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‘Il colore viola’ ci insegna l’importanza della Sisterhood

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Il colore viola (The Color Purple), diretto da Steven Spielberg nel 1985 è basato sul romanzo premio Pulitzer di Alice Walker. Non è semplicemente un dramma storico; è un’opera cinematografica fondamentale che esplora con coraggio i temi dell’oppressione, della sopravvivenza e della liberazione femminile.

Con una durata di 154 minuti e un cast stellare che include Whoopi Goldberg (al suo debutto cinematografico), Danny Glover, Margaret Avery e Oprah Winfrey, il film è noto anche per il suo notevole record di 11 nomination ai Premi Oscar (inclusi Miglior Film, Miglior Attrice per Goldberg e due nomination per Miglior Attrice Non Protagonista), pur non vincendone alcuno.

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Il Colore Viola: dolore, amore e riscatto

Il colore viola è ambientato nel Sud degli Stati Uniti tra l’inizio e la metà del Novecento. Racconta la storia di Celie (Whoopi Goldberg), una donna afroamericana cresciuta in un contesto di violenze, abusi e discriminazioni razziali e di genere. Ancora giovanissima, Celie viene separata dalla sorella Nettie (Akosua Busia) e costretta a sposare Albert (Daniel Glover), un uomo autoritario e crudele che la priva di ogni forma di autonomia.

Rassegnata a una vita di silenzio e sottomissione, Celie trova conforto solo nel ricordo della sorella, ignara del fatto che Albert le nasconde per anni le lettere che Nettie le invia dopo essere partita come missionaria in Africa. L’incontro con Shug Avery (Margaret Avery), cantante blues libera e carismatica, e con la determinata Sofia (Oprah Winfrey) – moglie di Harpo (Willard Earl Pugh) il figlio di Albert – segna l’inizio di un lento ma decisivo percorso di emancipazione.

Il percorso di formazione: da vittima a donna libera

Inizialmente, Celie è una figura silenziosa e sottomessa, vittima di abusi sistematici da parte del padre e poi dalla figura del marito. Viene offesa e svalutata per l’aspetto fisico e l’intelligenza. A tutta questa oppressione Celie si arrende obbediente, soprattutto quando la sorella Nettie viene allontanata da Albert che non riesce ad averla. Perché tanto:

“La vita finisce presto, il paradiso è eterno.”

Spielberg riesce a tracciare meticolosamente l’evoluzione di Celie. Mostra come la sua crescita non sia un evento improvviso, ma un lento, lentissimo e doloroso processo di riscoperta del proprio valore. Questo percorso è alimentato esclusivamente dalla solidarietà femminile: la “sisterhood”. Soltanto questa le fornisce gli strumenti emotivi e spirituali per spezzare le catene dell’abuso e trovare la propria voce. Soprattutto durante l’ultima cena di famiglia, in cui tutte le donne presenti si riappropriano di loro stesse e della loro libertà. Addirittura la nuova fidanzata di Harpo – Squeak – si riappropria del proprio nome.

La forza della Sisterhood ne Il colore viola

Il film celebra la forza delle donne afroamericane in un’epoca di doppia oppressione, razziale ed economica. La liberazione di Celie è inestricabilmente legata alle donne che entrano nella sua vita, ognuna portatrice di una diversa forma di forza e libertà.

I personaggi femminili

La figura di Sofia è un potente contraltare alla passività iniziale di Celie. Il suo rifiuto di accettare l’abuso e la sua celebre frase, “Per tutta la vita ho dovuto lottare“, rappresentano un grido di battaglia contro il patriarcato. Per un attimo Celie è una carnefice perché consiglia ad Harpo di picchiare Sofia che ammette di amare Harpo, ma non c’è spazio per l’amore se c’è violenza.

Ma tutto quello che Celie impara poi lo restituisce:

“A stare in galera, in quella galera, c’è mancato poco che ci crepavo. Che cosa brutta miss Celie, ti va di andare in giro e invece niente, ti va di cantare e ti fanno passare la voglia a forza di botte. Ti voglio ringraziare miss Celie, per tutte le cose che hai fatto per me. Io mi ricordo quel giorno che ero nel negozio con miss Milly, ed ero a pezzi… ero a pezzi come non lo ero mai stata… e quando ho visto te ho capito che c’è un Dio, ho capito che c’è un Dio… e che un giorno sarei tornata a casa in qualche modo.”

