“Quanto vuoi di me, quanto vuoi che mi mostri, quanto vuoi che ti restituisca al tuo disamore, che risarcisca della tua delusione e insoddisfazione. Quanto sesso vuoi, magari quanto amore traslato, surrogato, più che mercificato. Quanto vuoi sperimentare….”. (G. Bettin)
A 22 anni vive in strada dove si prostituisce con clienti maschi. È omosessuale, non ha limiti, accetta qualunque richiesta e bacia anche. Non si sa nulla della sua vita, sembra cercare l’amore e ciò che fa gli piace, non si sottrae a nulla: disabili, vedovi, anziani, pervertiti, violenti, psicopatici. Assume droga, riposa in posizione fetale e dorme piacevolmente anche su vecchi corpi obesi. Si innamora di un prostituto che lo rifiuta perché etero e perché fa marchette solo per sopravvivere e riuscire a fare quello che desidera, come combattere. Cerca l’amore il giovane Leo o forse solo un po’ di calore, si ammala di tubercolosi e, durante la visita di una dottoressa, rivela forse l’unico inquietante radicale diversità: quella di non voler cambiare vita, non ne vede il motivo. Si abbandona in abbracci che scaldano il cuore ma non segue la terapia prescritta che trova la sua salute compromessa. Continua a vivere in strada, a farsi usare e a sottoporsi a sodomizzazioni estreme da giovani violenti e spregiudicati. Tossisce, continua a tossire, fino a sputare sangue, quel sangue della tubercolosi che si fa metafora di un’emorragia esistenziale. Non conosciamo nulla di Leo, vive l’assoluto presente, non ha contatti, se non le amicizie che intesse in strada con chi conduce la sua stessa vita; un tessuto umano di asfalto e orrore. E se anche il vedovo cerca contatto umano, il ragazzo vi si abbandona, cercando i baci di Ahd che però è gay only for pay e orgogliosamente eterosessuale. E sebbene protegga Leo, non può accettare una storia con lui e parte con un ricco cliente che lo mantiene e gli consentirà di fare quello che desidera. Stessa opportunità si presenterà al ventiduenne, dopo essere stato ridotto in fin di vita da uno psicopatico in Jaguar, torturatore di prostituti, chiamato il Dottore.
Scene esplicite, forti e strazianti inducono lo spettatore a un senso di impotente istinto di protezione nei confronti di questo ragazzo-merce di un’esistenza incosciente. Un corpo a disposizione dell’abuso estremo. Nessuna morale è tentata dalla narrazione del film, solo la rappresentazione della Via Crucis di una vita senza possibilità, in quanto il riscatto non è neanche preso in considerazione. L’alienazione di Leo è totale, è il nuovo “straniero” di Camus, che vive a sua insaputa e si fa merce sullo scaffale della strada vicina all’aeroporto di Strasburgo, dove passano tanti ricchi uomini d’affari per metterlo nel carrello e portarlo nelle stanze del consumo. Quel consumo irresistibile per Leo, anche quando può salvarsi: quello è il mondo di un ragazzo randagio alla ricerca di qualcosa che non sa cosa sia, perché se l’avesse non la vorrebbe più. Neanche l’istinto di conservazione può aiutare questo innocente che “non sa cosa fa” e quindi sulla croce va perdonato.
Dopo anni di inchiesta nel mondo della prostituzione maschile, Camille Vidal Naquet ci offre una rappresentazione di una cronaca di degrado umano-esistenziale che non conosce, non cerca e intuisce nessuna alternativa. Il vuoto pieno di rinuncia costruito da una solitudine che non è la disperazione, ma una sorta di assenza di gravità di chi si trova a muoversi in una società dove lo spazio di condivisione è in disuso, dove non c’è messaggio che regga. L’incapacità di intendere e di volere diviene lo stile di vita di Leo, che vive la “gioiosa” confusione dei codici fino al limite, dove è il codice della vita a confondersi con quello della morte. Un’inerzia esistenziale che spezza il cuore e che disegna l’epilogo di quel mercato dei corpi che attraversa “nuove” aree di profitto sulla disintegrazione chirurgica di qualunque residuo di possibilità identitaria. Un film che introduce lo spettatore in una spettrale realtà disumana, dove la solitudine è il concetto centrale e la prostituzione sia del cliente che della “puttana” l’unica condizione possibile.
“Di tutti i rapporti umani la prostituzione è forse il caso più pregnante di degradazione reciproca alla condizione di puro mezzo. Questo può essere visto come il momento più forte e più profondo che storicamente collega la prostituzione in modo assai stretto alla economia monetaria, l’economia di “mezzi” nel senso più stretto della parola”. (G. Simmel)