Raffinato e realizzato a opera d’arte, Doppio amore conferma François Ozon il maestro del thriller erotico. Con le interpretazioni audaci di Marine Vacth e Jérémie Renier, questo film allucinatorio mette in scena giochi psicosessuali di preda e cacciatore nello stile di Hitchcock e De Palma.
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Il profilo del film
Che François Ozon sia sempre in grado di stupire il suo pubblico, paradossalmente, non è più una sorpresa. Per Doppio amore, il prolifico cineasta parigino (già diciassette lungometraggi al suo attivo) recupera Marine Vacth, l’attrice con cui nel 2013 aveva girato Jeune et Jolie, ed aggiunge alla propria filmografia un nuovo volto femminile, Chloé, che non possiede la sensualità adolescenziale di Julie (Ludivine Sagnier) in Swimming pool (2003) o il fascino maturo di Suzanne (Catherine Deneuve) in Potiche (2010), ma seduce lo schermo con avvenenza androgina e personalità ambigua, mostrandosi sempre in bilico tra dinamicità e remissività, tra coraggiosa intraprendenza e infinita fragilità, in linea con una sceneggiatura interamente giocata sui rapporti di forza che si stabiliscono tra fratelli gemelli, in particolare fra il gemello dominante e quello debole.
Ispirandosi liberamente a Lives of the twins, scritto da Rosamund Smith (pseudonimo di Joyce Carol Oates), il regista immagina che la protagonista di Doppio amore si innamori del proprio analista, ma quando va a convivere con lui dapprima scopre un segreto sulla sua identità e dopo incontra un uomo che gli assomiglia come una goccia d’acqua.
I temi di Doppio amore
Il tema del doppelgänger, che ha affascinato il cinema da Il grande dittatore (1940) di Charlie Chaplin a Another me (2013) di Isabel Coixet, ha spinto Ozon a chiamare il direttore della fotografia Manu Dacosse per sperimentare nuove scelte stilistiche e cercare di far procedere lo spettatore sullo spigolo di uno specchio inclinato o addirittura farlo camminare su vetri rotti. Già il primo piano dell’incipit, in cui Chloé si fa tagliare i capelli da un uomo, presenta un’immagine spiazzante e chirurgica. La giovane ha un passato da modella, particolare che curiosamente coincide con la biografia dello stesso regista, e man mano che precipita nel vortice della trama sente il bisogno di toccare di cosa è fatto il mondo che la circonda, la terra nel vaso o la pelle del divano, quasi ad accertarsi che siano autentiche.
Doppio amore, che è stato in concorso al Festival di Cannes 2017,
“racconta essenzialmente la storia di una mente – ha dichiarato Ozon – e la mia idea era di rappresentarla architettonicamente giocando con le simmetrie, i riflessi e la geometria. Tutto il set è stato concepito per creare l’impressione che si costruisse progressivamente come il cervello sviluppa un pensiero”.
La Vie en Rose: Storie d’Amore a Parigi