Giornate del Cinema Muto | Pordenone Silent Film Festival

‘The Man Who Came Back’ – Le Giornate del Cinema Muto alla riscoperta del mélo

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È sempre molto complesso fare critica quando si tratta di cinema muto. Come è ovvio che gli anni che ci separano dalla grande tradizione del cinema muto sono stati riempiti da narrazioni di ogni sorta, soprattutto da evoluzioni tecniche e tecnologiche che hanno rivoluzionato qualsiasi aspetto della Settima Arte. Fortunatamente però alcune cose sono rimaste le stesse. La potenza di un racconto, anche semplice; la forza di un’interpretazione che non ha bisogno di parole per trasmettere le emozioni più disparate; le finezze di una regia che, seppur limitata, riescono a coinvolgere lo spettatore. E grazie a Le Giornate del Cinema Muto possiamo godere di tutto ciò, e anche di quelle opere che si erano perse nel corso del tempo come nel caso di The Man Who Came Back, un melodramma intenso e riportato alla luce.

The Man Who Came Back

Henry Potter è il figlio viziato di un ricco vedovo la cui incantata esistenza si interrompe quando il padre lo invita a guadagnarsi il pane. Rimproverando al padre il proprio privilegio, Henry si reca a San Francisco per continuare a goderne fino a quando gli resti denaro in banca; qui incontra Marcelle, che si esibisce nelle taverne, costretta a questo lavoro umile e avvilente dalle attività illegali di un fratello poco raccomandabile. Henry viene poi spedito dal padre a Shanghai, dove sprofonda nell’alcolismo; quando tocca il fondo, visita una fumeria d’oppio e scopre Marcelle, in preda al torpore provocato dallo stupefacente. Insieme decidono di sfuggire a quell’inferno e di tornare a una vita libera dall’alcol e dalle droghe.

Un mélo d’altri tempi

The Man Who Came Back è un melodramma figlio della sua epoca e si vede tutto. Tratto da un racconto di John Fleming Wilson, che nel 1916 Jules Eckert Goodman sviluppò in un melodramma completo per l’impresario teatrale William A. Brady, il film racconta una non troppo originale storia di redenzione. Come da manuale del genere le sfumature psicologiche sono ridotte al minimo e tutto è gestito e portato avanti dalle emozioni, dal pathos generato dalle interpretazioni assolutamente teatrali e caricate degli attori. Superfluo rimarcare come l’accompagnamento musicale giochi un ruolo di primo piano nell’accompagnare la narrazione.

Ode al cinema muto

The Man Who Came Back non è solo un bel melodramma, ma è anche una dimostrazione di come il cinema muto spesso soffra di un mal riposto pregiudizio tecnico. Spesso gli spettatori non colgono la bellezza delle immagini in B/N di quel cinema perché ormai troppo assuefatti dalla molta mediocrità contemporanea. Riscoprire oggi un film come The Man Who Came Back vuol dire anche riscoprire la bellezza di una scena composta con un’incredibile consapevolezza del mezzo cinema. Ogni piano è costruito con cura nei minimi dettagli, la fotografia risplende nel B/N ma anche nelle colorazioni che donano le sfumature d’atmosfera durante il film. È importante che Le Giornate del Cinema Muto continuino con il loro prezioso lavoro di riscoperta e di riproposizione dei film che hanno dato vita, letteralmente, all’Arte Cinematografica, per far scoprire al pubblico, anche giovane, piccole grandi perle soprattutto dal punto di vista tecnico e compositivo.

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