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Quando l’amore è sensualità ed Eva nera: riscoprendo l’eros tricolore anni Settanta

Segnali dall’universo digitale. Rubrica a cura di Francesco Lomuscio

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Con il trailer nella sezione riservata ai contenuti speciali, CG Entertainment (www.cgentertainment.it) arricchisce la propria collana CineKult riscoprendo su supporto dvd Quando l’amore è sensualità, diretto nel 1973 dal Vittorio De Sisti allora reduce dal decamerotico Fiorina la vacca e in seguito dedicatosi principalmente al piccolo schermo, dopo una breve parentesi nell’ambito della Commedia sexy (suoi sono Lezioni private e La supplente va in città).

Anche conosciuto con il titolo Una ragazza di paese, vede protagonista Agostina Belli nel ruolo della timida e inibita figlia di una contessa sull’orlo del tracollo economico che, interpretata da Françoise Prévost, decide di spingerla nelle braccia di un sanguigno e rozzo commerciante dalle fattezze del Gianni Macchia che i fan di Fernando Di Leo conoscono molto bene per essere stato protagonista di Amarsi male e Brucia ragazzo, brucia.

Un rozzo commerciante che, vedendo che la ragazza – la quale prova una profonda avversione nei suoi confronti – non riesce a concedersi a lui neppure durante la notte di nozze, decide di cercare consolazione dall’astinenza coniugale ricorrendo alle prostitute; mentre, supportata da un viscido parroco incarnato da Umberto Raho, la contessa tenta senza successo di addolcirla verso il rude marito.

Fino al momento in cui, disperata, la sposa fugge a casa della sorella dal volto di Ewa Aulin, ma solo per scoprire che anche lei è vittima di desideri morbosi e promiscui nel corso di quasi un’ora e mezza di visione che, impreziosita da un ricco cast comprendente anche la starlette Femi Benussi e accompagnata da un’ossessiva colonna sonora a firma di Ennio Morricone, si pone a metà strada tra critica sociale e l’erotismo su celluloide – che tanto andava di moda nei primi anni Settanta – per indagare i misteri dell’inibizione sessuale e della sua violenta liberazione.

E non si tratta dell’unica valida riscoperta su supporto digitale operata da CineKult, in quanto viene aggiunto al proprio catalogo anche Eva nera, che il maestro del cinema di genere tricolore Joe D’Amato alias Aristide Massaccesi concepì nel 1976 come variante delle avventure della disinibita reporter Emanuelle nera cui concesse anima e corpo l’indonesiana Laura Gemser.

È infatti sempre lei a (s)vestire i panni della bellezza suggerita dal titolo, figlia di una ballerina e che conosce a Hong Kong due fratelli dai connotati di Gabriele Tinti e del futuro vincitore del premio Oscar Jack Palance, il secondo dei quali estimatore e collezionista di serpenti.

Segnando soltanto l’inizio di un plot ovviamente mirato all’exploitation, a cominciare dall’immagine della Gemser che, danzando con indosso un grosso Mamba, lascia tanto pensare alla Salma Hayek di Dal tramonto all’alba, realizzato diciannove anni più tardi da Robert Rodriguez.

Un plot che rispolvera proprio gli ingredienti tipici delle pellicole incentrate sulla citata Emanuelle nera, dalle situazioni di sesso saffico alle immancabili uccisioni, con tanto di strizzata d’occhio ai mondo movie nel momento in cui un serpente viene macellato e arrostito in diretta.

Man mano che Tinti si rivela sempre più geloso della protagonista, la quale non solo si è nel frattempo stabilita a casa di Palance, che scopre essere suo padre, ma intreccia anche un ambiguo rapporto con la Michele Starck vista nel brassiano Salon Kitty.

All’insegna di una cruda e morbosa vicenda orientaleggiante che, destinata ad approdare a tragici risvolti, si presenta qui accompagnata dal trailer e da quasi ventuno minuti di intervista al regista e al Franco Gaudenzi che produsse non pochi b-movie dell’epoca d’oro del bis italico, da Sollazzevoli storie di mogli gaudenti e mariti penitenti – Decameron n° 69 dello stesso Massaccesi a Non aprite quella porta 3 di Claudio Fragasso.

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