Chi è Posaman? Un supereroe che fa pose da copertina inventato da Lillo, che di professione fa il comico.
Il successo, si sa, ha però i suoi risvolti negativi e per Lillo è arrivato il momento di scegliere tra fama e vita privata, perché la moglie (Sara Lazzaro) sembra davvero non sopportarlo più. Accompagnato dai comici più amati della scena contemporanea, da Pietro Sermonti, a Paolo Calabresi, da Caterina e Corrado Guzzanti a Valerio Lundini, da Michela Giraud a Edoardo Ferrario e tanti altri, Lillo cercherà di ritrovare sé stesso dietro la maschera che si è costruito.
La recensione
Va detto con onestà: in pochi, anzi probabilmente nessuno avrebbe scommesso qualcosa sulla riuscita di Sono Lillo, sorta di instant series nata da successo improvviso e inaspettato non tanto di un personaggio ma solo di una gag muta di Lillo Petrolo, ovvero Posaman, supereroe immaginario nato durante il varietà di Prime Video LOL – Chi Ride è Fuori. D’altronde, come dare torto: quello che viene creato solo per compiacere il pubblico raramente riesce ad avere dignità artistica, per non dire che raramente riesce a (ri)prendere quel pubblico che rincorre.
E invece Eros Puglielli dietro la macchina da presa e Lillo in scrittura riescono a sorprendere tutti: Sono Lillo è un piccolo gioiello. Di scrittura, d’inventiva, di creatività, di cinismo e (auto)ironia.
Non ci si può arrischiare a chiamarla capolavoro, ma poco ci manca: parte come un diesel, poi lì, nelle prime scene, quasi a caso, piazza Rapsodia in Blu di George Gershwin e sembra a tutti di essere piombati nel miglior Woody Allen di sempre. La storia parte da Posaman, che viene messe però subito in disparte: e usato per quello che è ovvero un feticcio, un’icona di cui irridere, l’ombra di un comico. Alla fine, un pretesto per far sentire migliore solo chi lo irride.
Al centro, ovviamente, c’è lui, Lillo, anzi Pasquale Petrolo, aka Posaman: che svicola tra risate, successo, fama, cinema, televisione, teatro, e con Sono Lillo si rivela in pieno per quello che è, un comico libero di essere stesso che non ha paura di esserlo. E negli ultimi anni ha dimostrato -diremmo in silenzio ma silenzio intorno a lui non c’è stato, solo che il clamore lo ha fatto l’artista e non l’uomo- di poter fare tanto, forse tutto, e farlo bene: dal collaborare con gli YouNuts! alla stesura del film Con Chi Viaggie con il suo sodale di sempre Greg (al secolo Claudio Gregori) per Gli Idoli delle Donne, due film belli e sfortunati che pagano il dazio forse di essere stati percepiti -o venduti- come prodotti (solo?) comici; al consolidare la fama in tv con il citato LOL, a condurre con Danza Con Me su RaiUno; a proporre in teatro School of Rock e vincere il Premio per il Musical al 46° Premio Flaiano.
Certo, Lillo è il motore propulsore e la forza centripeta: ma Sono Lillo vince e convince per tantissimi altri motivi.
Perché è scritta con sincerità e i personaggi messi in scena sanno (di) essere veri e inventati insieme; non un mockumentary anche se lo sembra, ma una serie ispirata alla vita vera che racconta vicende inventate ma che potrebbero essere reali, perché lo fa con sincerità e con intelligenza, facendo aderire perfettamente gli attori ai personaggi e i personaggi alle persone.
Poi ci sono gli attori: tutti in gran spolvero, tutti bravissimi. Da Anna Bonaiuto che viene ritrovata e riscoperta, mentre lei stessa si riscopre poliedrica e bravissima; a Pietro Sermonti, che non ha bisogno certo di altro oltre a quello che ha già fatto per confermarsi pura leggenda, ma che in Sono Lillo sembra ritrovare una vena di autenticità che si allontana alternativamente da quel grottesco che lo ha contraddistinto ultimamente, facendolo avvicinare pericolosamente a note altissime e quasi commoventi; fino a Paolo Calabresi, anche lui a fare il verso a se stesso, anfitrione e contraltare perfetto e appuntito. Senza dire del “coro”, scheggia geniale e fil rouge sul fio dell’assurdo; da Maccio Capatonda a MichelaGiraud, da Valerio Lundini ad Emanuela Fanelli, da Caterina e Corrado Guzzanti ad Edoardo Ferrario, tutti centratissimi, nessuno che ruba spazio all’altro ma che fa risuonare il resto.
Insomma Sono Lillo ha intelligenza e soprattutto la voglia di giocare: e mentre incarna perfettamente lo spirito di Posaman (simbolo di quei personaggi -a fumetti, di cinema, in tv- che sotto il costume non hanno nulla), fa lo slalom tra i generi restando fortemente una comedy, svoltando allegramente tra il dramma romantico e il thriller di borgata, rendendo la sua serie così perfetta e conclusa in sé stessa da sperare quasi che non ci sia un seguito.
Ecco il trailer:
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