Al 52esimo Giffoni Film Festival arriva un ospite molto speciale, non solo per l’esperienza che ha sulle spalle, ma anche per aver segnato, una volta e per sempre, l’immaginario di milioni di ragazzi in tutto il mondo: Gary Oldman. L’attore originario di Londra, noto e amato per il ruolo di Sirius Black in ben quattro film della saga di Harry Potter, sbarca per la prima volta in Cittadella ed è qualcosa di indimenticabile.
Gary Oldman danza sulle note del Valzer a Giffoni
Tra fan accorsi da ogni parte d’Italia e giurati provenienti da tutto il mondo, il calore, l’energia e l’affetto riservati a Oldman resteranno per sempre nella storia della manifestazione campana. Così come lo resteranno la commozione e la partecipazione dello stesso artista, che ha danzato sulle note del Valzer n.2 di Šostakovič e si è raccontato a cuore aperto.
«Prima o poi andrò in pensione, ma adesso sono emozionato di rispondere alle vostre domande e di darvi un po’ della mia esperienza».
La prima domanda rivolta a Oldman riguarda qualcosa di personale: a sette anni, il padre lascia la famiglia e il figlio, causando in lui un senso dell’abbandono imperituro. «A quell’età ci si domanda “se mi avesse davvero amato sarebbe rimasto?”. Ecco io ho usato quella perdita nel mio lavoro. Ai tempi di Dracula, Coppola mi chiese di piangere, o meglio di inondare il palco di lacrime. Per generare quel tipo di emozione, ho utilizzato la perdita di mio padre. Ma per essere un attore che ha metodo, bisogna unire queste esperienze con l’immaginazione».
La passione per la recitazione e i consigli agli aspiranti attori
Ma come è nata la passione di Oldman per la recitazione? Semplice, attraverso due esperienze ben distinte e riconducibili all’età dell’infanzia. «Ho due sorelle più grandi di me, che mi portavano al cinema. Il mio primo film è stato Tutti per uno (A Hard Day’s Night), di cui conoscevo a memoria le canzoni. Ero un fanatico e sono ancora un grandissimo fan. Sono cresciuto con i film, ma la prima volta che sono andato a teatro è stato assolutamente magico.
Poi un giorno, in uno spot alla tv ho visto Malcolm McDowell, e quando ho visto la sua performance nel film ho pensato “è questo quello che voglio fare nella vita”.
Mi ha cambiato la vita. Mi ha dato un obiettivo, un sogno. L’ho anche incontrato e siamo diventati amici.
Vi faccio una piccola confidenza: mi sono sempre preoccupato di cosa le persone pensassero di me se non le compiacevo. La recitazione per me è diventata uno scudo, mi ha fatto sentire sicuro di me stesso. Il mio consiglio è quello di ascoltare le critiche costruttive, non aver paura di dire sì, ma imparare anche a dire no. E fatevi una bella pelle dura».
La pensione si avvicina?
«Quando sei giovane hai tanto fuoco dentro, l’immaginazione, la mente aperta, le ambizioni. Quando si invecchia, si rallenta, si guarda ad altre cose. Io ho 64 anni – spiega a chi gli chiede di un possibile (e da tutti temuto) ritiro dalle scene – e mi godo il risveglio nel mio letto, la mia famiglia, i miei cani».
Tra i prossimi titoli che lo vedranno coinvolto ci sono la seconda stagione della serie Apple, Slow Horses, e la partecipazione al nuovo atteso lavoro di Christopher Nolan, Oppenheimer.
Riguardo alla scelta dei ruoli e dei progetti, ci tiene a sottolineare l’importanza della scrittura. «Quella è la mappa, il GPS che segui. L’immaginazione ti aiuta a entrare nel personaggio, la buona scrittura ti permette di raggiungerlo».
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.