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#BIGFF: Lola vers la mer, opera seconda di Laurent Micheli

Presentato al Bari International Gender Film Festival, Lola vers la mer è una splendida opera seconda, sviluppata in forma di on the road e ricca di importanti tematiche.

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Presentato al Bari International Gender Film Festival 2020, Lola vers la mer di Laurent Micheli è una delle migliori opere in tema giunte sino a noi. Non a caso è passata anche per Alice nella città, durante la 14esima edizione della Festa del Cinema, e si è aggiudicata un Premio Magritte per la migliore promessa femminile.

Mya Bollaers, prima donna transgender a ricevere un simile riconoscimento, veste i panni di Lola, diciottenne nata nel corpo di ragazzo e prossima all’operazione per divenire ragazza a tutti gli effetti. Quando la mamma, in seguito a una lunga malattia, viene a mancare, Lola dovrà affrontare il confronto con il padre, Philippe (Benoît Magimel), che anni prima l’aveva cacciata di casa.

Lola vers la mer | Un on the road di grande sensibilità e dallo stile impattante

La seconda prova dietro la macchina da presa del belga Micheli, dopo l’inedito (in Italia) Even lovers get the Blues, è un on the road di grande sostanza e sensibilità.

Mamma, ho sempre pensato che con te fosse tutto possibile.

La gamma di colori che caratterizza la pellicola funge da specchio degli stati d’animo: si passa dal rosa e giallo dell’apertura, con Lola che si gode la libertà e l’ebbrezza sul suo skateboard, al rosso scuro di una vernice sul parabrezza che impedisce di guardare oltre, come accade al padre con la figlia. Gli esempi sono numerosissimi, andando a delineare uno stile piuttosto impattante, fatto di vere e proprie epifanie.

Lo sguardo del regista si posa sui dettagli, esaltandone alcuni e giocando con altri. Il risultato è spesso vicino alla pura poesia. L’utilizzo del ralenti sui titoli di testa accarezza i movimenti della protagonista, la cui energia comincia subito ad emergere. Un unicorno campeggia sulla tavola dello skate, ma solo sul finale ne capiremo il significato più profondo, sebbene tutti possiamo ben intuire cosa simboleggi la fantastica creatura.

Tra ricordi e sensi di colpa

Lola vive del ricordo di una famiglia felice, inevitabilmente spezzata dalle sue necessità, motivo per cui il senso di colpa interviene a caricarla di un fardello che non merita.

Il riavvicinamento al padre non fa che peggiorare la situazione. Ma lo scontro è necessario, per entrambi. Nel corso del viaggio che decideranno di intraprendere, loro malgrado, il veleno sputatosi addosso sarà tanto e doloroso.

Lola è spigolosa, Philippe è inamovibile. Il pensiero della madre riesce a fare da collante in alcune circostanze, ma non sempre. I motivi per infuriarsi l’uno con l’altro risultano troppi e troppo importanti per non dargli peso.

L’affetto dell’uno per l’altro riemergerà così lentamente e gradualmente che non ci saranno mai gesti plateali, e l’unico vero grande slancio verrà riservato a un finale non propriamente “felice”.

Nessun “happy end” ma tante emozioni

In fondo di felice nella vita di Lola c’è stato poco, come appare evidente anche dai flashback che riguardano la sua infanzia. Lunica occasione che aveva si è persa crescendo. Il dolore (psicologico prima che fisico) è stato una costante della sua esistenza, costretta a vivere in un corpo che non sentiva suo.

L’importante nella vita è quello che pensiamo noi, non gli altri.

L’elaborazione del lutto assume allora una duplice valenza: l’addio a una persona cara corrisponde anche a quello verso il proprio aspetto, con tutte le conseguenze del caso. E quando si ha a che fare con una perdita simile, non è affatto facile farci i conti. Non lo è per Lola, non lo è per Philippe.

Un’ultima lode va alle musiche, all’utilizzo – per cui la madre sembra parlare al marito e alla figlia tramite il suo iPod – e alle scelte, con l’inconfondibile voce di Antony and the Johnsons a fare da bussola emotiva.

*Salve sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.

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