Dopo il clamoroso successo di Past Lives, John Magaro accetta la sfida di interpretare un padre spezzato nel film Omaha di Coley Webley. La pellicola ha esordito in Italia al Giffoni 2025, dopo la selezione al Sundance, ma è un film che merita di essere tenuto d’occhio.
Prima di tutto per l’interpretazione intensa e convincente di John Magaro (The Mastermind, 2025, First Cow, 2019), accompagnato da due attori minori, ma certo non per merito: Molly Belle Wright e Wyatt Solise. In secondo luogo, per la questione specifica a cui la storia fa riferimento, che negli Stati Uniti è molto conosciuta, ma all’estero lascerà lo spettatore senza fiato.
Coley Webley, al suo esordio al lungometraggio di fiction dopo una carriera nella pubblicità, crea un film ricchissimo, dagli spunti e dai piani di lettura sovrapposti e profondi. Un road trip con un salto nel vuoto finale che costringe a porsi domande sulla genitorialità, sul fallimento e il supporto che la società riserva a chi confronta traumi profondi.
Molly Belle Wright in ‘Omaha’ di Coley Webley – immagini stampa fornite dal Busan International Film Festival
Omaha, una destinazione, un principio
Un padre sveglia i due figli, Ella e Charlie, una mattina improvvisamente, e intraprende un road trip per le strade americane in direzione Nebraska. I bambini sono all’oscuro della destinazione e della motivazione che li spinge a lasciarsi tutto alle spalle. Ma durante il viaggio, crescono le aspettative verso un possibile giro allo zoo di Omaha, un diversivo che la famiglia non si concede da quando la madre è venuta a mancare.
Una questione di punti di vista
Finalmente un film che rende merito ad un John Magaro che fino ad adesso aveva ricoperto ruoli quasi secondari al confronto, mentre nell’opera di Coley è costretto a dover resistere in solitaria davanti ad un pressante obiettivo, che si avvicina gradualmente nel corso del film fino a schiacciarsi quando la situazione degenera.
Il viaggio verso Omaha va intrapreso senza troppe informazioni: sappiamo essere un film drammatico, sappiamo che si sta preparando una crisi, ma quale e quando arrivi questo punto di rottura, non riusciamo ad immaginarlo. E non sarà questa recensione a svelare il mistero. Piuttosto, si preferisce evidenziare l’accurata gestione emotiva del climax, l’abilità degli attori e del regista nel lavorare tutti nella stessa direzione. Anche i più piccoli.
Il film è disseminato di dettagli offerti dalla prospettiva dei bambini, di modo che anche la percezione del pubblico possa essere equivalente a quella della figlia Ella: non così piccola per non capire, ma abbastanza per essere tenuta all’oscuro. Il padre non parla, i bambini guardano, ascoltano, ipotizzano perché non capiscono chiaramente cosa sta succedendo.
Solo quando la situazione si chiarisce e non ci sono più dubbi, lasciamo il punto di vista dei minori e ci concentriamo sul dramma emotivo di un padre che ha fallito, o forse no.
Molly Belle Wright e Wyatt Solise in ‘Omaha’ di Coley Webley – immagini stampa fornite dal Busan International Film Festival
Il pubblico di Omaha
Il film parla ai genitori resilienti, coloro che hanno incontrato difficoltà, che hanno fatto i conti con le spese insolventi senza riuscire a spiegarlo pienamente ai figli. Supporta e comprende il valore di quelle famiglie spezzate da un lutto, per cui ripartire è stata una impresa. Ma la comprensione è rivolta anche a chi non è riuscito a ripartire per niente, e ci ha rinunciato.
Malgrado l’intensità del tema e la delicatezza, la scrittura mostra forte empatia. Al padre di Ella è riconosciuta tutta la disperazione, il conflitto, il trauma e la sopraffazione che riesce ad esprimere. Questa concessione, che diventa visiva e temporale, lo rende tangibile e così fragoroso nella sua comunicazione non verbale. Perché di verbalità, a quell’uomo in fuga, ne è concessa davvero poca.
Se il finale del film ci farà riflettere sul confine tra umanità e disumanità, e su certe scelte irrevocabili, si spera che il dialogo non si interrompa mai poi sul piano legislativo: errori commessi a questo livello, diventano una miccia accesa per ordigni esplosivi inaspettati.