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‘Private’, l’esordio nella fiction cinematografica di Saverio Costanzo

Recensione di ‘Private’, il primo lungometraggio fiction di Saverio Costanzo

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Quando nel 2004 esce nelle sale Private – primo lungometraggio fiction di Saverio Costanzo -, il regista romano ha già alle spalle alcune esperienze in ambito documentaristico con i wisemaniani Caffè Mille Luci, Brooklyn, New York (1999) e Sala rossa (2002).

Private – RaiPlay

Non sorprende perciò che anche questo suo esordio nel cinema di pura finzione sia caratterizzato da un taglio docufiction. Specie se occorre tendere al maggior realismo possibile per raccontare una storia vera, tratta da quel conflitto israelo-palestinese che dal punto di vista strettamente cinematografico – fatte le debite proporzioni con l’immane tragedia umanitaria – costituisce un argomento dalle molteplici insidie.

Eppure Costanzo non sembra avere dubbi e decide di rischiare con una pellicola originale e suggestiva con cui dimostra – così come confermato dai successivi sviluppi della sua carriera artistica – di avere non soltanto il coraggio di operare delle scelte scomode, ma anche di possedere quella visione e padronanza di mezzi che gli consentono di gestire una messinscena dall’indubbia complessità.

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La trama di Private

Una messinscena dura e smarcata da accenti retorici che pone al centro del racconto una casa a metà strada tra un villaggio arabo e un insediamento israeliano (in realtà ci troviamo in Calabria).

Qui abita una famiglia palestinese formata dal professore d’inglese Mohammad (un eccellente Mohammad Bakri), dalla moglie Samiah (Areen Omari) e dai loro cinque figli.

L’aria che si respira non è certo delle più leggere. E già dall’incipit aleggia un clima di tensione per degli scontri a fuoco avvenuti durante la notte precedente. Samiah vorrebbe fuggire, ma Mohammad si oppone, rifiutando per sé e i propri cari un destino da rifugiati (“Essere rifugiati significa non essere!”).

Bisogna perciò che si rimanga e ci si difenda. Specie quando l’esercito israeliano invade improvvisamente l’abitazione trasformandola in avamposto militare. Perché anche in tal caso l’uomo resta determinato a proteggere non soltanto la propria casa, ma anche la dignità sua e della propria famiglia.

Relegato assieme a quest’ultima in una stanza-prigione, Mohammad dà così inizio ad una strenue, inflessibile forma di resistenza pacifica. Una scelta, questa, che viene accolta in maniera diversa da ciascuno dei suoi familiari.

Private: la recensione

Una casa, una famiglia, quattro militari: è questo l’universo in piccolo tramite il quale Costanzo ricompone il duplice significato del titolo (“private” in inglese significa sia “soldato” che “privato”) per raccontare le sofferenze di un intero popolo.

Il regista romano traspone in scala “microcosmica” la tragica lotta tra israeliani e palestinesi per osservarne da vicino dinamiche e meccanismi.

Lo fa ponendosi al fianco di Mohammad e dei suoi familiari; puntando l’obiettivo della camera a mano sui loro volti in bilico tra dolore e paura; creando un clima di tensione pronto ad improvvise fiammate.

Immagini nervose e sgranate, unite a spazi bui e ristretti, risucchiano lo spettatore all’interno di atmosfere claustrofobiche che finiscono per unire il suo disagio a quello dei protagonisti. È attraverso questi ultimi che si pone l’interrogativo centrale: come reagire alle sopraffazioni? Fuggendo o restando? Ricorrendo alla violenza o resistendo pacificamente?

Non sembra avere dubbi il saggio Mohammad: “Essere o non essere, questo è il problema! E noi dobbiamo restare qua costi quello che costi!”.

Lo fa scegliendo la via dell’opposizione pacifica, comprendendo che la violenza non può che generare violenza. Ma anche ribadendo che c’è un limite che non può essere superato; e che cedere alle pressioni e abbandonare tutto equivale a perdere se stessi.

La vita dei miei figli è più importante!” afferma disperata Samiah.

Si tratta di una questione di principio e basta!” replica assertivamente l’uomo.

Si tratta di un discorso difficile da far comprendere ai suoi familiari, a partire dal figlio Yousef (Amir Hasayen) che chiede di andar via, o dalla figlia più grande Mariam (Hend Ayoub) che vorrebbe rispondere alla forza con la forza.

Sono personaggi complessi, connotati da un’indubbia valenza simbolica. Perché se nel mutismo sconvolto della piccola Nada (Sarah Hamzeh) e nei timori del giovanissimo Karem (Karem Emad Hassan Aly) è possibile rinvenire il segno di un’infanzia violata dalla guerra, nell’indurimento dell’adolescente Jamal (Marco Alsaying) non può non scorgersi l’impronta della radicalizzazione come conseguenza dei soprusi.

Ma è soprattutto allo sguardo cangiante della stessa Mariam che Costanzo affida il passaggio più delicato del racconto. A quello sguardo con cui osserva di nascosto i soldati israeliani, finendo per scoprire che anche loro sono ragazzi come tanti.

È soprattutto il milite Eial (Tomer Russo) a mostrarle il lato umano di un nemico che sino ad allora avrebbe voluto eliminare: Eial che dorme nella sua stanza; Eial che suona il flauto; Eial che interviene per impedire che il padre venga umiliato da quel comandante Ofer (Lior Miller), vittima delle proprie ossessioni.

Ed è proprio qui che il messaggio pacifista dello stesso Mohammad finisce per assumere un significato reale. Un significato che prende corpo nelle parole rivolte a Yousef (“Tutti abbiamo paura. Pensi che quei soldati non ne abbiano? Forse hanno paura più di te e di me”), e in quelle dirette alla stessa Mariam (“Non si combatte solo con le armi e la forza. […] I codardi pensano che i problemi si possano risolvere con la prepotenza e con la forza!”).

È tutto ciò che spinge quest’ultima a quel “Papà, adesso comincio a capirti” che assomiglia ad un segnale di speranza. Insomma, se non proprio ad un’apertura al dialogo, quantomeno ad un accorciamento delle distanze. Ma la struttura circolare del racconto ci riporta subito alla realtà ricordandoci quanto siamo ancora lontani da una soluzione davvero rappacificante e definitiva.

I riconoscimenti ottenuti da Private

Presentato al Festival di Locarno 2004, Private ha ottenuto il Pardo d’oro, la Menzione speciale della Giuria Ecumenica e il Premio per la migliore interpretazione maschile a Mohammad Bakri. Da par suo, nel 2005 Saverio Costanzo ha vinto David di Donatello e il Nastro d’argento come miglior regista esordiente.

La pellicola, inoltre, è stata scelta per rappresentare l’Italia agli Oscar 2006 come candidata al miglior film straniero, venendo tuttavia esclusa poiché non recitata in lingua italiana.

Private

  • Anno: 2004
  • Genere: drammatico
  • Regia: Saverio Costanzo