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Prime Video Film

‘In a Violent Nature’. Il silenzio della foresta e la ferocia dell’uomo

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Con In a Violent Nature Chris Nash reinventa il linguaggio del cinema slasher con una mossa tanto radicale quanto ipnotica. Sposta il punto di vista dal terrore delle vittime alla calma disumana del carnefice. Non abbiamo più la fuga disperata delle vittime, né la suspense costruita attraverso il montaggio o la colonna sonora. Vige la quiete disturbante del predatore, filmata con l’occhio impersonale di un documentario naturalistico.

In a violent nature

Nel bosco qualcosa si muove

Il film si apre in un bosco canadese di una bellezza selvaggia. Un gruppo di ragazzi, in gita tra le rovine di una vecchia torre antincendio, dissotterra un medaglione. Quel gesto, apparentemente innocuo, risveglia un’entità sepolta: un assassino silenzioso guidato da una furia disumana. Da quel momento siamo invitati a seguirlo nella sua caccia, mantenendo una certa distanza, come se stessimo studiando un predatore nel suo habitat naturale.

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In a violent nature. Tra contemplazione e carneficina

Una scelta estetica d’avanguardia, sostenuta da una fotografia naturalistica, che cattura la luce lattiginosa dei boschi canadesi con un realismo che sfiora il documentario e un sonoro immersivo, dove il fruscio delle foglie sostituisce spesso la colonna sonora. Tutto ciò conferisce al film un tono ambiguamente contemplativo.

Un film che si ascolta, dove il silenzio costruisce tensione più di qualsiasi effetto sonoro. La violenza, quando esplode, è estrema, realistica e disturbante, ma non spettacolarizzata.

La violenza ci osserva

In a Violent Nature sembra esserci una riflessione significativa: Nash si interroga su cosa significhi “guardare” la violenza. Privando lo spettatore dell’identificazione con le vittime, il film diventa un test morale: quanto possiamo sopportare di restare immobili mentre assistiamo a un orrore privo di contesto emotivo? È un’esperienza che richiama il realismo brutale di The Texas Chain Saw Massacre e la lentezza meditativa di Gerry di Gus Van Sant, fondendole in qualcosa di nuovo e inquietante. Qui la natura non è né complice né nemica: è solo spettatrice, come noi.