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Focus Italia

Lepanto – O Último Cangaceiro di Enrico Masi

Masi, rievocando la figura leggendaria del Cangaceiro, invita chi guarda non solo alla presa di coscienza della barbarie in atto ma anche e soprattutto a riprendere fiducia nella possibilità, attraverso un fermo atto di resistenza, di arginare l’avanzata inesorabile ‘dell’uomo bianco’

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Sinossi: Dopo aver perso la sua casa per la costruzione del Parco olimpico di Londra 2012, Michael è fortemente impegnato in una campagna di resistenza contro i Giochi e accetta l’invito di Enrico a registrare la voce narrante di un documentario sulla situazione brasiliana. Parte, lasciando indietro Maria, con la quale ha una relazione difficile. Nel pieno di una crisi esistenziale, Michael trova riparo nella cultura brasiliana. Maria lo raggiunge, portando con sé impegni e responsabilità, mentre Enrico cerca di spiegargli la sua visione di una terra grandiosa sotto l’invasione dei Mega Eventi. Mentre impara a diventare un narratore, abbandona progressivamente la sua paura della morte e si prepara a resistere all’Oppressore, trasformandosi nell’Ultimo Cangaceiro. Come nel 1571, durante la Battaglia di Lepanto, l’Impero Ottomano e la Lega Santa combattevano per Cipro, oggi il Brasile è la terra da conquistare, il premio di una guerra tra due modelli di società: promotori immobiliari e multinazionali da una parte, resistenza abitativa e difensori dei diritti umani dall’altra. Uno scontro globale di civiltà, la ricerca dell’autenticità, culture distanti e obiettivi divergenti. Non siamo soli su questo pianeta

Recensione: Chi erano i Cangaceiros? Il termine cangaço indica un movimento sociale, le cui motivazioni e cause sono da ricercarsi nelle particolari condizioni socio-politico-economiche in cui si trovava il nordest del Brasile nella seconda metà del XIX secolo. Ebbe personaggi che assunsero un rilievo persino leggendario e che si guadagnarono un certo appoggio da parte della popolazione, che vedeva nei cangaceiros l’unica possibilità di proteggersi dallo strapotere dei grandi latifondisti, i cosiddetti Coroneis.

Insomma, i Cangaceros erano dei veri e propri paladini della povera gente che, nella società rurale brasiliana dell’ottocento e della prima metà del novecento, era vessata dai grandi proprietari terrieri, i quali senza scrupoli si adoperavano per uno sfruttamento forsennato della forza lavoro, l’unico patrimonio di cui disponeva quella indifesa fascia sociale.

Enrico Masi, dopo The Golden Temple, un racconto sulla rigenerazione urbana dell’area olimpica di Londra, torna con il secondo tassello di una trilogia, Lepanto – O Último Cangaceiro, con cui denuncia un altro caso di colonizzazione dello spazio urbano, stavolta del Brasile, reduce dai recenti campionati mondiali di calcio, e in procinto di ospitare le prossime olimpiadi ad Agosto. Ciò che sta più a cuore al regista è stigmatizzare il dispositivo disumanizzante che il ‘discorso capitalista’, in nome dell’accumulo massivo di profitto innesca, pronto, per tale motivo, a cancellare le identità di una cospicua fascia della popolazione, presentando un volto della nazione falso, laddove si mette in mostra un benessere che, in realtà, è solo apparente, considerando che tantissimi cittadini di Rio de Janeiro versano ancora in una condizione di conclamata indigenza. Il film, che assembla documentario e finzione, si sofferma sulle testimonianze di quelle persone che hanno vissuto sulla propria pelle l’esproprio coatto delle abitazioni in cui da sempre risiedevano, rase al suolo per permettere l’edificazione di mega strutture intorno ai luoghi che accolgono le manifestazioni sportive suddette.

Ma Lepanto – O Último Cangaceiro è molto altro: i cangaceiros costituiscono la prova storica di come, se si è animati dalla forza di un ideale in cui fermamente si crede, si possa riuscire a interrompere una catena di sopraffazioni che opprime. Il protagonista, Michael, dopo aver perso la casa per la costruzione del  Parco olimpico di Londra 2012, parte alla volta del Brasile, mosso dal desiderio di partecipare a un movimento che ostacoli un nuovo processo di sradicamento culturale, e, se sulle prime, tentenna, cercando di capire bene cosa accade, alla fine del film farà sua la forza rivoluzionaria dei mitici ‘banditi del sertao’, affidandosi a una determinazione interiore che lo porta, in un certo senso, a delirare: ma è proprio questo stato di eccentrica soggettività il preludio a una nuova forma di antagonismo che si oppone fieramente contro qualcosa che si ritiene non fronteggiabile.

Il film di Masi, pur partendo da una realistica ricognizione dello stato di avanzamento della politica aggressiva del nuovo ordine imperiale, sconfina nell’onirico, anzi non sappiamo, alla fine, se Michael racconti il vero oppure riferisca qualcosa che ha sognato. Eppure, come già si è detto, delirare non costituisce l’effetto annichilente di un’imposizione che si subisce senza difesa, piuttosto appare come la premessa per innescare un nuovo processo costituente comunitario, attraverso cui ritorcere gli strumenti di esercizio del controllo (la tecnocrazia dilagante) verso l’oppressore. Delirare si può, delirare insieme: un delirio comunitario che travolga come un’onda inarrestabile gli asserviti sgherri della governance globale. Non più un General Intellect, ma un Global mind. C’è una connessione che ci unisce. Che è più forte della frammentazione in cui apparentemente siamo dispersi.

Luca Biscontini

  • Anno: 2015
  • Durata: 80'
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia, Brasile, Regno Unito
  • Regia: Enrico Masi