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FESTIVAL DI CINEMA

Jodie Foster e l’illuminazione di ‘Taxi Driver’

La diva si confessa: da De Niro ai ruoli femministi, fino al film italiano "folle" con Tognazzi

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La leggenda di Hollywood, Jodie Foster, si è raccontata a cuore aperto al Marrakech International Film Festival 2025, offrendo al pubblico una lezione di cinema lunga sei decenni. L’attrice e regista americana, accolta con entusiasmo e omaggiata dal presidente di giuria Bong Joon-ho, ha condiviso riflessioni intime che tracciano un percorso dall’infanzia prodigio fino ai trionfi degli Oscar. Parlatrice fluente di francese, Foster ha subito catturato l’attenzione, ribadendo un amore incondizionato per la settima arte:

“Sono una grande appassionata di cinema, lo sono sempre stata e lo sarò sempre”

Descrivendo la sua giornata ideale—sci al mattino, film e buon cibo—ha rivelato una sorprendente insicurezza. Questa la spinge a tornare costantemente sul set. Sente il bisogno di dimostrare il suo valore. Vuole anche aprire le porte a nuove generazioni di cineasti. Questa necessità di rinnovamento e la continua ricerca di sé rappresentano il motore inarrestabile della sua carriera. È una carriera proiettata sempre in avanti.

Il fascino dei personaggi “forti”

Foster ha svelato la sua inclinazione precoce e “egocentrica” verso ruoli di spicco, rifiutando la posizione marginale di “sorella di” o “fidanzata di”. Fin da giovane, voleva che il film ruotasse attorno al suo viaggio di trasformazione, un desiderio influenzato dalla seconda ondata femminista che rivendicava l’importanza della donna come essere umano complesso sullo schermo. Questa scelta inconscia ha plasmato i suoi primi trent’anni, spesso vedendola interpretare “vittime” senza comprenderne appieno il motivo. L’attrice, che non aveva una personalità naturalmente predisposta alla recitazione, descrive l’inizio della sua carriera come un “lavoro crudele” assegnatole da bambina, costringendola a sviluppare una profondità emotiva e psicologica per sopravvivere sul set. Oggi, è estremamente selettiva sui progetti, ammettendo che non rivedrà mai i film passati, poiché l’unico modo per affrontare la vita è “continuare ad andare avanti”, guardando al futuro con occhi nuovi.

L’illuminazione di De Niro

La conversazione si è accesa toccando l’imminente cinquantesimo anniversario di Taxi Driver, il film che ha segnato una svolta epocale. Fino a quel momento, Foster vedeva la recitazione come un mero esercizio di lettura e memorizzazione di battute, percependo il lavoro come poco stimolante. L’incontro con Martin Scorsese e, soprattutto, con Robert De Niro cambiò tutto. De Niro, all’epoca intensamente concentrato sul personaggio e non un interlocutore facile, ha ironizzato dicendo:

“Non era la persona più interessante del mondo”

Egli la prese sotto la sua ala protettrice. Fu durante il loro terzo pranzo che l’attore, attraverso l’improvvisazione, le aprì gli occhi sulla vera essenza della recitazione. La costruzione del personaggio oltre le singole battute. Foster ricorda l’euforia e l’eccitazione di quel momento, parlando di una vera e propria “illuminazione” che trasformò per sempre la sua percezione del mestiere, spingendola a un livello di coinvolgimento emotivo e spirituale completamente nuovo.

Gli Oscar e l’adorabile terrore di Anthony Hopkins

Il primo Oscar per Sotto accusa (1987) non portò immediata soddisfazione. Anzi, provocò un periodo di dubbi e crisi. La Foster considerò persino l’abbandono, pensando di dedicarsi all’insegnamento universitario. Infatti, l’attrice non era convinta della sua interpretazione di Sarah Tobias. Nonostante le sue riserve sul montaggio finale, però, la vittoria della statuetta e il tour promozionale cambiarono le cose. Le mostrarono l’impatto del film, capace di sollevare domande sincere sulla violenza e di cambiare lo sguardo del pubblico. In seguito, la seconda vittoria per Il silenzio degli innocenti (1991) fu un’esperienza diversa e intensa. Ciò avvenne anche grazie al rapporto inaspettato con Anthony Hopkins. I due non avevano avuto modo di parlarsi prima delle riprese. Perciò, si trovarono a girare direttamente di fronte alla telecamera. Questo sviluppò una paura reciproca e palpabile che contribuì all’elettricità del film. Solo alla fine, si confessarono l’un l’altro, diventando in seguito amici.

Lezioni da Fincher e la follia di ‘Casotto’

La Foster ha citato la sua esperienza su Panic Room come una vera e propria “scuola di cinema” sotto la guida di David Fincher, definendolo il regista da cui ha imparato di più. Girato in un periodo particolare della sua vita, era incinta e bloccata in un armadio per mesi con la giovanissima Kristen Stewart. Il film è stato un intenso banco di prova tecnico e personale. L’attrice ha poi concluso il suo racconto con un aneddoto sul film italiano Casotto (1977) di Sergio Citti, descrivendolo come un’idea folle ma molto divertente. Con un cast stellare che includeva Mariangela Melato, Catherine Deneuve e Ugo Tognazzi, il film è noto per la sua messa in scena claustrofobica, con la macchina da presa che non lascia mai l’interno della capanna. Foster ha ricordato con gioia l’esperienza romana, sottolineando come la produzione, pur nella sua singolarità, rappresentò un momento di grande divertimento e una testimonianza della diversità del cinema internazionale.