L’amicizia con Shug Avery, un’icona di indipendenza, insegna a Celie una spiritualità non dogmatica e la possibilità di un amore che non sia basato sul possesso o sulla violenza. È lei il catalizzatore del cambiamento e non soltanto per Celie. Shug le insegna com’è un bacio dato con amore e rispetto. E Shug impara.

Nettie: il ponte tra l’oppressione e la conoscenza

Il personaggio di Nettie è fondamentale, sebbene la sua presenza fisica nel film sia limitata. Nettie rappresenta il mondo esterno e la conoscenza, fungendo da “roccia” e da fonte di amore incondizionato per Celie. Proprio grazie a Nettie, la sorella impara a leggere e scrivere. A differenza di Celie, Nettie è una donna istruita e indipendente dagli uomini, una condizione che in parte è il risultato dei sacrifici della sorella maggiore.

La sua espulsione dalla casa di “Mister” e il suo successivo viaggio in Africa come missionaria non sono una semplice sottotrama, ma il veicolo narrativo che permette a Celie di mantenere un legame con la speranza e con i suoi figli perduti. La scoperta delle lettere di Nettie grazie a Shug e nascoste per più di vent’anni da Albert, sono l’ultima spinta verso la trasformazione di Celie. Attraverso queste lettere, Celie apprende della sua eredità africana, della politica di genere e di una visione del mondo molto più ampia rispetto alla sua esistenza isolata nel Sud rurale. Quando Celie inizia a leggere le lettere, noi spettatori possiamo vedere i racconti della sorella. Al momento in cui viene mostrata l’iniziazione verso la vita adulta fa da controcampo il momento in cui la protagonista capisce che le catene sono finalmente spezzate.

Il ricongiungimento finale tra le sorelle non è solo un lieto fine emotivo, ma la chiusura del cerchio del percorso di formazione di Celie, che ritrova la sua famiglia e la sua identità completa.

Il colore viola infinito

Secondo Carl Gustav Jung il viola è il colore tra l’umano e il divino, l’unione di due nature. Infatti, sono questi gli elementi simbolici più toccanti del film: Celie scrive lettere a Dio, Shug è la figlia di un pastore dal quale desidera il perdono.
Il viola, tradizionalmente associato alla regalità e alla spiritualità, nel contesto della narrazione diventa un simbolo di bellezza, armonia e dignità intrinseca.

È Shug Avery a spiegare a Celie che Dio si arrabbierebbe se le persone non notassero il colore viola dei fiori. Non vorrebbe che ci si concentrasse solo sulla sofferenza, ma che si notasse e si apprezzasse la bellezza del creato. Il viola rappresenta la gioia e la pienezza della vita che Celie aveva imparato a ignorare a causa della sua oppressione. Il campo di fiori viola che appare ad apertura e chiusura del film simboleggia la libertà e l’armonia finalmente raggiunte, un contrasto vivido con la vita grigia e violenta che aveva conosciuto.

Sister Theme

Ricordando l’esperienza Whoopi Goldberg ha dichiarato:

«Sarò sempre grata a Steven d’avermi offerto la “mia” Celie e sarà sempre con me. Come me, aveva fame d’amore umanista e un forte senso dell’umorismo, malgrado tutto. Mi alzo ancora ascoltando dal film Miss Celie’s Blues o Sister’s Theme di Quincy Jones. Il film resta una sfida, si discute nelle università, ha lanciato con me la oggi potente Oprah Winfrey, ci ha aiutato a essere donne e nere, mai vittime. Credo però che il film non sarebbe mai uscito senza Spielberg.»

Il colore viola del 1985, pur avendo attenuato alcuni aspetti del romanzo (come la relazione lesbica tra Celie e Shug), rimane un’opera di straordinaria importanza per il suo messaggio di emancipazione. È un inno alla sisterhood anche grazie alla canzone Miss Celie’s Blues.  La colonna sonora che accompagna la lotta per l’affermazione di se stesse. Una sola voce per tutte, da parte di chi ce l’ha fatta per chi ha bisogno di sapere che ce la farà.

Oh Sorella ho una notizia per te
Io sono qualcosa
spero che anche tu pensi di essere qualcosa

Sorella… ricorda il tuo nome
non voltarti

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