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Cinema italiano sotto assedio: l’appello per salvare il fondo per il cinema e l’audiovisivo

«Non toccate il Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo, a rischio migliaia di lavoratori e la reputazione del Paese»

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Fondo per il Cinema e l’Audiovisivo

Le associazioni di categoria del settore cinematografico e audiovisivo (fra le quali 100autori, AFIC, AGICI, AIDAC, AIR3, ANAC, APA, CNA Cinema e Audiovisivo, Doc/it e WGI) hanno lanciato il loro appello. Chiedono che il fondo per il cinema e l’audiovisivo resti «invariato nei suoi stanziamenti complessivi», evitando «ulteriori tagli che metterebbero a rischio migliaia di posti di lavoro e un comparto strategico per l’economia e l’immagine del Paese».

La preoccupazione è tanta, poiché il settore oggi «sostiene oltre 124.000 posti di lavoo tra produzione, distribuzione in sala e all’estero, tecnici, maestranze e servizi alle imprese».

I tagli previsti

Secondo la bozza della prossima legge di bilancio, il fondo si ridurrebbe da circa €696 milioni attuali a circa €550 milioni per il 2026 (-21%) e a circa €500 milioni per il 2027 (-28%). In una versione successiva si parla di un decremento di -150 milioni nel 2026 rispetto a quanto originariamente previsto (-190 milioni) e di -200 milioni nel 2027 (invece di -240).

Se da una parte il settore dell’audiovisivo è in forte crescita (oltre 240.000 nuove assunzioni previste entro il 2025), dall’altra il sistema è finito al centro di tensioni legate al meccanismo del tax credit, dove si denunciano «film fantasma» e controlli altrettanto necessari.

Il presidente dell’ANICA, Alessandro Usai, ha dichiarato che «con queste misure in manovra il mondo del cinema e dell’audiovisivo in Italia si avvia a crisi certa», con «decine di migliaia di posti di lavoro» in pericolo.

Prospettive future

Il comparto chiede dunque al Governo di eliminare la proposta di taglio prevista nella bozza della legge di bilancio e si rende disponibile «immediatamente per avviare un percorso unitario di riforma». Se i tagli verranno confermati, il rischio è quello di perdere tanto occupazione quanto “narrazioni” italiane e con loro una parte della reputazione culturale del Paese.

L’iter parlamentare della manovra è ancora in corso. Resta da vedere se il dialogo con le associazioni e la pressione pubblica riusciranno a far cambiare rotta.