Il ritmo della metropoli e i suoi suoni, forme varie di dislocazione spaziale e temporale, la relazione tra i luoghi e le persone, gli eventi ordinari che avvengono nelle strade come le elezioni locali e gli street parties sono le immagini più rappresentative dei lavori dell’artista e filmmaker inglese William Raban, che, quest’anno, per il bicentenario della nascita di Charles Dickens ha presentato il suo ultimo lavoro, The Houseless Shadow, come parte della mostra dedicata al celebre scrittore e ospitata al Museum Of London.
Gli organizzatori della mostra hanno chiesto la partecipazione di William Raban considerando il forte legame del regista con la città di Londra. Gran parte dei suoi lavori, infatti, documentano i vari cambiamenti del paesaggio naturale e industriale della città britannica, durante il corso degli ultimi 30 anni. L’approccio al documentario però è tutt’altro che classico, anzi la sua maniera di lavorare è molto sperimentale, emotiva e ha un forte linguaggio visivo. Il regista, infatti, vanta una lunga esperienze lavorativa nel campo delle multi-istallazioni video all’interno di specifici ambienti.
The Houseless Shadow è un viaggio nella metropoli londinese che esplora i ritmi, i suoni e le ombre della città.
William nasce come pittore e in seguito si consacra al video e al filmmaking.
In uno dei suoi ultimi quadri, prima di dedicarsi al cinema, Raban aveva sperimentato gli effetti sulla tela degli elementi naturali come la pioggia, il vento e la resina, e questa relazione tra il materiale artistico e gli effetti arbitrari della natura e del tempo è stata proprio ciò che lo ha spinto vvvverso la settima arte. Infatti questi suoi interessi sono stati successivamente estesi e sviluppati attraverso tutti i vari elementi del cinema come la camera, la pellicola e il soundtrack.
Nei suoi film, il regista ama molto giocare con la narrativa non-lineare, il ritmo del montaggio, l’uso di immagini d’archivio e la sperimentazione delle tecniche analogiche, specialmente nelle opere d’esordio. Viene infatti descritto come uno degli esponenti più raffinati di un genere conosciuto come Avant-Garde Landscape.
Tra i lavori che più si avvicinano al genere documentario, invece, c’è
Thames Film (1986), dove il regista, con un approccio che fa riferimento al cinema modernista, mostra l’imperialismo britannico e lo sviluppo tecnologico, incorporando filmati e immagini d’epoca risalenti agli inizi del 1900. Filmando dal bordo di una piccola imbarcazione, Raban tenta di catturare il punto di vista del fiume stesso, tracciando un percorso dal cuore di Londra fino al mare aperto. La struttura del film si sviluppata attorno due prospettive: quella contemporanea, attraverso le riprese della città, e quella storica, attraverso sia l’uso del materiale d’archivio raccolto sia del voice over che riprende degli estratti dal testo di Thomas Pennant A Journey from London to Dover.
Thames Film è il primo di una serie di progetti che guardano allo sviluppo urbanistico della città e ai suoi effetti sul paesaggio, le persone e le loro aspirazioni ed opinioni.
Arrivano subito dopo Sundial (1992), che gioca con le diverse prospettive della torre di Canary Wharf, uno dei simboli più riconoscibili del progresso economico e industriale della città, e A13 (1994), ispirato al celebre A Man With A Movie Camera sia per quanto riguarda il soggetto che per il processo di realizzazione: c’è tutta l’essenza e il ritmo della città e della sua inquieta natura.
The Houseless Shadow è un lavoro più introspettivo, che gioca su più livelli: nelle immagini di questo viaggio nella notte, tra le sue creature, s’intrecciano il racconto, il riferimento alla letteratura e una dimensione umana molto forte.
Questo lavoro video è basato su Night Walks, racconto di Charles Dickens, il quale, per sfuggire all’insonnia, girovagava da solo fino alle luci dell’alba, osservando e fotografando mentalmente ogni angolo della città.
Il regista riadatta i testi dello scrittore per esplorare la continuità tra la vita notturna della Londra odierna con quella di 150 anni fa. Ripercorre i passi, i pensieri e lo sguardo di Dickens sulla solitudine e sul confine labile tra normalità e follia.
Quelle anime che, come lo scrittore all’epoca, si ritrovano senza casa: dagli homeless, che dormono sotto i ponti o fuori le vetrine dei negozi firmati, agli amanti, che si baciano per strada o si intrattengono sotto una stazione, fino ai musicisti che fanno compagnia ai passanti in cerca di evasione.
Il regista nello sviluppare questo progetto, lavora sulla similitudine tra l’empatia dello scrittore per i poveri e i senza tetto di Londra e le sue immagini che svelano la solitudine e le differenze sociali. Indimenticabile è, infatti, la sequenza dell’uomo che dorme per strada su un cartone rimediato alla bell’e meglio, con dietro lo sfondo di una vetrina scintillante e dell’accampamento di ombrelli su una panchina verso Embankment, lungo il fiume.
