Conversation
‘Amata’ conversazione con Elisa Amoruso
Amata racconta la maternità attraverso la storia di due donne allo specchio
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3 giorni agoon
Presentato nella sezione Notti Veneziane alle Giornate degli Autori dell’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, di Amata abbiamo conversato con Elisa Amoruso.
Nelle sale a partire dal 16 ottobre Amata è prodotto da MeMo Films, Indiana Production e interpretato tra gli altri da Miriam Leone, Tecla Insolia, Stefano Accorsi, Donatella Finocchiaro e Barbara Nicchiarelli.
Amata di Elisa Amoruso
La lunga sequenza iniziale è segnata da una doppia vertigine, visiva e narrativa, in cui il “parto” dell’opera musicale coincide con il parto del figlio. Entrambi vengono alla luce dopo un travaglio tanto desiderato quanto doloroso.
Hai fatto un’analisi perfetta, non avrei potuto descrivere meglio il senso della sequenza. Ringrazio sempre i giornalisti quando riescono a fornire ai registi le interpretazioni che si nascondono dentro la spontaneità del gesto artistico. Dunque sì, la tua descrizione calza perfettamente con gli intenti che mi ero riproposta con quella scena. Per mettere insieme le storia di queste due coppie, – perché poi anche il personaggio di Nunzia, interpretato da Tecla Insolia, ha avuto anche lei un compagno che poi si è lasciata indietro -, abbiamo scelto il momento decisivo, quello in cui la bambina viene al mondo. Mentre Nunzia dà alla luce suo figlio, Maddalena (Mirian Leone, ndr) ha un attacco di panico provocato dalla bellezza dell’opera che il marito sta portando in scena. Si tratta di un processo esaltante ma allo stesso tempo molto doloroso. La speranza è che l’uso del montaggio alternato renda bene l’incalzare della musica di Beethoven, la cui cupezza è capace di restituire con forza la bellezza e la sofferenza di quel momento.
Seppur divise da un percorso esistenziale fatto di movimenti opposti a unire Nunzia e Maddalena è un dolore comune testimoniato dal montaggio alternato che unisce le immagini delle loro vite nel momento di massima sofferenza.
Sono molto colpita dall’analisi che stai facendo perché è esattamente quello su cui io e la montatrice Irene Vecchio volevamo fare nel tentativo di creare un contrappunto drammaturgico antididascalico in cui scene diverse riflettessero il medesimo dolore. È questo il motivo di aver messo insieme la scena di Nunzia che fa il test di gravidanza, scoprendo di essere incinta, e quello in cui Maddalena guarda il bambino che sta perdendo. A unirle oltre al dolore è la nascitura che all’inizio del film è un’entità ancora invisibile.
Si tratta di una bambina amata all’ennesima potenza perché di fatto è oggetto del bene di due coppie di genitori.
È infatti questa l’idea che sta all’origine del film e cioè quella di una bambina che poteva non essere mai nata e che invece in questa storia lo è. Amata l’ho fatto perché penso che si parli ancora poco dell’aborto subito da persone che vorrebbero avere un figlio e che non ci riescono, e soprattutto del trauma che questo può generare all’interno di una coppia. La mia speranza è quello di essere riuscita a metterli entrambi a fuoco. Non volevo fare un trattato ideologico, ma raccontare due storie che parlassero al sentimento e al cuore delle persone.
Le tematiche
La frase in calce al film – Alla nascita di un bimbo il mondo non è mai pronto – è esplicativa di ciò che racconta il film.
Quella frase è tratta da una poesia di Wislava Szynborsca che io stimo molto e che mi piaceva perché parla di quanto un genitore si trovi impreparato di fronte al miracolo della nascita. Da un lato si tratta di un evento meraviglioso, dall’altro di un fatto devastante per le vite dei genitori. Quando Tecla vede la sua bambina non vuole tenerla poi, dopo la conversazione con la psicologa interpretata da Susanna Nicchiarelli, prova a cambiare idea anche se non è pronta a farlo. Nel film c’è anche il nostro sostegno in favore delle donne che invece i figli non li vogliono avere e che decidono di partorire in anonimato per essere libere di scegliere il da farsi senza le pressioni psicologiche subite da Nunzia.
