È il regista stesso, Im Sang-soo a presentare il suo film, Heaven: to the land of happiness, alla ventesima edizione del Korea Film Fest di Firenze. Un film che parla di morte, ispirato alle perdite subite da Im Sang-soo, ma, nonostante ciò, un film anche spensierato.
Già presentato al Festival di Cannes 2020, Heaven: to the land of happiness abbraccia e fa sorridere il pubblico nella serata inaugurale.
La sinossi di Heaven: to the land of happiness
A causa della sua malattia, Nam-sik ha disperatamente bisogno delle medicine, ma non può permettersele. Per continuare a vivere sceglie di girare da un ospedale all’altro, rubando le medicine dopo il lavoro. Nel frattempo 203, un uomo in prigione per appropriazione indebita che soffre di dolorosi mal di testa e convulsioni, va all’ospedale per un controllo medico. Dopo aver saputo che ha solo due settimane di vita, 203 scappa e Nam-sik si unisce a lui in un inaspettato viaggio. (Fonte: Korea Film Fest)
Una corsa contro il tempo e contro la morte
Provare a sfidare il proprio destino. O almeno renderlo meno drammatico di quello che è già. Questo è ciò che provano a fare i due protagonisti di Heaven: to the land of happiness. Soprattutto 203, che non ha letteralmente niente da perdere. Si prefigge un solo e unico obiettivo da portare a compimento prima che sia troppo tardi, prima che debba tagliare il traguardo della vita terrena. Un obiettivo che, per certi versi, lo fa diventare quasi un supereroe. Contro tutto e contro tutti lotta, si dimena, corre, pur nella sua umana fragilità. L’incombente presenza della morte lo accompagna e, con lui, anche l’altro protagonista e tutto il pubblico, come una bomba a orologeria. Ma non basta a fermarlo. Sono solo un paio i brevi momenti di crisi, dai quali riesce a rialzarsi con più energia di prima.
Due personaggi agli antipodi in Heaven: to the land of happiness
203 e Nam-Sik sono così diversi, ma anche così uguali. Lo stesso 203 lo afferma, rivolgendosi a quello che è diventato a tutti gli effetti il suo nuovo partner in crime. «Non ti avrei nemmeno rivolto la parola se non fossi finito lì dentro». Carattere, atteggiamento e modo di fare agli antipodi. Ma, nel corso del tempo e della loro strampalata avventura, arrivano ad acquisire la stessa grinta, la stessa energia e lo stesso coraggio. Cominciano a vedere il mondo allo stesso modo e a reagire alle prove imposte in maniera praticamente identica, anche nell’essere spericolati oltre modo. Perché, come ci ricordano,
la vita è un maledetto film noir.
Tra risate e mezze verità
Di questa storia colpisce il modo in cui viene raccontata. Il tema principale è prettamente drammatico. La morte la fa da padrona. Ma i due protagonisti (e anche e soprattutto i personaggi secondari) riescono a far vivere tutto in maniera giocosa. C’è sì l’adrenalina, ci sono le corse e gli inseguimenti che tengono incollati allo schermo, ma anche molte situazioni davvero divertenti, quasi al limite dell’assurdo. Ed è questo a convincere di Heaven: to the land of happiness. Oltre a momenti più precisi e attenti dal punto di vista tecnico. 203 è quasi sempre imprigionato, sia nel suo essere un fuorilegge in fuga, sia metaforicamente. È come se non riuscisse mai a uscire veramente dalla sua vita e a liberarsi dei pesi che si porta dietro. Lo si vede chiaramente in diversi momenti in cui è inquadrato dall’alto e un ostacolo si frappone alla sua immagine. A questi momenti fanno da contraltare un paio di episodi significativi. Tra questi, la fuga sulla macchina decappottabile che mostra, forse per la prima volta, un uomo vero e fragile che guarda il mondo con occhi diversi.
Quegli stessi occhi con i quali noi dobbiamo guardare questo film.
Il trailer di Heaven: to the land of happiness
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