Oggi 14 Dicembre 2019, Abel Ferrara, regista, sceneggiatore e attore americano con origini italiane, terrà una Masterclass alla XVIII edizione del FCP, ovvero Festival del Cinema di Porretta Terme; in attesa del suo arrivo e della premiazione del Concorso Fuori dal Giro, abbiamo visto piccoli-grandi film, fra cui Tony Driver di Ascanio Petrini, presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia 76 nella Settimana della Critica.
Tony Driver di Ascanio Petrini, una vasta co-produzione
Con la fotografia di Mario Bucci, il montaggio di Benedetta Marchiori, le musiche di Francesco Cerasi, il suono di Filippo Restelli e Vincenzo Santo, il film è interpretato da Pasquale Donatone alias Tony Driver.
Prodotto da Marco Alessi, Giulia Achilli e Dugong Films con la co-produzione di Helmut Dosantos, Fulgura Frango, Lucia Ferrante, Ascanio Petrini, Rabid Film con il contributo del MiBAC e di Apulia Film Commission, distribuito in Italia da Wanted, il film ripercorre le vicende di Pasquale e la sua condizione di italiano che, dopo aver vissuto oltre 40 anni in America, non riesce più ad adattarsi al suo paese d’origine dove viene deportato a seguito di reati commessi in America.
La storia di Pasquale
Petrini ha scovato Pasquale a Polignano a mare e incuriosito dalla sua storia ha deciso di realizzare un’opera ibrida a metà strada fra il documentario e la finzione dove l’attore protagonista è il personaggio reale che racconta di essere emigrato negli anni ’70, all’età di nove anni, in America insieme ai genitori e di essere cresciuto con gli usi e i costumi di questa terra. Modo di vestire, modo di mangiare, modo di parlare.
Qui ha conosciuto anche la moglie Susan e si è inserito con il lavoro facendo il tassista di professione e accettando anche di trasportare migranti illegali in USA attraverso la frontiera messicana.
A causa di questo e di altri reati legati alla droga, viene arrestato e di fronte alla scelta fra il carcere o la deportazione in Italia sceglie la seconda strada e cerca di ricostruirsi una vita fra le grotte e le spiagge di Polignano a Mare in Puglia. Pur non avendo mai chiesto la cittadinanza americana Pasquale è americano a tutti gli effetti, ne è la prova tangibile il suo pensare in in inglese anche mentre si trova in Italia, dove non riesce ad ambientarsi e sente questa terra stretta e priva di futuro e sogni.
Quale patria?
Il suo costante desiderio è tornare in America, riconquistare la moglie Susan e ritrovare i figli.
E qui sorge spontanea la domanda se la patria sia più quella dove si nasce o quella dove si è cresciuti e dove si sono vissuti momenti indimenticabili della propria vita.
Seguendo le vicende di Pasquale, di cui il regista ci mostra le caratteristiche principali filmandolo nel suo ritorno in America, attraverso primi piani, riprese di quinta, mezzi piani, inquadrandolo spesso dentro finestre e pertugi che lo mostrano nella sua totalità, la risposta che emerge è molto netta.
Ma la scoperta maggiore è constatare che Pasquale buca lo schermo e nella sua semplicità riesce a essere un grande personaggio che vive tutte le contraddizioni dell’emigrato e non rinuncia al suo sogno del ritorno.
Dagli spazi immensi dell’America mostrati fin dalle prime sequenze dal regista a un racconto che sovrappone i luoghi attraverso i ricordi per immagini, Pasquale racconta il suo arresto e lo fa senza drammi, senza rimpianti, ma con la certezza di voler attraversare il muro dove accompagnava altri a farlo quando era tassista.
L’amore è vita
Fantastica la scena finale dove una voce fuori campo, mentre lui sta correndo verso il muro che separa il Messico dall’America, canta: “Ricordati che non si vive senza amore. L’amore è vita”.