Infatti il bello di un film come Amata è di affrontare un tema tabù come quello della maternità indesiderata andando oltre le frasi fatte per far emergere la vera radice del problema che in realtà nasce dal non sentirsi all’altezza del compito e non dal non amare i bambini.
Esatto, parliamo dell’aspetto sul quale le madri hanno maggiore difficoltà. Io stessa l’ho sperimentato sulla mia pelle. Parliamo di un evento che cambia la vita delle persone e che trova i genitori sempre impreparati perché non è che di colpo una coppia può diventare matura al punto tale da sapere come affrontarlo. Penso per esempio che non ci sia nessuno che può calmare il pianto di un bambino. Ciononostante la responsabilità di ciò è delegata in qualche modo alla madre. È lei quella da cui tutti si aspettano una soluzione. Non trovarla può essere traumatico perché viviamo in una società dove i bambini non devono piangere né disturbare ed è la mamma che si deve occupare di risolvere il problema. Se non lo fa è colpa sua.
Amata di Elisa Amoruso: un film di speranza
Quello che racconta Amata è la visione di un mondo imperfetto e però miracolosamente in grado di armonizzare le diversità a un livello superiore. Per questo nonostante si tratti di un film drammatico Amata è una storia piena di speranza e di fiducia.
Sì, alla fine è attraversato da un forte senso di speranza e ti ringrazio moltissimo per averlo colto. Il senso del film, soprattutto nel finale, era quello di infondere fiducia. È come se questo stesso universo, di solito mai pronto per queste cose, fosse invece in grado di dare a questa bambina non fortemente desiderata dalla madre biologica un altro genitore che invece la desidera da sempre. È come se ci fosse una giustizia superiore, non so come dire.
In questo senso l’immagine di Tecla e della bambina immerse nell’acqua del mare restituisce il senso di rinascita conseguente agli effetti dell’armonia universale di cui parliamo.
L’acqua è il primo elemento che in qualche modo simboleggia la maternità e la rinascita perché si rifà al liquido amniotico in cui veniamo al mondo. Mentre Nunzia, si tuffa dopo essersi liberata del suo peso vediamo la bambina in ospedale sollevata dall’acqua del primo bagnetto. Simbolicamente si tratta chiaramente di un passaggio che invita alla solidarietà perché mi piacerebbe molto che le donne invece di partorire i neonati sulla spiaggia per poi gettarli in un cassonetto fossero coscienti che in Italia possono mettere al mondo figli in anonimato e poi lasciare questi bambini nelle culle per la vita sapendo che troveranno tantissime famiglie pronte ad accoglierli, magari migliori di quelle da cui provengono. Non credo che i genitori debbano necessariamente essere quelli biologici. Tantissime storie di adozione importanti ci insegnano che non è soltanto quella l’unico famiglia possibile. In questo senso assolutamente sì. Volevamo dare un messaggio di speranza e di solidarietà a tutte le donne.
La musica
Volevo parlare con te dell’uso della musica partendo dalla prima sequenza. Mi sembra che tu l’abbia utilizzata per far venire fuori i sentimenti implosi di personaggi che altrimenti tendono a tenersi tutto dentro. È come se sia la musica classica che quella da discoteca servissero per far esplodere i sentimenti di cui Nunzia e Maddalena non riescono a parlare.
Guarda, ancora una volta è assolutamente come dici tu. E’ talmente così che mi verrebbe voglia di farti scrivere il pressbook del film. A parte tutto il cinema resta un’arte collettiva e soggettiva quindi non è assolutamente detto che venga recepito nel modo in cui un regista lo intende. In questo caso il lavoro fatto è andato nel senso che hai detto tu. Non ho voluto mettere suoni extradiegetici. Nel film non c’è mai una musica esterna ma solo quella che invade le vite dei personaggi; come capita a Nunzia quando a casa delle signora sente una canzone, Te lo leggo negli occhi, che probabilmente non ascolterebbe mai. Penso anche a quando va in discoteca la prima volta e c’è il pezzo Cigarettes After Sex. Si tratta di un brano molto romantico che parla proprio di quello che lei sta vivendo, ovvero della scissione tra il sentimento per questo ragazzo con cui è ancora in qualche modo coinvolta e allo stesso tempo la repulsione e la rabbia di quando capisce di essere rimasta incinta non sapendo cosa fare. Con questo bambino sente che la sua vita è rovinata e a maggior ragion al primo mese di gravidanza va al rave ballando in quel capannone buio. In quel momento esplode tutto ciò che sente, compreso il disagio per non essere riuscita a nascondere il fatto di essere incinta.
