Dream Palace di Ka Sungmoon è un film drammatico presentato al Busan International Film Festival e in questi giorni al Seoul Independent Film Festival, prodotto e distribuito dalla attivissima Indiestory.
Una conferma della flessibilità alla recitazione di Kim Sun-young (Crash landing on you, Three sisters, Romance is a bonus track), un volto longevo della TV coreana, qui nei panni di una madre che tenta di ritrovare un equilibrio dopo la morte del marito, navigando tra sit-in di protesta e incredibili iniquità.
Dream Palace, la trama
Hye jung (Kim Sun-Young) ha rinunciato una volta per tutte a proseguire la protesta: sceglie di patteggiare con l’azienda in cui il marito è deceduto, vittima di un infortunio sul lavoro. Il gruppo di famigliari delle vittime, fermi in un sit-in che dura da troppo tempo, non la prendono troppo bene e la allontanano.
Con i soldi del patteggiamento, e quindi sulla memoria del marito, Hye Jung riesce ad acquistare un spazioso appartamento nel nuovissimo complesso Dream Palace. Qui si trasferisce assieme al figlio diciottenne (Choi Min-yeong).
Ma la casa dei sogni mostra da subito qualche problemino: le tubature spurgano acqua arrugginita senza sosta perché l’edificio non è abitato da lungo tempo. Per cercare di spingere i responsabili a ripararlo, Hye jung tenta di incentivare la vendita degli appartamenti vuoti, a prezzi ribassati, in cambio di una commissione. Così facendo, si ritrova tutto il vicinato contro, che protesta per un trattamento più equo.
Come se non bastasse, anche la sua più intima amica Su-in (Lee Yoon-ji) si sente tradita e le chiude la porta in faccia incolpandola di ben altro, oltre che di egoismo. Ma Hye-jung ha una dignità di marmo e un’empatia sincera, purtroppo spesso fraintesa.
In memoria del marito
Ad una prima lettura, Dream Palace di Ka Sungmoon racconta di una donna che ha smesso di credere negli altri e ragiona ora più per se stessa. Ma se si scava a fondo nelle intenzioni della protagonista, si troverà una persona sì fallibile, ma coerente fino al midollo. Ciò per cui battaglia e continua ad impegnarsi è la memoria del marito: lei è convinta che lui non sia la causa dell’incidente che ha travolto la vita degli altri colleghi. Passando da una protesta all’altra, si trova quindi a domandarsi come non dubitarne lei stessa, pur rispettando l’opinione altrui. È il punto chiave, e per questo il regista sente di dover regalare integrità al suo personaggio: Hye jung commette errori, ma lascia che gli altri li commettano e si ravvedano, e non fa mai mancare il proprio amore a nessuno.
Ciò che infatti rimane nel cuore è la sensazione duplice di unione e divisione: questi poveri diavoli sono spinti a prendersela l’uno con l’altro nel momento in cui la forza del gruppo viene calpestata dalle grandi industrie. Prima una fabbrica poi un colosso immobiliare. Nessuno tra questi squali ha interesse a rendere la vita degli umili più facile, e sembra assurdo che sia Hye jung a tentare di colmare, a modo suo, le mancanze del sistema.
Come il regista scagiona la protagonista
Il film si riassume con forza nella scena in cui Hye jung si lava con l’acqua arrugginita, o forse insanguinata. Lei, una donna tosta, che si è sporcata di errori e si sciacqua ora il sudore di scelte sofferte. Nel tentativo di salvarsi dal baratro, ha tradito le amicizie e creato un eco di vendetta, che non voleva e non ha mai voluto supportare.
Così, sul finire, sappiamo quanto meno che la sua personale battaglia di coerenza e amore, non è stata vana. Che suo figlio stava tentando a modo suo di mantenere la memoria del padre in vita, di lottare per i legami in cui credeva. Solo che, la disperazione conduce a scelte affrettate e lacrime facili.
La verità è che la ruggine non si ripulisce facilmente, ma il pentimento ci permette di iniziare da capo.