Una pecora a Villa Certosa in Sardegna guarda la televisione e rimane uccisa dall’aria condizionata. La prima comparsa del film, lei, l’ovino ruminante, simbolo o termine di paragone della mansuetudine, o anche più spesso di viltà, codardia, soggezione o passività animalesca.
Le altre comparse sono sempre Loro: Sergio Morra, che presenta Candida con le sue prestazioni vaginali rocambolesche ai politici di turno, perché “in provincia battono grandi cuori di troia” che lui offre generosamente come merce di scambio per un appalto di mense scolastiche. Tra amplessi, tatuaggi sul fondo schiena, sniffate di cocaina, corpi che si dimenano, sono sempre loro i protagonisti, le comparse: faccendieri, escort, attrici, segretarie, parlamentari, animali.
C’è anche la fedele moglie di Sergio Morra, Tamara, che lo aiuta nella gestione delle ragazze mentre prepara i sofficini ai figli. Anche lei si immola alla causa e seduce Santino Recchia, politico vicino a Lui. Intanto c’è anche “Dio”, con il volto coperto da un asciugamano, in una sauna, che attende una ragazza universitaria e spiega che lo chiamano così “perché sa perdonare”. Tutte comparse, e tra queste c’è la favorita di Lui, Kira, che assisterà Morra nell’affitto di una villa in Sardegna davanti a Villa Certosa, dove corpi nutriti a base di MDMA non esiteranno a sollecitare l’attenzione di Lui. Solo dopo che un topo avrà fatto esplodere un camion di rifiuti in via dei Fori Imperiali a Roma e i rifiuti si saranno trasformati in pasticche cadute dal cielo in Sardegna.
Un girone infernale proprio di fronte casa della vera comparsa, Lui, intorno al quale ruota tutta quell’umanità antiquata, simboleggiata dal rinoceronte, animale preistorico, affetta da una sorta di ammirazione, interesse, tornaconto personale e disposta per questo a fare qualunque cosa. Ed ecco Lui, l’odalisca, che cerca di sedurre una moglie disincantata e triste, che ama Cecità di Saramago, forse perché anche lei fu affetta dal virus quando incontrò Lui, ancora giovane e incolta. Lei che sta ancora lì per organizzare al meglio il suo futuro, per lasciarsi definitivamente lusingare e disgustare dall’instancabile maschera umana. Quella maschera che rimane tale anche quando è dismessa perché la schiavitù dalla seduzione è per Lui irresistibile anche quando deve convincere il nipote che non ha pestato una cacca. Tra Apicella e Concato, si chiude con Una Domenica Bestiale il sound della prima parte di Loro.
Un classico sorrentiniano questo film, perfettamente nelle sue corde, quelle che riescono a rappresentare magicamente “la grande bellezza” dell’orrore umano. L’orrore delle comparse dell’umano e del loro ontologico disimpegno morale. La pecora, il rinoceronte, il topo, i corpi, le sembianze, i ruoli, gli spettatori, i media, i cellulari, le feste e le droghe. Tutte comparse, Loro, essi, indifferentemente plurale maschile e femminile il sostantivo LORO.
Ma Loro, pronome possessivo, concorda in genere e numero con il relativo sostantivo e l’unica forma invariabile è quella della terza persona plurale. Loro, sostantivo, indica una persona, un luogo, una cosa o, più in generale, qualsiasi entità animata, inanimata o immaginata. Loro, pronome possessivo, serve a precisare a chi appartiene la persona, l’animale o la cosa indicati dal nome che sostituiscono. Nessun titolo poteva essere più camaleontico, pervasivo, meravigliosamente offensivo. L’indecifrabile prevedibilità degli italiani, come la definisce il regista, scatenerebbe in lui “il tono della tenerezza”, mentre un cinico, comprensibile sarcasmo racconta la grottesca volgarità cafona di un paese di comparse. Loro, sostantivi animati, inanimati, immaginati di Loro pronomi possessivi che appartengono ad altro. Parvenze, copie di copie, direbbe Platone, simulacri. Vittime compiacenti, assenti, impazienti, ignoranti, sudice, incolte. Il disgusto di chi non avverte il proprio orrore, di chi si sente in diritto di pretendere e prendere posto al banchetto della grande bulimica circense abbuffata offerta dall’odalisca di turno. La capacità di rendere visibile attraverso un occhio che sa osservare la volgarità e l’immoralità con uno sguardo accorto, implacabile, incalzante, incisivo. Loro e Lui sono solo comparse, il protagonista resta la globalizzazione del disimpegno morale che delocalizza la ragione e il sentimento al destino di un’inesorabile estinzione. Il Duchamp del nostro cinema ha fatto dell’orinatoio Italia un perfetto ready made.