The last time i saw Macao è uno dei titoli che MUBI propone, nel dedicare una parziale retrospettiva al celebre autore portoghese Joao Pedro Rodrigues, di cui è stato possibile vedere recentemente, al Festival di Cannes 75, accolto alla Quinzaine des Réalisateurs, il geniale ed irriverente Fogo fatuo.
The last time i saw Macao – i misteri di una ex colonia che rievoca struggenti ricordi di gioventù
Un uomo di nazionalità portoghese viene richiamato a Macao da un’amica di nome Cindy, che ha bisogno di aiuto, ma che rimane vaga nello spiegare al suo soccorritore i dettagli della minaccia che ella deve affrontare.
Dopo un viaggio in un cargo che gli fornisce occasione per rinverdire i migliori ricordi di un passato trascorso in quella ex colonia portoghese, l’uomo viene avvolto dall’atmosfera misteriosa della metropoli, che affascina e nello stesso tempo inquieta.
Macao appare come una città grigia, con i suoi lineamenti scheletrici e la sua skyline seducente che si contrappone ai quartieri più umili e popolari, in grado di infondere un certo turbamento nell’ uomo.
Costui presto si accorge che la sua amica è letteralmente svanita nel nulla.
Sarà il ritrovamento di un macabro indizio a indurre il nostro viaggiatore a smettere di illudersi ancora di ritrovare in vita la povera Cindy, costringendolo a lasciare con un senso di angoscia e desolazione la terra che un tempo era sinonimo, almeno per lui, di serenità e della spensieratezza dell’adolescenza.
The last time i saw Macao – la recensione
Troppo svilente classificarlo come documentario, ma nel contempo lavoro troppo poco narrato per trasformarsi in un film a soggetto, The last time i saw Macao diviene un lavoro inclassificabile, a livello di genere cinematografico, ma non certo artistico.
Si può definire l’opera come un falso documentario, col quale il regista narra la sua chiamata a Macao, piccola ex colonia portoghese che si affaccia nel Mare Cinese meridionale, per soccorrere l’amico travestito Cindy che gli ha chiesto soccorso.
A lungo andare lo spettatore si rende conto che il personaggio principale s’identifica con lo stesso regista.
La narrazione tutta particolare diviene una sorta di viaggio che si trasforma nell’occasione di ripercorrere un periodo felice di trent’anni prima, la giovinezza in una terra lontana ma per nulla straniera.
Un viaggio che il regista compie filmandosi, identificandosi col protagonista, senza tuttavia riprendere mai interamente i dettagli chiari e definiti del proprio corpo, ma scorgendo fugaci e sparute parti inquadrate in dettagli velocissimi.
Magico e potente nel suo raccontare per immagini le brutalità di una società che ora più che mai ha sviluppato il suo lato animalesco, il film della coppia Rodrigues/Guerra da Mata è innovativo e dirompente, enigmatico ma seducente nelle sue inquadrature incisive e approfondite, che scavano all’interno di una metropoli sovrapposta su se stessa, dove il ceto povero sopravvive in basso mentre quello ricco comanda nelle sfere più alte di una gerarchia fisica ma pure morale.
Il film è stato premiato come Miglior Documentario Internazionale al Torino Film Festival del 2012.