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FESTIVAL DI CINEMA

RIFF XI: “Verbo” di Eduardo Chapero-Jackson

Questa pellicola dal sapore vagamente autobiografico, interpretata da una deliziosa Alba García che nel film assomiglia in maniera impressionante ad Emma Watson, l’ex eroina di “Harry Potter”, sembra non decollare mai

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Anno: 2011

Durata: 87′

Genere: Azione/Fantastico

Nazionalità: Spagna

Regia: Eduardo Chapero-Jackson

 

Capita di domandarsi come mai certi film di grande valore approdino nelle sale solo a distanza di diversi anni dalla loro realizzazione, e capita pure di chiedersi, invece, come facciano altri film a superare la selezione per l’ammissione in concorso ai festival cinematografici. È questo il caso di Verbo, primo lungometraggio dello spagnolo Eduardo Chapero-Jakson. Vincitore di 150 premi nei festival di tutto il mondo grazie ai tre cortometraggi Contracuerpo (2005), Alumbramiento (2007) e The End (2008), il regista ispano-nordamericano approda alla Undicesima Edizione del RIFF con un film a metà strada tra il dramma, l’azione e il fantastico.

Sara (Alba García) è un’adolescente alla prese con il compito di diventare grande, e nel corso di questo cammino trova il mondo intorno d’un tratto insidioso e non più comprensibile. Disorientata, va a caccia dei messaggi enigmatici che Líriko, un personaggio misterioso che solo sembra capirla, le invia. Sempre più isolata dal mondo circostante, traccia dopo traccia, Alba si tuffa in un mondo segreto, oscuro, abitato da un gruppo di persone speciali che la accompagneranno in un’avventura tra la vita e la morte a cui pochi sopravvivono.

Questa pellicola dal sapore vagamente autobiografico, interpretata da una deliziosa Alba García che nel film assomiglia in maniera impressionante ad Emma Watson, l’ex eroina di Harry Potter, sembra non decollare mai. Si ha l’impressione che il tema narrativo non venga incarnato dai personaggi, ma che sia da essi “recitato”, con l’effetto di uno squilibrio tra la rilevanza dei personaggi e quella del testo, in favore di quest’ultimo.

Il regista drammatizza il teatro interno della protagonista scegliendo di adottare il genere cinematografico del fantastico, senza sortire però gli effetti auspicati. La commistione di generi diversi non sembra favorire il fluire della storia, e i dialoghi di Sara con i personaggi del suo mondo fantastico, così come quelli con i compagni di classe e con i genitori, rasentano troppo spesso la banalità, tanto da rendere il personaggio della protagonista, così speciale sulla carta, privo di una significativa e interessante originalità.

Manuela Materdomini

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