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The field guide to evil: otto episodi per una visione globale dell’orrore tramandato nei secoli

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Con il trailer quale contenuto speciale e un booklet incluso nella confezione, Koch Media rende disponibile in limited edition blu-ray, all’interno della propria collana Midnight Factory, The field guide to evil, ovvero un’antologia cinematografica datata 2018 costituita da otto episodi diretti da nove registi provenienti da diverse parti del mondo.

Un’antologia cinematografica che, esplorando il lato più cupo del folklore, mira a concretizzare in fotogrammi una visione quasi globale dell’orrore tramandato nei secoli, sotto la produzione degli stessi Ant Timpson e Tim League artefici dei progetti collettivi ABCs of death e ABCs of death 2.

Un’antologia cinematografica destinata ad aprire sotto la regia degli austriaci Severin Fiala e Veronika Franz occupatisi nel 2014 dello sconvolgente Goodnight mommy, i quali, partendo dalla figura del Trud, che, nato dalla colpa e dalla paura, la leggenda vuole in grado di percorrere enormi distanze al fine di raggiungere la propria vittima durante la notte e privarla del respiro, tirano in ballo una giovane abbandonatasi ad effusioni saffiche con un’amica, sebbene la madre l’avesse avvisata di non commettere peccato.

Un racconto dai dialoghi ridotti al minimo e che lascia avvertire una certa influenza dal J-Horror (il filone dei film di paura giapponesi); come anche il successivo, che, diretto dal turco Can Evrenol, autore di Baskin: La porta dell’inferno, sfocia nella cruda e sanguinosa uccisione di una capra dopo aver introdotto una ragazza incinta impegnata ad accudire la mamma malata e averci portato a conoscenza di Karisi, demone del parto.

Prima che si passi ai bluastri toni freddi che la polacca Agnieszka Smoczynska dispensa in un segmento a base di cannibalismo su cadaveri dovuto alla promessa di saggezza e poteri fatta ad un individuo una volta che costui avrà mangiato il cuore di tre defunti.

Segmento in seguito al quale abbiamo l’unico americano del mucchio, che, firmato da Calvin Reeder e maggiormente consono alla classica narrazione d’intrattenimento da schermo occidentale, sembra attingere a suo modo dalla fantascienza made in USA degli anni Cinquanta nel mostrare il violento incontro nei boschi tra una famiglia e creature aliene dai connotati di bambini caratterizzati da enormi crani.

E, se il greco Yannis Veslemes – attivo soprattutto come compositore di colonne sonore – rispolvera in maniera visionaria il kallikantzaros, mostruosità che si attiva malvagiamente nel periodo dell’anno compreso tra il Natale e l’Epifania, l’indiano Ashim Ahluwalia immerge nel bianco e nero due circensi approdati in un decrepito palazzo in cui, a quanto pare, vive un re pazzo circondato da freaks che potrebbero essere utili per i loro spettacoli.

Chiudono le quasi due ore di visione la tedesca Katrin Gebbe, la quale propone una vicenda di fratello e sorella alle prese nel 1780 con il Drude, spirito che invade le vittime attraverso gli incubi per poi fuoriuscirne e spargere malattie e morte, e l’ungherese Peter Strickland, che attinge dal cinema di Kenneth Anger ma sembra anche risentire dell’Espressionismo nel confezionare un affascinante tassello muto fornito di cartelli esplicativi del dialogo.

Tassello che porta in scena due fratelli calzolai innamorati di una principessa e il maggiore dei quali comincia a manifestare una certa gelosia nei confronti dell’altro… fino al feroce epilogo di The field guide to evil.

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