Ortigia Film Festival

‘Carneviva’ di Francesco Leonardi all’Ortigia Film Festival

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Sarà presentato all’Ortigia Film Festival 2025,  il corto Carneviva di Francesco Leonardi.

Un padre (Saverio Malaria), rozzo e burbero, è in auto con Caino (Francesco Tramontana), figlio adolescente affetto da evidenti deficit cognitivi.

Il padre elenca i cartelloni pubblicitari che incontra lungo il percorso. “Se svendi la casa, guadagni il doppio” e “Venite da noi che realizziamo i vostri sogni.” e, nel commentarli, ricorda al figlio che i sogni non esistono, e che deve dare ascolto solo a lui.

I due entrano in un appartamento e, mentre il padre lo lava, nel soffermarsi, con una spugna, sui suoi lividi e graffi, gli ricorda che, sin da piccolo era un diavolo, che non voleva mai andare all’asilo, e che dovevano correre subito a riprenderlo.

In un incontro clandestino Caino affronta un avversario e il padre raccoglie le misere scommesse di chi assiste al combattimento. Caino vince e al termine il padre, dopo averlo definito un leone, si complimenta con lui. Lo arma poi di un coltello a serramanico e, dopo avergli mostrato una caprettina, gli ordina di ucciderla. Caino esita e allora il padre, dopo avergli mollato uno schiaffo, la sgozza.

Carneviva: un cazzotto in pieno stomaco che ti scava dentro

Un corto abrasivo, che lacera le carni quando il tenero e smarrito Caino, per quattro spiccioli, si batte come un animale da combattimento. L’idea stessa che un ragazzo disabile debba battersi, obbedendo alla volontà paterna, non solo è disturbante, ma è il chiaro segno di un mondo dove non c’è più spazio né per i sogni, né per un briciolo di tenerezza.

Francesco Leonardi depura, in qualche modo la scena della lotta, lasciando che i due contendenti si rotolino prevalentemente sul selciato, e non mostra, per fortuna, volti sanguinanti o labbra spaccate.

La vivida emozione che trasmette il corto non è data solo dalla cifra stilistica, realistica, utilizzata dal regista, ma anche dalla scelta  di non riprendere i protagonisti assieme in auto. È come se la mdp tagliasse a metà la vettura e mostrasse dapprima il padre e, successivamente, Caino, quasi a sottolineare l’estraneità dei due, l’appartenenza a due mondi distanti e incomunicabili tra loro.

Non a caso,  Leonardi riduce al massimo il dialogo tra i due protagonisti. In tutto il corto, infatti, Caino, affetto forse da un mutismo selettivo, ascolta in silenzio quanto gli dice il genitore e, solo nelle ultime battute, pronuncia una parola:

“Papà.”

La scelta di affidare il nome Caino al figlio non è forse casuale e, a ben vedere, il padre non è da considerare tout-court un mostro. Dopo essersi ritrovato a crescere da solo il figlio disabile, per racimolare un po’ di soldi, ha puntato sugli aspetti primitivi e istintivi del figlio. Egualmente, cerca di addestrarlo e di forgiarlo a non mostrare la propria debolezza e fragilità, e a essere pronto a parare i calci in faccia che gli riserva la vita.

Un corto che rimanda a Come Dio comanda di Salvatores

Nel finale, vivido e incancellabile – anche se prevedibile- non c’è spazio né per la pietas, né per la commozione.

Un rapporto, quello tra i due protagonisti, teso come una corda e filmato in maniera asciutta ed essenziale, che rimanda, in qualche modo, a Come Dio comanda di Gabriele Salvatores.  Una storia di umana disperazione che tiene, fino alla fine, lo spettatore con il naso incollato allo schermo. Non mancano i nei: in luogo del colore, il bianco e nero, avrebbe reso ancora più accecante la visione del corto. Saverio Malaria, chapeau.

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