tensione
Infatti la storia scritta da Louis Melli e David Scinto riesce in maniera fluida a cambiare progressivamente registro. La commedia assume perciò note sempre più oscure, fino a quando tutto non si tramuta in un vero gioco di forze in conflitto tra di loro. In queste dinamiche è assolutamente fondamentale il personaggio di Ben Kingsley. Don Logan è eccentrico, spietato, contraddittorio, una bomba pronta ad esplodere tra le mani di Gal Dove. Kingsley esprime su schermo tutta la sua bravura, dando vita a questa figura così irriverente e isterica ma allo stesso tempo seriosa, spigolosa.
Alla mercé di Don Logan è il personaggio di Ray Winstone, Gal Dove. Quest’ultimo subisce una tensione che lo porta progressivamente a spogliarsi da quel vestito di figura demenziale, mostrataci all’inizio, per assumere il ruolo di eroe tragico. Ray Winstone svolge un lavoro magistrale nel smontare, pezzo per pezzo, tutta la sicurezza di Gal, attraverso questa espressività che riflette tutto il disagio crescente provato dal protagonista.
Il rapporto tra questi due personaggi è una delle cose più riuscite del film e i due attori riescono a tirare fuori il meglio l’uno dall’altro, dando una peculiare rappresentazione di disagio e isteria, grazie anche alla sceneggiatura, alle battute, alla frenesia del montaggio.
Attingere dai fantasmi del genere
Un’estetica quindi, quella di Sexy Beast, sopra le righe, che tra tematiche, scelte registiche e tempi di narrazione richiama un regista come il primo Tarantino, quello di Pulp Fiction e Le iene, a quella irriverenza e a quel piglio sfrontato. Ma oltre che sul ritmo serrato, l’opera prima di Glazer, si basa molto anche su eventi non mostrati (come appunto la rapina di Reservoir Dogs). Gli attriti che si sviluppano durante il film sono sostanzialmente tutti pregressi, pronti a essere messi sul tavolo con l’avanzare dei minuti.
Si ha così la sensazione di entrare nella narrazione del film quasi in medias res, quando in realtà, di fatto, non è così. Ma appunto si percepisce come il dramma di Sexy Beast sia già ai suoi sgoccioli, come il confronto tra Don Logan e Gal Dove sia la battuta finale di una storia per buona parte già avvenuta, la cui visione è negata allo spettatore. Ciò dà la possibilità alla storia di entrare subito nel pezzo, favorendo forse possibili spaesamenti, che si rivelano però necessari per sostenere un ritmo del genere.
L’ultimo colpo
Infatti lo spettatore inizia la storia nel momento in cui la carriera di Gal Dove è finita. Più volte nel film l’inglese dirà “I’m retired” proprio perché la sua storia è passata, l’ultimo colpo c’è già stato e lui, ormai, è un ex-gangster. E quindi torna in causa quell’introduzione che mostra un Gal ormai pensionato, simbolo ironico di “quello che ce l’ha fatta”, che ce l’ha fatta ad uscirne, che ce l’ha fatta ad effettuare il famigerato ultimo colpo e che quindi si dà alle sue vacanze, salvo poi essere portato alla realtà.
Gal Dove viene sì ripescato da Don Logan, ma non solo. È proprio lo stesso genere cinematografico, il gangster movie, a “prenderlo”, a far valere quel cliché che vede “l’ultimo colpo” come una bufala, una storia inventata. Sempre citando in causa l’introduzione, è possibile notare come quell’idillio paradisiaco in cui si sta crogiolando Ray Winstone, prima ancora che dall’arrivo del personaggio di Ben Kingsley, sia stato interrotto dalla caduta immotivata del gigantesco masso sulla piscina, che a questo punto può essere inteso come un omen, un presagio che rompe l’oasi di pace.
Il primo passo
Sexy Beast, nel suo essere derivativo, ha comunque una sua identità: la regia di Jonathan Glazer è quadrata, le composizioni sono studiate e l’alternanza tra uno stile rigido e uno più libero, dettato dalla ripresa a mano, funziona assolutamente. Per non parlare poi dei personaggi, sono già stati citati i vari Ray Winstone e Ben Kingsley (forse il vero mattatore della pellicola), con i loro Gal e Don, ma anche il resto del cast riesce a tirare fuori un roster di figure indubbiamente interessante. Basti pensare ad esempio allo statuario Ian McShane e al volto del suo Teddy Bass, impassibile e freddo.
Sexy Beast regala nei suoi 82 minuti un viaggio folle, divertente ma anche teso, cavalcando diversi picchi di suspense. La pellicola di Glazer (che vede proprio recentemente l’uscita di una serie prequel) è il primo ottimo tassello di un regista che dimostra tutt’oggi, nonostante la breve filmografia, di essere indubbiamente una delle voci di spicco del cinema contemporaneo.