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Si è chiuso con la proiezione di Manmarziyaan, del regista Anurag Kashyap, il River to River Indian Film Festival

Con Manmarziyaan, film di chiusura del 18/mo River to River Indian Film Festival, Anurag Kashyap ha realizzato la sua prima commedia romantica

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Con Manmarziyaan, film di chiusura del 18/mo River to River Indian Film Festival, Anurag Kashyap ha realizzato la sua prima commedia romantica. Autore di punta e di culto del nuovo cinema indiano, amato dai festival internazionali più prestigiosi che hanno ospitato tanti suoi lavori come Gangs of Wasseypur, epopea familiare e insieme romanzo criminale che racchiude mezzo secolo di storia indiana, e Raman Raghav 2.0, in cui si raccontano le gesta di un serial killer attraverso una messa in scena sovraccarica e barocca ed una tecnica mirabolante, ha da poco esordito nella serialità televisiva con Sacred Games, prima produzione originale indiana di Netflix tratta dall’omonimo libro di Vikram Chandra.

Sulla carta Manmarziyaan, presentato a settembre in anteprima mondiale al Festival di Toronto, sembra essere quanto di più lontano dalla filmografia di Anurag Kashyap, costellata di thriller e gangster movie a tinte forti, più un progetto su commissione che un’opera sentita e personale, come dimostra la sua mancata partecipazione alla stesura della sceneggiatura di cui solitamente si occupa in prima persona. Eppure, sotto la patina e la superficie, dietro la cornice Bollywood style fatta di canzoni, coreografie, danze e balletti a inframezzare e portare avanti la narrazione, si nasconde un film ben più profondo e complesso, meno inquadrato e superficiale di quanto potrebbe apparire a un primo sguardo un po’ disattento e distratto.

Una commedia romantica, dalla lunghezza considerevole come impone l’industria di Bollywood ma con un approccio affatto convenzionale e con una protagonista femminile – Rumi – molto diversa dall’immagine della donna che imperversa nel cinema e nella società indiana, che come ben sappiamo è ultra conservatrice (soprattutto per quanto concerne la condizione delle donne). Una ragazza libera e indomita, vivace e irrequieta, insofferente alle gabbie e alle costrizioni imposte dalla famiglia e dalla società. Un personaggio femminile attivo quello di Rumi, ben interpretato da Tapsee Pannu che ritroveremo anche in Womaniya, il prossimo lungometraggio di Anurag in uscita nel 2019, non la classica immagine della ragazza o della donna indiana che segue a capo chino il percorso tracciato per lei da altri. Incastrata in un curioso e insolito triangolo amoroso, Rumi riesce a districarsi tra i vari ostacoli imposti dalle dinamiche sociali del suo Paese e a trovare una propria strada e un’emancipazione a livello affettivo-sentimentale.

Un’opera che nonostante il considerevole minutaggio procede veloce e incalzante, trascinata dalle inarrestabili musiche punjabi, intenta a scardinare dall’interno alcuni stereotipi e cliché bollywoodiani che vogliono la donna casta, obbediente e sottomessa all’uomo, con ruoli marginali e di contorno rispetto a quelli maschili. Husband Material, questo il titolo internazionale, si avvale di una scrittura intelligente, misurata e raffinata nel descrivere e esplorare i legami affettivi e le relazioni sentimentali che intercorrono tra i personaggi principali. Impreziosito da un finale intenso e in crescendo, con un lungo piano sequenza in cui i due protagonisti, man mano che avanzano a piedi lungo la via, si parlano e si guardano, scoprendosi sempre più legati e in profonda sintonia.

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  • Anno: 2018
  • Durata: 157'
  • Genere: Commedia, Romantico
  • Nazionalita: India
  • Regia: Anurag Kashyap
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