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Taxidrivers Magazine

No End Travelling, un sentito atto d’amore per il cinema di Bernardo Bertolucci

Presentato in anteprima mondiale nella selezione ufficiale di Cannes Classics, e poi, ieri sera, in un MaXXi strapieno, No End Travelling approccia il mito di Bertolucci nel modo che meno ti aspetteresti, con il tono informale di una chiacchierata tra amici

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Deve esserci stato un momento in cui abbiamo cominciato a dare per scontato Bernardo Bertolucci. Perché, ogni volta che un autore assurge, nella percezione popolare, al ruolo di “mostro sacro”, il rischio è, in qualche modo, di normalizzare formalmente uno status tutt’altro che normale. In altre parole di non dare il giusto peso a chi, ventinovenne – età nella quale in genere, quando tutto va bene, lo stile di un autore è in fase ancora embrionale – ha girato un capolavoro come Il conformista, utilizzato da Francis Ford Coppola come base – di natura soprattutto estetica – per il suo Il padrino. E, qualora questo fosse vero, e noi avessimo realmente relegato Bertolucci alla sfera dei maestri – insieme a Rossellini, Fellini e Visconti – senza preoccuparci di ricordare quanto più spesso possibile perché, e soprattutto in cosa, Bertolucci sia da considerare oggettivamente un maestro, l’affettuoso e intimo documentario dedicato – anche se sarebbe più corretto dire regalato – da Mario Sesti al regista di Novecento e de Il tè nel deserto rappresenta un doveroso promemoria, utile a ribadire la centralità della sua idea di cinema e, più in generale, la grandezza che emerge prepotente da ogni singolo fotogramma di qualsiasi suo film.

Per non parlare, poi, della modernità di chi, pur abitando pienamente il proprio tempo, è riuscito ad eluderne con grazia i segni più connotanti, affidando la propria opera direttamente al mito. Presentato in anteprima mondiale nella selezione ufficiale di Cannes Classics, e poi, ieri sera, in un MaXXi strapieno, No End Travelling quel mito lo approccia nel modo che meno ti aspetteresti, con il tono informale di una chiacchierata tra amici. Perché la semplicità con la quale Bertolucci snocciola una serie di imperdibili aneddoti che, saltando di decennio in decennio senza soluzione di continuità, ne coprono l’intera carriera, è quella di un vecchio amico che, davanti a un bicchiere di vino (il vino in realtà non c’è ma la conversazione avviene nella casa trasteverina di Bertolucci) ti racconta di quando vomitò delle ostriche sul suo mito Jean-Luc Godard o di quando, nell’atto di ricevere il nono Oscar consecutivo per L’ultimo imperatore, gelò il pubblico del Dorothy Chandler Pavilion definendo Los Angeles “the big nipple”, il grande capezzolo.

No End Travelling è, in definitiva, uno dei più sentiti atti d’amore verso il cinema visti negli ultimi anni, girato da un regista – Sesti – che, in quanto critico cinematografico, ha fatto dell’amore per il cinema il proprio lavoro, insieme a un altro regista – Bertolucci – innamorato di quel cinema definito da lui stesso “la ripetizione di quel gesto criminale del bambino che spia nella camera da letto dei genitori”, al punto da chiudere il film-intervista parlando di sé semplicemente come di “una spugna”. No End Travelling di Mario Sesti sarà presto visibile anche a Bologna, nel programma del Biografilm Festival (7-17 giugno), e sarà trasmesso il 26 novembre, anniversario della morte del regista, anche su Sky Arte. Un appuntamento da non perdere.

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