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Sono il numero quattro

“Per la produzione di Michael Bay, D. J. Caruso costruisce il suo terzo lungometraggio concepito sotto il marchio spielberghiano Dreamworks”

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Affiancato dal suo guardiano Henri (Timothy Olyphant), il giovane John Smith (Alex Pettyfer) è costretto a cambiare costantemente città ed identità in quanto, dotato di straordinari poteri, è il quarto individuo che un gruppetto di crudeli nemici, già responsabili di tre morti, vorrebbero annientare.

Per la produzione di Michael Bay, regista di Pearl Harbor (2001) e Transformers (2007), è su questa esile idea di partenza che D. J. Caruso costruisce il suo terzo lungometraggio concepito sotto il marchio spielberghiano Dreamworks, dopo il thriller Disturbia (2007) e l’action-movie Eagle eye (2008).

Esile idea di partenza che, proveniente in realtà da un best-seller del New York Times di Pittacus Lore (ovvero Jobie Hughes e James Frey), finisce per concentrarsi in una piccola città dell’Ohio, dove John, oltre ad incontrare Sarah (Dianna Agron), suo primo amore, scopre nuove potenti capacità e fa conoscenza con altri che condividono il suo destino.

Ma, se in un primo momento l’aria che si respira ricorda non poco quella di certi prodotti di genere per ragazzi sfornati negli anni Ottanta, ben presto torna purtroppo alla memoria il mediocre The covenant (2006) di Renny Harlin, anch’esso incentrato su alcuni studenti dotati di poteri speciali.

Quindi, quella che scorre dinanzi ai nostri occhi, tra raggi luminosi e fiamme, altro non è che una lunga fanta-storia di taglio fumettistico le cui fattezze, nonostante il notevole sfoggio di effetti visivi, sembrano più quelle di uno straight to video che di una grossa produzione concepita per il grande schermo.

Ed è chiaro che, in mezzo a mostruose creature digitali e ridicoli cattivi, a mancare sia proprio una certa originalità, tanto che ci si annoia parecchio durante la visione. Nonostante la notevole presenza di sequenze d’azione.

Francesco Lomuscio

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