All The Empty Rooms è il nuovo cortometraggio/documentario arrivato su Netflix il 1° dicembre 2025. Prodotto e diretto da Joshua Seftel, nasce dal progetto del giornalista di CBS News Steve Hartman e del fotografo Lou Bopp: un lavoro di sette anni in cui vengono documentate le camere da letto delle vittime delle sparatorie nelle scuole statunitensi.
“È rimasto tutto così.”
Una frase, quattro parole appena che racchiudono tutto il significato del cortometraggio. Quando parliamo delle sparatorie nelle scuole, gli Stati Uniti sono il primo paese che la mente evoca, e il vero rischio che corre questo paese è l’assuefazione: abituarsi alle notizie di tragedie simili. Steve Hartman segue e racconta questi eventi dal 1997. In quasi trent’anni le sparatorie sono passate da 17 a 132 all’anno. Un’escalation spaventosa, che ha un effetto ancor più inquietante: rendere tutto normale, familiare.
Una rinnovata sensibilità
Hartman sente il bisogno di ridare la giusta risonanza a quell’assordante silenzio che avvolge le camere da letto delle vittime. Per gran parte della sua carriera era stato “incasellato come il tipo delle notizie positive, felici”. Colui che cercava il lato positivo per ritrovare fiducia nell’umanità. Un metodo che, con il tempo, è diventato rituale: le stesse parole, stessi schemi. Sentiva di aver perso la giusta sensibilità per documentare quelle sparatorie. Capì, dunque, di doverla recuperare, ma soprattutto capì che l’intero paese la stava perdendo. Era necessario capovolgere la narrazione: non seguire più la linea dei media, che concentrano l’attenzione sul colpevole, ma restituire centralità alle vittime. Dobbiamo sapere che esistono attimi e spazi surreali, che un tempo erano le loro camere da letto, per ricordare davvero quei bambini. Capire chi erano, attraverso le parole dei genitori, e come vivevano le loro camere, divenute adesso piccoli luoghi sacri.
Le stanze di chi non tornerà
In ogni stanza il tempo sembra essersi fermato. Tutto è rimasto uguale, inalterato: il disordine dei cassetti, i giocattoli sparsi, i vestiti preparati per il giorno dopo e mai indossati. Un silenzio che, paradossalmente, mantiene l’essenza di quelle vite spezzate. La regia orienta lo sguardo della telecamera verso la tensione di quegli attimi, il disordine interiore che solo un genitore può sentire. Alterna attimi autentici e atroci, dettagli genuini e strazianti. Lou Bopp cattura istantanee di quelle stanze, Steve Hartman condivide l’emozione dei genitori. La telecamera, invece, indugia nelle loro espressioni. All The Empty Rooms non è solo un saggio su quel che rimane in quelle camere sospese nel tempo, è l’analisi di come vengono vissute. La madre che irrigidisce la mandibola di fronte alle fotografie, il padre che alza lo sguardo e ad un sorriso nostalgico accompagna tutta la forza che ha per trattenere le lacrime. Ci mostra quei ricordi, ma anche come vengono percepiti.

All The Empty Rooms, una fotografia di una camera da letto scattata da Lou Bopp
L’occhio della narrazione
Gli Stati Uniti sono un paese dilaniato da questa piaga ormai divenuta quotidiana. Cercano di combatterla sul piano tecnologico e infrastrutturale, ma Hartman suggerisce che la vera battaglia si combatte altrove: in una nuova narrativa, che guardi attraverso quel dolore senza anestetizzarlo. Questo progetto porta lui e Bopp ad una domanda devastante: cosa accade dopo? Come affrontano tutto questo le loro famiglie? Sono, ormai, vite distrutte, ferme, bloccate. Congelate da un’arma da fuoco. Il cortometraggio raggiunge l’obiettivo prefissato sette anni fa: portare, anche per pochi minuti, ogni americano in quelle stanze. Un cortometraggio che ci fa guadagnare una nuova prospettiva, che cambia le domande che ci poniamo dopo l’ennesima notizia di una sparatoria. Non più soltanto “Chi è l’assassino?”, ma “chi erano le vittime?”
Non armi: umanità.
In soli trentacinque minuti, le parole e le fotografie di questo documentario ci arrivano addosso come un treno in corsa. Le approcciamo, inizialmente, con la stessa leggerezza con cui ascoltiamo un servizio del telegiornale, anestetizzati anche noi da una tragedia che appare ormai come inevitabile. È proprio per questo, forse, che oggi Netflix ha scelto di distribuire All The Empty Rooms: perché prima di discutere soluzioni, leggi o sicurezza, dobbiamo recuperare la capacità di capire davvero la portata di ciò che accade.
Solo se smettiamo di ridurre tutto al nome di un’arma da fuoco e al numero delle bambine e dei bambini uccisi possiamo iniziare a immaginare come affrontare questa piaga. E di certo non trasformando le scuole in fortini militarizzati, ma restituendo umanità a chi l’ha perduta per sempre.