“L’alba del pianeta delle scimmie” rappresenta uno dei pochi esempi validi di riproposizione filmica, nella triste epoca dominata da inutili sequel e reboot, perché lavorata con intelligenza e motivazione.
Ci aveva già provato, a dire il vero senza riscuotere buoni consensi anche Tim Burton, che nel 2001 prese il timone del remake del film di Franklin J. Schaffner (Il pianeta delle scimmie, 1968) portando nelle sale un insipido Planet of the Apes che, pur rinfrescando e arricchendo l’originale dal punto di vista estetico, non se ne distaccava abbastanza da risultare utile, tantomeno indispensabile.
Ci riprova a distanza di dieci anni Rupert Wyatt (The Escapist, 2008) che con il suo L’alba del pianeta delle scimmie tenta il difficile compito di azzerare quanto già visto nella saga originale, per ritornare al principio di tutto. Un incipit vero e proprio, a dover di cronaca, nei capitoli che vanno dall’originale di Schaffner al conclusivo Anno 2670 – Ultimo atto(Jack Lee Thompson, 1973), non si era mai avuto. Notizie di una probabile auto-distruzione della civiltà umana, dovuta ad una guerra nucleare, con una successiva regressione degli uomini sopravvissuti a livello primitivo ed un’innaturale evoluzione degli altri primati, che in poco tempo sarebbero diventati i dominatori del pianeta, avevano fatto capolino all’interno dei vari capitoli, ma Wyatt arriva per annullare il già detto, per attualizzare la storia della disfatta umana a favore della conquista del potere dei primati, per fornire spiegazioni che possano rimettere in circolo il già visto, ma guardandolo sotto una luce differente, magari preparando un nuovo possibile evolversi narrativo.
Will Rodman (James Franco) è un giovane ricercatore impiegato in uno studio all’avanguardia, per sperimentare su alcuni esemplari di scimpanzé una possibile cura per l’Alzheimer.
Il giovane scienziato arriva ad elaborare un siero, l’Alz-112, che in breve tempo pare accrescere enormemente le facoltà cognitive di una delle cavie. Ancora imperfetto, però, il siero rende lo scimpanzé anche più instabile e caratterialmente aggressivo, proprio per questo motivo le ricerche di Rodman vengono bloccate. Nello smantellare lo studio, però, lo scienziato decide di mantenere l’assoluto riserbo riguardo la nascita di un cucciolo, figlio dello scimpanzé su cui era stato testato l’Alz-112, e di nasconderlo per un breve periodo nella propria casa.
Il cucciolo, battezzato Cesare (Andy Serkis) inizia da subito a mostrarsi molto più attivo e intelligente di quanto dovrebbe, e ad acquisire giorno per giorno cognizione e conoscenze ben superiori a quelle normali per un primate. Intuendo che questi potrebbero essere i probabili segni dovuti alla trasmissione madre-figlio degli effetti del siero, Will decide di iniettarlo anche al suo anziano genitore, malato di Alzheimer. Anche lui dimostrerà una guarigione rapida quanto stupefacente che, però, regredirà in maniera preoccupante con il passare degli anni. Proprio per aver salvato il vecchio infermo dalla furia di un vicino di casa, Cesare sarà dichiarato pericoloso per il vicinato e Will sarà costretto a rinchiuderlo all’interno di una struttura privata abitata da altri primati.
Questo abbandono, sommato ai modi tutt’altro che gentili dei gestori del penitenziario per scimmie, porterà Cesare a maturare la sua voglia di vendetta: “L’evoluzione diventa rivoluzione”.
Le delusioni che il genere umano ha puntualmente regalato a Cesare sono per lui palese segno di una superiorità non meritata. Impossessatosi di alcune fiale del Alz-112, lo scimpanzé inizierà il suo cammino di rivolta, affiancato da un esercito di primati “chimicamente evoluti”.
Per la prima volta nella storia della saga, le scimmie protagoniste del film non sono uomini travestiti: i mascheroni da scimpanzé, gorilla e oranghi (che rappresentavano iconograficamente i vari livelli della società dei primati: scienziati, guerrieri e politici), ormai divenuti cult assieme alla saga cinematografica, vengono abbandonati in favore della più moderna tecnica della motion performance (evoluzione del motion capture) realizzata dallo staff della Weta Digital (di Avatar, 2009, per intenderci) sulle interpretazioni attoriali, per il primate protagonista, di Serkis, veterano in materia dopo aver interpretato il Gollum della trilogia de Il signore degli anelli(Peter Jackson, 2001), ed il primato molto meno “umanizzato” nel King Kong del 2005 (sempre di Jackson, e sempre con l’ausilio digitale di Weta).
L’alba del pianeta delle scimmierappresenta uno dei pochi esempi validi di riproposizione filmica, nella triste epoca dominata da inutili sequel e reboot, perché lavorata con intelligenza e motivazione. Uno dei pochi fari isolati, a far compagnia al remake di Halloween di Rob Zombie (Halloween – The Beginning, 2007), e a davvero pochi altri.
Agli appassionati sarà già balzato in mente che uno scimpanzé di nome Cesare era già protagonista dei capitoli 1999 – Conquista della Terrae Anno 2670 – Ultimo atto(1972 e 1973, entrambi per la regia di Jack Lee Thompson). Inutile dire che da reboot ben lavorato, questo non è l’unico rimando alla saga delle scimmie.
Finale aperto: con un’“alba” così, si prospetta una bella giornata.
Luca Ruocco
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