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‘Swiped’ : patriarcato nelle dating app

Whitney Wolfe vs Tinder

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Presentato in concorso al prestigioso Toronto International Film Festival, arriva su Disney+ Swiped, il film diretto da Rachel Lee Goldenberg con protagonista Lily James. Prodotto da 20th Century Studios e Ethea Entertainment, il biopic vede tra i protagonisti, oltre alla James, Ben Schnetzer, Dan Stevens, Dermot Mulroney e Myha’la Herrold.

Il TRAILER – Swiped

Sinossi – Swiped

Dopo aver subito molestie e minacce nell’ambiente tossico di Tinder, e a seguito di una battaglia legale, la sua ex co-fondatrice, Whitney Wolfe (Lily James), con l’aiuto del creatore di  Badoo, rivoluzionerà l’app di incontri creando Bumble. Un percorso di innovazione e resistenza che metterà a dura prova la protagonista in un contesto prettamente maschile.

La Silicon Valley tossica degli incontri – Swiped

Nella scena iniziale del film la protagonista Whitney, interpretata da Lily James, cerca ossessivamente di ritagliarsi un posto nel web 2.0, cercando in tutti i modi di parificarsi ai grandi innovatori-geni della silicon valley americana. Lo fa dapprima, seguendo la biografia della creatrice di Bumble, a fini meritori e umanitari, per poi inserirsi nella rivoluzione sociologica che le app di dating si porteranno dietro.

Swiped non è una cronostoria americana sulle industrie digitali ( non è il suo intento), ma piuttosto una riflessione macchinosa sulla contrapposizione dei generi, attualizzata in tempi contemporanei come una guerra “maschi contro femmine”, e più precisamente femminismo contro patriarcato. Ad onor del vero, già la storia reale si prestava ad una costruzione drammaturgica in tal senso: che film poteva venire fuori dalla prima e più popolare app di incontri riservata all’universo femminile? La risposta non potrà che essere un film femminista direzionato ad evidenziare la tossicità maschile.

Un film sul potere, non sull’app

D’altronde anche l’esilità della struttura narrativa, con le fasi evolutive e gli eventi troppo veloci per un biopic in senso standard, in Swiped fa la sua parte in un meccanismo più grande, politico, che oscura un’operazione agiografica. L’opera della regista Rachel Lee Goldenberg non tenta nemmeno una lettura alla The Social Network di David Fincher, e nemmeno prova a costruire uno scenario in merito all’invenzione tecnologica rivoluzionaria,  come fu appunto per il film su Facebook. Qui, al contrario, la scelta del film Disney+ è quella di mettere in ombra la rivoluzionaria app (o comunque usarla come ambientazione di giustificazione biografica) per creare un contesto in cui l’empowerment femminile sia prima vittima e poi artefice del suo destino.

Whitney Wolfe ci viene presentata come la donna spremuta dal mondo maschilista di Tinder, nella logica tutta femminista del non riconoscimento dei propri meriti, assieme al classico schema di mobbing, molestie e discriminazioni sul lavoro (elemento quasi esagerato a cui provano a porre rimedio i vari disclaimer introdotti all’inizio e a fine film). Swiped non prova nemmeno a mostrarci un vero arco eroico, mettendo invece un po’ alla rinfusa i vari passaggi drammaturgici fingendo di non conoscere le basilari tecniche dello storytelling applicato al cinema. Perché il film sembra interessato ad invalidare la sua forma a favore di un contenuto morale e politico, in un’altra (ennesima) lettura del  fine impero misogino e dell’inizio di una ginecocrazia digitale.

Tinder vs Bumble

Il processo di scrittura del film procede per tre macro-fasi : Whitney che tenta di farsi accettare dall’universo maschile delle app; Whitney nella fase di abbandono e incertezza, Whitney che risorge come una fenice dando un punto di vista femminile al settore delle app d’incontri. A vederla appare una storia abbastanza facile da guardare, seppur semplicistica nella sua impostazione. Ma la soglia dell’attenzione di chi guarda sale improvvisamente quando Swiped vira sulla denuncia, modificando gli opposti che si attraggono con gli opposti che si fanno la guerra.

Alla fine questo dramma di rivendicazione femminista si comporta come l’idea che sta alla base delle ingenti fortune della Wolfe :  innescare un meccanismo di sorpresa verso il pubblico ( la curiosità di sfogliare come un album di foto i potenziali partner), e una volta che tale curiosità è stata metabolizzata, destrutturare l’origine con un nuovo passo ( rivoluzionare il mercato del dating).

L’agenda morale di Swiped : biopic o manifesto?

La Whitney della James non è una figura perfetta, tutt’altro, ma nemmeno un’anti-eroina alla Jesse Eisenberg. Ha un prima che dura per quasi tutto il film, il suo non voler o non poter fare a meno dei compromessi. E un dopo, alla fine della “corsa”, improvvisamente ravveduta e prima tra le femministe. Dobbiamo pensare a Swiped come ad un’opera in cui il climax è fragile, e questa sua instabilità consente al film di aprirsi almeno sul suo lato simbolico. L’obbiettivo del biopic non sembra basarsi sul suo piano attivo, ossia mostrarci la resilienza della futura miliardaria under 30, ma su quello ideologico, contrapponendo Tinder a Bumble nella disperata fretta del film di accaparrarsi l’etichetta di politically correct movie.

Whitney Wolfe secondo Disney+ , la vittima del compromesso

Tinder è la plastica raffigurazione del dominio patriarcale: Whitney contribuisce rilevantemente al marketing aziendale, ha le idee migliori ( come il nome e il fortunato test in un campus universitario per avviare l’app), eppure non riesce ad avere nessun riconoscimento, anzi i suoi intuiti, non solo vengono ingiustamente usurpati dai vertici di Tinder, ma, come se non bastasse, la Wolfe è oggetto del bullismo relazionale ad opera del co-fondatore Justin, e non viene supportata dal capo del progetto, che per non incorrere in eventuali scandali, la licenzia. Di contro Whitney e il film rispondono col femminismo di Bumble che obbliga protagonista e pubblico a ripensare alle nuove tecnologie in termini di spostamento del potere.

Pur mostrando come le strutture patriarcali siano pervasive, ambigue, e spesso interiorizzate anche da chi le subisce, il film sbaglia, forse inconsapevolmente, a radicarsi in una celebrazione semplicistica di Bumble, senza un reale bilanciamento tra ciò che vuole metaforizzare e ciò che vuole realmente attuare nella messa in scena.

Swiped si dimostra essere un biopic troppo fragile sia nella sua tenuta come racconto agiografico e sia nella portata individualista del film. Per larghi tratti appare come un film-compromesso e indeciso se mostrare la risalita di una donna avversa dall’ambiente  maschilista, o un’abile business woman che ha solo sostituito la forma patriarcale cambiando volto.

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