Odete è uno tra i più riusciti melodrammi di Joao Pedro Rodrigues e uno dei film che MUBI ha scelto per celebrare l’arte e lo stile di questo apprezzato e singolare cineasta portoghese, recentemente apparso al Festival di Cannes, dove il suo bizzarro ed esilarante Fogo fatuo, ha ottenuto applausi e consensi alla Quinzaine des Réalisateurs.
Odete – il desiderio di una madre mancata
Odete è una bellissima ragazza che lavora come commessa pattinatrice presso un ipermercato di Lisbona. Da tempo desiderosa di diventare madre, la giovane finisce per essere abbandonata proprio per questo motivo dal suo ragazzo, Alberto, giovane e prestante bulletto del quartiere.
Distrutta e angosciata, sola e dimenticata dal mondo, Odete trova conforto e una nuova famiglia presso i vicini di casa, funestati dalla morte per incidente stradale del giovane figlio ventenne.
Partecipando alle esequie del ragazzo, Odete finisce per identificarsi in quel lutto, forse per allontanare le sua angoscia: scopre che Pedro aveva un fidanzato, Rui, che lo amava alla follia, certamente ricambiato. Fa credere così alla madre del defunto di essere incinta di lui, e la convinzione è così forte che una gravidanza isterica le causa un ingrossamento del ventre come una vera partoriente.
Nel frattempo la ragazza cerca di far incrociare la sua strada con quella del fidanzato di Pedro, che invece, disperato, l’ allontana e cerca persino di suicidarsi, tanta è la sua disperazione.
Infine Odete, resasi conto del fallimento dei suoi propositi di maternità, decide che il modo migliore per onorare il defunto è identificarsi con lui, e per questo cerca di assumerne le sembianze indossando i suoi vestiti, optando per un taglio di capelli maschili, e cercando nuovamente di far breccia sul fidanzato di Pedro.
Alla fine, infatti, forse perché la vita può cercare di andare avanti anche con la forza di un semplice ricordo, forse perché la solitudine è spesso il peggior nemico dell’essere vivente, tra i due giovani nascerà davvero una passione. Forse estremamente innaturale, ma senza dubbio accesa, reale e foriera di nuova linfa, in nome di quel Pedro che diviene così importante e decisivo come un dio vivente, un totem da adorare per l’eternità.
Odete – la recensione
Dopo i clamori e lo scandalo suscitato nel 2000 con “O fantasma” (2000), Joao Pedro Rodrigues presenta nel 2005 alla Quinzaine di Cannes questo bellissimo e controverso melodramma. Anch’esso come il precedente (e pure come il successivo e splendido To die like a man) storia drammatica e passionale di solitudini, di abbandoni improvvisi, di tentativi strenui e coraggiosi di trovare un motivo vero per andare avanti, di costruire una storia d’amore impossibile (con un ragazzo morto in seguito a un incidente) che torni a illuminare una strada buia, un sentiero oscuro dal quale si fatica a trovare anche solo la speranza di una via d’uscita.
Un melodramma esagerato e coloratissimo, ritmato da musiche scatenate da disco che si alternano con un efficace contrasto alla romantica e sdolcinata Moon River di Henry Mancini presa direttamente da Colazione da Tiffany, il film di Rodrigues trova nella contraddizione di situazioni e vicende al limite del grottesco il suo punto di forza e la sua genialità.
Per chi non ha visto il film, Odete potrebbe sembrare la sosia della dimessa e campagnola Rosetta dei Dardenne. Invece, il regista portoghese ci presenta, nei panni (pochi e spesso aderenti) della commessa protagonista del melò, una splendida fanciulla col fisico da top model e il viso accigliato da bambina capricciosa. Il tutto interpretato dalla splendida (e pure brava) Ana Cristina De Oliveira.
Odete è inoltre certamente la storia di una donna. Ma poi alla fine tutto ruota intorno alla vera storia d’amore, cioè quella del defunto Pedro col suo amato Rui: un’ incandescente storia d’amore omosessuale che a suo modo, con tutte le bizzarrie del caso, prosegue pure al di là della morte, con uno stratagemma che verrà svelato nello spiazzante finale estremo e provocatorio.
Odete infatti è una storia di donna che ha come contorno uomini, ragazzi, corpi maschili ripresi ed esaltati nella bellezza dei migliori anni giovanili.
Contorni che diventano sempre più nitidi nella sensualità di un’androginia che finisce per essere la chiave e la soluzione di tutte le pene d’amore.