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Personaggi

Il mio film con Dario Fo è una storia d’amore

“Girare un film con Dario Fo all’inizio mi sembrò l’idea più scomoda ed irrealizzabile che mi potesse venire in mente. Tuttavia ignorando le circostanze sfavorevoli, decisi comunque di scrivere il mio film Sweet Democracy immaginando nel progetto il Maestro”.
Michele Diomà ricorda Dario Fo, con cui ebbe la possibilità di collaborare in occasione della realizzazione del suo film Sweet Democracy

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Girare un film con Dario Fo all’inizio mi sembrò l’idea più scomoda ed irrealizzabile che mi potesse venire in mente. Intanto perché sapevo che Dario Fo raramente si era concesso al cinema nella sua gloriosa carriera di attore, nonostante la sua profonda stima e amicizia con Federico Fellini. Inoltre ero consapevole che se anche fossi riuscito a convincerlo, il sistema-cinema italiano non avrebbe accolto felicemente la notizia. Su questa seconda riflessione, mi limiterò a dire che ogni regime ha i propri dissidenti, ed attualmente la struttura del cinema italiano statale è un regime totalitario in cui vige il pensiero unidirezionale ed il pluralismo delle idee e persino delle estetiche viene censurato.

Tuttavia ignorando le circostanze sfavorevoli, decisi comunque di scrivere il mio film Sweet Democracy immaginando nel progetto Dario Fo. Il primo a cui parlai del mio sogno fu Donald Ranvaud, immenso produttore italo-inglese, candidato agli Oscar per City of God, amico di Al Pacino e Bernardo Bertolucci, ma soprattutto un uomo libero. Fu Donald a darmi coraggio, promettendomi che mi avrebbe sostenuto, e così è stato fino a pochi giorni prima della sua morte, avvenuta a Montreal il 5 settembre. Senza il sostegno di Donald Ranvaud, sicuramente oggi nel mondo non si parlerebbe di questo strano film con Dario Fo, che sta spiazzando per la differenza di stile e tematiche rispetto all’Italia cinematografica contemporanea.

Dario Fo

La seconda persona a cui parlai di Sweet Democracy fu Raffaele Manco, videomaker e amico di grandissimo talento, che poi ha curato molti aspetti tecnici del film. Fu così che iniziammo un’impresa folle e dolorosamente meravigliosa come tutte le vere storie d’amore. Dario Fo non mi diede subito il suo assenso per partecipare al film, in realtà mi fece soffrire per 8 mesi, ma io gliene sono grato. Compresi che era un modo per capire fino a che punto per me fosse importante la sua presenza in Sweet Democracy.

Ricordo quelle settimane d’incertezza in cui però continuai ad aver fiducia. Fu quando smisi di crederci ed il mio sogno sembrava definitivamente eclissarsi che una mattina di un venerdì di novembre afferrai, davvero con rabbia, il telefono, e ricontattai Chiara Porro, l’assistente di Dario Fo. Richiesi per almeno la decima volta se il Maestro avrebbe partecipato al mio film sulla libertà di stampa. L’indomani io, Raffaele Manco, gli attori Antonello Pascale e Riccardo Castagnari partimmo in gran segreto per Milano. Il sogno si era realizzato!

Michele Diomà