Killing Eve 1 è una serie britannica ideata da Phoebe Waller-Bridge, autrice nota per Fleabag, e prodotta da Sid Gentle Films. La serie, basata sui romanzi di Luke Jennings, nasce per BBC America nel 2018 e oggi è disponibile anche su Netflix, che ne ha ampliato la distribuzione globale. Killing Eve attraversa thriller psicologico, spy story e humour nero con una costruzione narrativa che privilegia ritmo, tensione e momenti di brillantezza dialogica. A sorreggere questo equilibrio ci sono due attrici poliedriche come Sandra Oh e Jodie Comer, capaci di restituire con naturalezza ogni registro – dal comico al drammatico, dall’emotivo alla suspense – e sostenute da un cast altrettanto abile nel far convivere i diversi codici del racconto.
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Di cosa parla Killing Eve 1?
Killing Eve segue due donne che finiscono in una spirale di ossessioni reciproche: Eve Polastri (Sandra Oh), analista dell’MI5 stanca della routine d’ufficio, e Villanelle (Jodie Comer), un’assassina internazionale dal talento innegabile e dalla condotta imprevedibile. La storia prende avvio quando una serie di omicidi in Europa porta Eve a intuire che dietro quei gesti c’è una figura femminile fuori dal comune, intuizione che la spinge, quasi contro le regole, a inseguire una pista che nessun altro sembra voler considerare.
Nel corso dell’indagine entrano in gioco anche figure chiave come Carolyn Martens (Fiona Shaw), diplomatica dai metodi non convenzionali; Konstantin (Kim Bodnia), ambiguo mentore della killer; e personaggi di contorno come Owen McDonnell, Sean Delaney e Kirby Howell-Baptiste, che arricchiscono la rete di relazioni professionali e private.
La serie costruisce una caccia internazionale che procede tra città europee, identità cangianti e scarti improvvisi, mantenendo il focus sull’incontro—improbabile e irrinunciabile—fra due personalità che non avrebbero mai dovuto incrociarsi.

Killing Eve1′ Un mix di generi che funziona
La serie ruota attorno a una vicenda di spionaggio e vendetta al femminile che, in apparenza, sembra poggiarsi su una struttura classica del genere: missioni, pedinamenti, doppi giochi. Eppure, fin dalle prime puntate, ciò che la rende davvero avvincente è la capacità di ribaltare continuamente l’aspettativa. I momenti di humor – asciutti, acuti, tipicamente britannici – alleggeriscono la tensione e rendono il racconto meno prevedibile, trasformando personaggi che rischierebbero lo stereotipo in figure vive, imperfette, sorprendenti.
La regia alterna un’estetica più vicina allo spyware thriller a un ritmo che talvolta sfiora la commedia romantica, senza mai perdere compattezza: si muove con la stessa agilità con cui si muovono gli attori, che passano con naturalezza dalla suspense al grottesco, dal dramma all’autoironia. La dinamica tra le due protagoniste, centro emotivo e narrativo della storia, cambia tono e direzione a ogni episodio, fino a un finale che sorprende senza tradire la coerenza del percorso.
Cast
Il cast, scelto con cura, sostiene un intreccio che corre veloce, e i dialoghi – sempre puntuali, mai ornamentali – reggono un ritmo pari a quello delle azioni. È questa coesistenza equilibrata di fattori a superare il primo ostacolo: quello della credibilità. Perché se inizialmente la serie può sembrare l’ennesimo revenge thriller, presto sposta il focus dal “chi verrà scoperto” al “cosa accade davvero tra queste persone”, portandoci ad affezionarci ai loro inciampi, ai loro segreti e alle loro vulnerabilità più che alle dinamiche tipiche del genere. Ed è lì che smette di assomigliare a qualcosa di già visto e comincia a diventare davvero imprevedibile.
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