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Anticipazioni

Oscar 2026: la corsa per il miglior documentario entra nel vivo

Da 'The Perfect Neighbor' ai film su guerra, repressione e diritti civili, Netflix e i rivali si sfidano in una corsa senza favoriti.

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Oscar

Per molti abbonati Netflix, il nome Susan Lorincz è diventato sinonimo di orrore. Nel 2023, la donna ha ucciso il vicino afroamericano Ajike Owens sparando attraverso la porta di casa e appellandosi alla controversa legge “stand your ground” della Florida. A ricostruire il caso è The Perfect Neighbor, il documentario diretto da Geeta Gandbhir che utilizza quasi esclusivamente filmati delle body cam e delle dash cam della polizia, restituendo un racconto crudo e disturbante.

Il film ha conquistato cinque Critics’ Choice Documentary Awards, incluso quello per il miglior documentario, e ha già vinto il premio per la regia al Sundance. Un successo che lo colloca tra i principali favoriti agli Oscar 2026 e che potrebbe segnare il ritorno in grande stile di Netflix nella categoria. Dopo le vittorie con Icarus, American Factory e My Octopus Teacher, la piattaforma ha faticato negli ultimi anni a imporsi, ottenendo una sola nomination recente. Il 2026, però, potrebbe cambiare le cose.

Netflix non è l’unico player forte in campo. Tra i titoli più discussi figurano anche Cover-Up di Laura Poitras e Mark Obenhaus, incentrato sul lavoro investigativo di Seymour Hersh, e Apocalypse in the Tropics di Petra Costa, che analizza l’ascesa del nazionalismo cristiano in Brasile. Gandbhir ha sottolineato quanto sia importante che gli streamer continuino a sostenere documentari politici e complessi, capaci di attrarre pubblico senza ricorrere a sensazionalismo o celebrity storytelling.

Il vicino perfetto

Oscar 2026: Storie potenti, conflitti globali e una competizione senza favoriti

La concorrenza si estende ben oltre Netflix. Kino Lorber punta su Riefenstahl, l’indagine di Andres Veiel sulla controversa regista tedesca, e su Put Your Soul on Your Hand and Walk di Sepideh Farsi, dedicato alla poetessa e fotoreporter palestinese Fatma Hassona. Quest’ultimo film è segnato da una tragedia reale: Hassona è stata uccisa da un attacco con drone israeliano poche ore dopo la selezione del documentario a Cannes.

Sempre dal Festival di Cannes arrivano contendenti fortissimi come My Mom Jayne di Mariska Hargitay, prodotto da HBO, e Orwell: 2+2=5 di Raoul Peck, una riflessione sull’eredità di 1984 e sulla diffusione globale dell’autoritarismo. Peck parla apertamente di un’epoca dominata dalla “neolingua”, in cui la manipolazione del linguaggio è centrale nel potere politico.

Il fronte dei documentari di guerra è rappresentato da 2000 metri ad Andriivka di Mstyslav Chernov, che torna a raccontare il conflitto ucraino con uno sguardo claustrofobico e immersivo, e da opere che analizzano la repressione in Russia come My Undesirable Friends e Mr. Nobody Against Putin. Anche senza una distribuzione statunitense, molti di questi titoli restano competitivi, seguendo l’esempio di film recenti premiati dall’Academy.

Tra le sorprese più apprezzate dell’anno ci sono Seeds di Brittany Shyne, pluripremiato al Sundance, e The Librarians di Kim A. Snyder, che denuncia gli attacchi ai bibliotecari americani accusati di “corrompere” i giovani lettori. Sarah Jessica Parker, produttrice esecutiva del film, ha definito allarmanti le conseguenze di questa persecuzione culturale.

Con progetti firmati anche dai fratelli Andrew ed Eugene Jarecki, la corsa al miglior documentario appare più aperta che mai.

Le shortlist degli Oscar, attese per il 16 dicembre, chiariranno finalmente chi avrà accesso alla fase decisiva di una stagione che si preannuncia tesa, politica e ricchissima di storie urgenti.

Fonte: Scadenza