Il potere del calcio è diventato negli anni a dir poco estremo. Basti pensare che ci sono paesi nel mondo che non si parlano o che addirittura si fanno guerra fra loro, ma che ogni 4 anni si ritrovano per disputare la Coppa del Mondo di calcio. È un fatto illogico e paradossale, ma questo è lo sport più bello del pianeta.
Qui subentrano molteplici discorsi geopolitici, e quindi il denaro. Il calcio è diventato oggi uno strumento con cui le grandi superpotenze economiche e politiche controllano il mondo, imponendo i propri voleri e interessi.
Tutto ciò è sfociato nel mero guadagno: dagli sponsor ai diritti televisivi, dalle pubblicità al mondo del betting – com’è evidente dal traffico sul sito scommessesulweb.com.
Il potere del calcio è senza eguali
Il potere del calcio è in grado di smuovere le montagne. L’amore per questo sport – e ovviamente il peso del business – lo rendono più influente della religione e dell’istruzione. Ormai il calcio è diventato il modo con cui i paesi del mondo affermano la propria esistenza: non più usi e costumi, cultura o storia, bensì lo sport.
D’altronde, i numeri sono sotto l’occhio di tutti e non è possibile ignorarli: è proprio da questi guadagni che la maggior parte dei paesi mondiali ha un passato indimenticabile e un futuro solido.
In primis l’Italia, che ha sfruttato nel migliore dei modi il legame tra calcio e politica in passato, così da giocare per la prima volta un ruolo da protagonista in entrambi i contesti. Nel 1934 infatti l’Italia Fascista di Mussolini organizzò il secondo Mondiale di calcio della storia: gli azzurri vinsero, non senza proteste, e questo diede notevole verve sia al movimento politico dell’epoca sia al calcio italiano. Tant’è che la squadra del ct Pozzo vinse anche l’edizione seguente nel 1938.
Discorso simile può esser fatto anche per l’Uruguay, che si prese di forza il suo posto sulle cartine geografiche. Conosciuto inizialmente solo come paese neutrale tra Argentina e Brasile, le due principali potenze del Sudamerica, riuscì a vincere la primissima edizione dei Mondiali di calcio: davanti ai propri tifosi, la nazionale uruguagia sollevò la coppa nel 1930. Inutile evidenziare la fama e il blasone che ricoprirono il primo paese nella storia del calcio a diventare campione del mondo.
Grazie al legame tra calcio e politica, questa operazione venne ripetuta da molte altre nazioni. In Europa Francia e Germania tentarono più volte di imporre il proprio potere politico attraverso il calcio. Stesso discorso l’Inghilterra, che – con metodi poco ortodossi – organizzò in casa e vinse nel 1966 l’unico Mondiale di calcio della sua storia.
Negli anni, il calcio venne utilizzato anche per manifestare e pretendere la propria indipendenza. Da tempo cerca di farlo la Catalogna, che vuole staccarsi dalla Spagna. Tra le nazioni senza Stato che hanno cercato nel tempo di servirsi del calcio da un punto di vista geopolitico si ricordano anche il Québec, il Kurdistan, la Palestina e Taiwan. Insomma, il sempre più forte (e ormai indissolubile) legame fra calcio e politica sembra non conoscere alcun tipo di confini.
La legge per garantire il futuro del calcio vero: il caso inglese
Il fortissimo legame tra calcio e politica, denaro e potere, ha una conseguenza molto ovvia: la parte più sana e autentica del gioco inteso come puro divertimento sta scomparendo.
Non tutti però sono d’accordo; alcuni paesi stanno cercando di adoperarsi per evitare che questo accada. Fra loro c’è ad esempio l’Inghilterra, che ha deciso di scendere in campo niente meno che con Re Carlo III.
Durante il suo recente discorso al Parlamento del Regno Unito, Re Carlo ha spiegato che verrà presentata una legge per garantire il futuro dei club inglesi, nel rispetto dei tifosi e delle comunità. L’obiettivo è quello di mantenere vivo quel sentimento vero di chi ama il calcio sopra ogni cosa, al di là di tutti i discorsi politici ed economici.
Questa legge porterebbe allo sviluppo di un ente indipendente con il compito di controllare e regolare le squadre inglesi, dalla Premier League alla quinta serie. L’idea è quella di riportare i veri tifosi al centro di tutto, mettendoli al corrente di alcune dinamiche interne e permettendogli anche di avere un minimo di potere decisionale. I tifosi avranno infatti la possibilità di prendere parte ad alcune decisioni importanti in merito alla storia del club: dai colori societari ad un eventuale cambiamento dello stemma, fino ad un possibile spostamento dello stadio.
Inoltre, la Federazione Inglese vuole assicurarsi che ogni società abbia un modello di business solido per potersi iscrivere al campionato. Verranno controllati in maniera più approfondita i bilanci dei club e i fondi dei proprietari delle squadre inglesi, a costo di scoraggiare l’acquisto di club di Premier League da parte di imprenditori stranieri.
E infine, questo ente regolatore potrà impedire ai club inglesi di partecipare a competizioni non conformi alle nuove ideologie patriottiche e meritocratiche, come ad esempio la Superlega Europea che stava nascendo nel 2021.
Perché alla fine forse hanno ragione coloro che dicono che il calcio non è dei giocatori, dei club, degli imprenditori o degli organi competenti. Il calcio è dei tifosi.