‘Paris 05:59’: Théo & Hugo uniti dalla passione e dall’ansia del contagio
Sono giovani e belli, e si incontrano in un sex club parigino, ove capiscono che non c'è spazio per altri intrusi fuori di loro. Poi il dubbio atroce attanaglia il ragazzo sieropositivo, dopo un incauto atteggiamento da parte dell'altro, più ingenuo. Una notte per capire, poche drammatiche ore per costruire una storia vera.
Nella serie di opere che MUBI rende visibili nell’ambito della rassegna dal titolo “Pride Unprejudiced: LGBTQ+ Cinema“, figura questo straordinario e toccante film intitolato Paris 05:59, diretto a quattro mani dai registi francesi Ducastel e Martineau, e ambientato in tempo reale durante una notte, lungo la quale due ragazzi si conoscono, si amano, e cercano di scongiurare un pericolo in agguato che uno di loro avrebbe potuto arrecare involontariamente all’altro.
Paris 05:59 – la trama
Théo et Hugo dans le meme bateau, titolo originale di Paris 05:59, si potrebbe tradurre, letteralmente, come Théo & Hugo nella stessa barca.
Una traduzione che sta ad intendere “coinvolti in uno stesso problema”.
Questo problema o dilemma che assilla uno dei due ragazzi, è anche il fulcro del lungometraggio dei registi francesi Ducastel e Martineau, noti pure da noi per film interessanti come Questa casa non è un albergo e di La strada di Felix.
Il banale titolo di rimpiazzo (Paris 05:58, appunto), di fruizione internazionale, fa riferimento all’ultimo minuto del primo giorno che segna l’incontro, in un sex club gay, di due ragazzi, ritrovatisi magneticamente attratti durante una serata “naked” dedicata al sesso sfrenato, e scandita con una certa coerenza da una musica forsennata che batte un ritmo incessante, e segna un percorso fatto di contatti ed intrecci quasi inestricabili, di carnalità esibite tra luci fluorescenti e impeti irrefrenabili.
La Parigi notturna e delle prime luci dell’alba è invece lo sfondo perenne, ma discreto, fatto di stradine deserte e viali delle ultime auto che ancora si attardano: una mappa percorsa a piedi o in bicicletta, che disegna e costruisce il tragitto, tra il romantico e il drammatico, a caratterizzare alcune ore che precedono il giorno di questi due ragazzi, Theo e Hugo.
Che, dopo lo svago dentro il locale, scoprendosi attratti oltre il semplice ed effimero sfogo fisico, si danno appuntamento fuori per strada.
Il dialogo gioviale tra loro lascia improvvisamente il posto al dramma e alla ricerca concitata di un pronto soccorso, non appena uno dei due sa che l’altro non ha usato precauzioni nel fare sesso: essendo il primo sieropositivo, ma dando per scontato che in un locale del genere tutti, compreso l’ingenuo amico, si cautelassero, al giovane viene l’ansia e un attanagliante senso di colpa per il dubbio di aver contagiato il nuovo amico.
Costui invece, sulle prime, appare quasi incredulo, poco allarmato; poi poco per volta pure lui comprende che conviene farsi visitare ed accetta di farsi portare in un centro prelievi aperto anche di notte, per sottoporsi a una visita.
L’occasione, drammatica, ma anche propedeutica alla costruzione di un rapporto che rafforza la sincerità e favorisce totale apertura, sarà il presupposto per tracciare le linee guida di una nuova coppia, disposta a vivere già dalle sue prime ore di vita, una passione che pare andare oltre ogni dubbio e ogni paura.
Paris 05:59 – la recensione
Ducastel e il collega Martineau, nel loro concitato Paris 05:59, ci immergono con violenza in una lunga, interminabile e deliberatamente assordante scena di sesso nel sex club, tra le viscere (e la carne, pulsante e fremente, esibita in abbondanza senza inutili pudori, ma anzi senza lasciare nulla, ma proprio nulla, da intendere o sottintendere) di quello che pare un luogo di perdizione e di vizio.
Un luogo che invece si rivela, incredibilmente, l’epicentro di una storia d’amore tenera e quasi romantica, che rifugge la codardia e si apre alla sincerità di un rapporto di coppia che nasce puro e genuino, grazie alla drammaticità del dettaglio di fondo.
La regia segue e quasi incalza i protagonisti, fissa i loro volti che appaiono puri e quasi iconici nel momento in cui la passione sfrenata lascia il posto al sentimento e al raziocinio.
Quando ormai i corpi aggrovigliati dal piacere, qui resi come spiriti satanici dalle luci rosse soffuse del locale che ne scavano i connotati conferendo a ogni individuo un aspetto sinistro ma anche scultoreo, sono ormai un ricordo lontano e impreciso, incompleto.
Si tratta solo di un piccolo particolare scenografico di un’intesa che si rivela ben più complessa e stimolante, mentre la musica forsennata batte un ritmo incessante che cadenza un percorso fatto di contatti ed intrecci quasi inestricabili.
Pur con i divieti ai minori, inevitabili, dovuti alle scene esplicite della prima parte, il film, che nel suo scorrere quasi in tempo reale dei minuti condivisi dai due protagonisti, ricorda lo stile realistico, scientemente verboso e sottilmente appassionante del Linklater di Prima dell’alba (e/o del tramonto) si è poi rivelato un piccolo caso sulla irresistibile scia dell’altrettanto controverso ed appassionante Lo sconosciuto del lago, risalente solo poco tempo prima.
Un film che arriva ai titoli di coda, lasciandoci deliberatamente tutti i dubbi sugli interrogativi che hanno animato e dilaniato le prime ore mattutine dei due protagonisti, senza tuttavia lasciarci alcuna sorta di incertezza sulla eventualità che due anime perfettamente compatibili possano essere riuscite a suggellare un incontro destinato a durare.
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