Senza essere, per sua stessa ammissione, una creatura della notte, il regista si è imbarcato in questa avventura partendo dopo la mezzanotte e ritornando ‘nelle ore piccole’ per osservare e catturare i distretti di Londra e le sue creature insonni.
Taxi Drivers lo incontra e gli fa qualche domanda sul suo approccio al filmmaking e sulla realizzazione di The Houseless Shadow.
Quando hai iniziato a lavorare al film The Houseless Shadow avevi già un’idea precisa di come lo avresti girato?
Tutto ciò che sapevo è che sarei andato in tutti i vari luoghi che Dickens aveva descritto nel suo testo Night Walks. La prima parte del mio lavoro è stata ridurre il testo da 4,000 parole a 2,000 considerando che il Museum Of London mi aveva dato un Massimo di 20 minuti per la durata del film.
Ho finito con l’usare un numero minore di scene rispetto a quanto avevo preventivato, ma, per il resto, le riprese sono state effettuate in gran parte in quei luoghi (e ciò include la scelta delle lenti, l’angolazione della macchina da presa e così via).
Come sei riuscito a riadattare le riflessioni e le immagini di Dickens al contesto della Londra odierna?
Questa era l’idea principale del film. Sono stato ispirato dall’idea di avere il testo di Dickens come soundtrack e le immagini della Londra di oggi come materia di lavoro. Non potevo esserne sicuro all’inizio, ma ho avuto la sensazione che ci potevano essere più somiglianze tra la Londra vittoriana e la Londra attuale di quanto la gente si aspettasse.
Ci sono state molte reazioni positive al film, perchè credo che la gente si chieda: “È rilevante Dickens nella Londra del 2011?”. Spero che il mio film inizi a rispondere a questa domanda.
Hai trovato difficolta a relazionarti con “le ombre senza tetto” incontrate per strada?
Ho fatto amicizia con molti senza tetto incontrati per strada. Yvonne, una donna di colore di mezz’età, (è difficile capire l’età di chi vive per strada da oltre 10 anni) è una persona brillante e articolata. Si occupa di un gruppo di donne anziane che dormono su una panchina con vista sul Savoy Hotel, lungo il fiume. Non voleva essere ripresa, ma è stata felice che avevo filmato il suo accampamento di ombrelli sotto la pioggia battente a Pasqua. Certamente, considerando come si è sviluppata la crisi economica, ci saranno sempre più persone senza tetto per la strade di Londra. È veramente triste.
William Raban
I tuoi lavori sono sempre caratterizzati da un ritmo particolare. Con The Houseless Shadow ci si immerge nell’esplorazione notturna di Londra. Con Thames River assumi il punto di vista del fiume e del suo lento ma costante scorrere, mentre con A13 le prospettive multiple trasmettono l’inquietudine del ritmo caotico della città. Come spieghi il ruolo del ritmo e del tempo nelle tue opere?
Quando faccio un film cerco sempre di pensare a come posso relazionare il ritmo al mio soggetto. In Thames River è il flusso del diluvio e il riflusso delle maree sul fiume. In The Houseless Shadow è il ritmo regolare dei miei passi, che è possibile considerare come parte della colonna sonora. Il ritmo dei miei passi è di 78 al minuto. Quanto di più vicino al battito cardiaco. Mi piace lavorare con questi ritmi umani fondamentali perché penso che colpisca il pubblico in maniera particolare.
Qual’è la tua posizione riguardo all’uso del digitale?
The houseless Shadow è stata la mia prima produzione digitale. Amo la pellicola, specialmente il 35 mm, ma diventa sempre piu difficile trovare laboratori che la sviluppano e, ovviamente, è un procedimento molto caro. Avrei preferito girare questo film in pellicola, ma, alla fine, ho scelto l’HD, anche perché è la soluzione migliore per girare di notte. Ciò che amo dell’analogico è che è un processo più lento, il digitale è quasi troppo veloce, ma, d’altra parte, non hai bisogno di grossi budget. Alla fine penso che la scelte tecnologica debba essere guidata dall’idea, e dopo aver scelto il medium è importante lavorare all’interno di quei vincoli, sia con il digitale che con la pellicola.
Cos’è che ha continuato a stimolarti a fare films in tutti questi anni?
È quasi compulsivo direi. Se non creo non sono una persona felice. È come se mi aiutasse ad essere una persona sana di mente. Ho l’impressione che molti film abbiano l’intenzione di dire qualcosa alla gente, sia che si tratti di storie che di informazioni vere. Questo non mi interessa. Voglio solo mostrare le cose alla gente piuttosto che dirle. C’e una magia nel cinema. Filmare la vita per strada è infinitamente affascinante per me. Per me il cinema, in qualche modo, è ciò che rende l’ordinario straordinario.
Carla Cuomo