Riferimenti e citazioni
Partendo dall’uso della musica e analizzando il contesto drammaturgico per me è stato naturale paragonare Amata al cinema di Krzysztof Kieślowski, in particolare a Film Blu.
Non so che dire nel senso che nel moodboard Film Blu era il lungometraggio di riferimento, quello da me preferito, quindi dire che hai azzeccato i riferimenti è dire poco.
Il modo in cui Tecla osserva il mondo dalla finestra come pure il modo in cui le due protagoniste si incontrano, senza esserne consapevoli, e ancora la rappresentazione di una realtà liquida, senza punti di riferimento e sospesa nel tempo e nello spazio, mi ha ricordato un altro film bellissimo del regista polacco.
La doppia vita di Veronica
Esatto. Kieślowski peraltro è il mio regista preferito.
Sono sbalordita dalle tue parole perché lo è anche per me.
La maternità in Amata di Elisa Amoruso
Un aspetto che emerge in maniera forte è la solitudine della maternità perché nel film per quanto gli uomini siano sensibili e comprensivi nei confronti delle loro partner non riescono ad essere in alcun modo di conforto. La maternità rimane una solitudine tutta femminile.
Sì, è vero anche in occasione di un compagno accogliente, morbido e affettuoso come Luca. Su questo purtroppo ho raccontato quella che è la realtà. Luca punta i piedi solo quando capisce che lei sta distruggendo tutto. Lo fa solo per cercare di farla riprendere. In assoluto stiamo parlando di un dolore che passa sul corpo delle donne in tutti i sensi. Sia la maternità voluta, sia quella in qualche modo perduta. Rispetto a questo il film vuole farle sentire accolte e meno sole. Considera che di questa solitudine le donne solo le prime a non parlarne. Oggi ognuna è chiusa un pò nel suo mondo in una società che ti spinge a mostrare solo il bello. Di conseguenza della depressione post parto non si può parlare. Della perdita di un figlio non si può dire nulla perché poi è sempre un dolore difficile da trattare. Con Amata invece ha voluto tirare fuori tutto questo.
Mirian Leone si è trovata a interpretare un personaggio che vive una situazione opposta alla sua, avendo lei da poco avuto un figlio. Come avete lavorato su questo?
Quando abbiamo girato Orlando non aveva neanche un anno e lei ancora lo allattava. Nel raccontare la storia di una donna che non riesce ad averne Miriam ha trasmesso al personaggio tutta la gioia e la difficoltà provate durante la gravidanza. Nella scena dell’aborto questo le ha permesso di essere ancora più partecipe. Per forza di cose una madre si immedesima il doppio in una sequenza come quella quindi secondo me la sua condizione ha finito per aiutarla anche se ha dovuto fare un lavoro molto forte sulle sue emozioni. In questo devo dire che anche Tecla e Stefano Accorsi sono stati molto bravi. Stefano è un attore generosissimo che ci ha aiutato in tutte le scene.
Tecla Insolia è un’attrice giovanissima, ma davanti alla mdp sembra che abbia sempre recitato. Nella conversazione avuta con lei l’ho definita attrice emotiva per la capacità di essere trasparente nella resa delle emozioni.
Prima hai fatto il paragone con Film Blu. Ecco io credo che Tecla sia una nuova Juliette Binoche. È tutta la vita che la cercavo quindi sono contenta di averla incontrata. Farei qualsiasi altra cosa con lei: spero di riuscirci anche quando lei sarà diventata una stella di Hollywood. Nel montaggio ho perso un sacco di tempo perché in ogni scena lei risultava bravissima. Sul set era capace di darmi qualsiasi sfumatura: un pianto leggero, una commiserazione, una rabbia, tristezza e malinconia. Tutti stati d’animo che Tecla provava davvero davanti alla mdp. Questo suo essere sempre dentro il personaggio la rende di un maturità incredibile. Non ho mai incontrato una creatura come lei.