Quando l’onorevole di lungo corso, Cam Brady commette una enorme gaffe pubblicamente, prima di una imminente elezione, una coppia di ultra milionari trama contro di lui spalleggiando un candidato rivale per ottenere la maggioranza nel loro distretto della Carolina del Nord. Il prescelto è l’ingenuo Marty Huggins , direttore del locale Ufficio del Turismo.
Cam Brady (Will Ferrell) è un deputato perfetto: abiti eleganti, grande eloquenza, bella moglie e dei figli graziosi, peccato però che conduca, neanche troppo di nascosto, una vita scellerata, sempre a caccia di una nuova preda sessuale. Marty Higgins (Zach Galifianakis) è dal canto suo un perfetto perdente: indossa maglioncini fatti a mano con disegni appariscenti ed è un cicciottello sempre gentile e remissivo. Quando il primo si trova alle prese con l’ennesimo scandalo alla vigilia della rielezione a senatore, il secondo viene “arruolato” e finanziato da industriali senza scrupoli. Il candidato a sorpresa Marty si rivelerà subito un osso molto più duro di quello che tutti avevano pensato all’inizio. Jay Roach, regista di Ti presento i miei (2000)e della fortunata serie dedicata all’agente segreto un po’ freak Austin Powers, confeziona una commedia senza esclusione di colpi su una campagna elettorale a dir poco surreale, così scorretta da far impallidire quelle nostrane degli ultimi anni; sembra infatti che anche Oltreoceano le cose non siano poi tanto diverse e in odore di presidenziali statunitensi, il film cade veramente a pennello.
In Candidato a sorpresa le risate non mancano, malgrado il film presenti varie freddure, condite il più delle volte da un umorismo volgare e a dir poco cattivo. Difatti, la pellicola diretta da Roach è ben lontana dalle commedie sentimentali di moda nel cinema americano degli ultimi dieci-quindici anni. Di per sé questo prodotto è formalmente anonimo. L’unica cosa che si nota durante la sua visione è il fatto che venga messa ferocemente alla berlina tutta l’ipocrisia della politica americana, fatta per lo più di dialoghi intrisi di demagogia, nei quali ricorrono in modo quasi ossessivo due parole: “Dio” e “America”. A tal proposito, risulta essere abbastanza imbarazzante constatare come quello stesso modo di fare politica che noi italiani amiamo tanto, malati da decenni di una esterofilia a dir poco irrazionale e di un ingiustificato senso di inferiorità, venga ridicolizzato da un film dalle così basse pretese intellettuali. Per alcuni americani quei bei mini-discorsi fatti da presidenti e senatori, per noi così suggestivi e passionali, non sono altro che degli spot, senza alcuno spessore politico, e questa storia prende posizione in modo molto chiaro su questo punto, rivelando un certo coraggio.
A essere sinceri, non abbiamo capito bene quanto questa pellicola sia davvero stupida come appare in superficie o invece subdolamente intelligente. Una cosa è certa, i temi in essa trattati sono fin troppo attuali. Ragion per cui, quello di una ironia demenziale era forse l’unico modo possibile per parlare di una società – e non ci riferiamo solo all’America – ormai in mano a dei poteri forti, neanche troppo occulti. Infatti, se la maggior parte dei giornalisti stenta a dare informazioni scomode sui vari governanti, è tuttavia sufficiente farsi un “giretto” in Rete, per vedere come parte di costoro sia affiliata a organizzazioni a dir poco inquietanti: il famigerato Gruppo Bilderberg e la cosiddetta Trilaterale. Il film di Roach mostra per l’appunto come i politici siano ormai solo delle facce da proporre al pubblico; personaggi privi di contenuto e di un pensiero politico proprio. Dietro di loro agiscono gruppi di affari transnazionali, il cui unico scopo è il profitto. Tutto questo fa di Candidato a sorpresa una opera decisamente bizzarra, a tratti persino ambigua. Sembra come se gli autori della storia vogliano far passare questa spietata critica alla politica statunitense, come uno dei tanti film comici, spesso parecchio volgari, prodotti negli ultimi anni in America, sperando che le loro vere intenzioni non vengano scoperte dal Potere ora al governo, avendo quindi l’opportunità di comunicare con quei pochi spettatori sufficientemente informati – cosa di questi tempi non certo facile – e condividere con loro il sommo disprezzo per la politica.
Il compito principale di uno studioso è quello di aiutare a capire. Abbiamo perciò cercato di spiegare brevemente la utilità e il senso di un film che dovrebbe apparire ai più come brutto e francamente inutile. Farlo non è stato facile e se si intende andare al cinema per passare un po’ di tempo in allegria, allora questa pellicola è da sconsigliare. Al contrario, se ne si segue la trama, dimenticandone l’aspetto comico e sovente persino grottesco, e si riflette sul fatto che in questa storia c’è molto di attuale, allora la visione di Candidato a sorpresapuò rappresentare una buona occasione per deprimersi ulteriormente nel constatare che ci troviamo, e non è uno scherzo, tantomeno argomento su cui ironizzare, in una situazione grave e dal futuro oscuro. Non per niente, l’epoca nella quale viviamo è chiamata dalla filosofia indiana Kali Yuga: “era dell’oscurità”.
Riccardo Rosati
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