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‘La Dégustation’: l’amore si assapora a piccoli sorsi

Una storia raccontata con gentilezza e riserbo

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In un piccolo angolo di Parigi, dove il legno degli scaffali è impregnato del profumo di bottiglie pregiate e storie sussurrate, si svolge La Degustation, l’ultimo film di Ivan Calbérac, che con grazia e misura racconta un incontro delicato tra due anime solitarie.

Il film, distribuito da 102 Distribution con Unicorn, è l’adattamento dell’omonima pièce teatrale di Ivan Calbérac, realizzata al Théâtre de la Renaissance nel 2019.

“Il cuore si accosta al vino come a un antico rito: Hortense e Jacques, due anime mature che trovano tra i calici una scintilla.”

C’è un’enoteca piccola, quasi stretta, dove la luce filtra in diagonale e accarezza il legno scuro degli scaffali. Lì dentro, Jacques (Bernard Campan) vive come se avesse sigillato la porta del mondo: poche parole e pochi clienti. Sta dietro il bancone come un guardiano stanco, e ogni bottiglia ha un’etichetta che conosce a memoria, quasi meglio di se stesso. Poi un giorno entra Hortense (Isabelle Carré). E si capisce che qualcosa succederà, perché nel cinema di Calbérac le cose succedono sempre con una gentilezza preannunciata. Il modo in cui si ferma, lo sguardo che sembra già conoscere il posto, cambia subito l’aria. È una donna che porta sulle spalle la grazia e il peso di chi ha visto passare il tempo senza arrendersi del tutto.

Un viaggio lento e sensoriale

Ivan Calbérac gira come se avesse paura di disturbare. La macchina da presa si muove piano: non interrompe, si limita a sfiorare come se avesse paura di svegliare i personaggi. E funziona, almeno all’inizio. C’è una luce calda, un ritmo lento, il piacere di guardare due anime che si avvicinano senza urlare. Non forza mai l’inquadratura, lascia che le cose accadano nei margini, nei respiri. Ed è lì che il film trova il suo lato migliore. Nella delicatezza, nella capacità di far sembrare importanti i gesti più piccoli: versare un calice di vino, abbassare lo sguardo, ascoltare in silenzio. La regia lascia spazio agli attori, si ritira dietro a una fotografia calda e morbida, ma presto diventa un po’ troppo confortevole. Non osa, non provoca, non rischia mai davvero di rovinare l’idillio che sta costruendo.

A dare una scossa ci pensa Steve (Mounir Amamra) il giovane apprendista, che porta un contrasto generazionale e un po’ di caos in quell’ordine apparentemente immutabile. E per un attimo sembra che la storia possa cambiare rotta. Ma anche lui alla fine viene assorbito, ammorbidito, trasformato in una nota di colore come gli altri.

Isabelle Carré e Bernard Campan, nei panni dei protagonisti Hortense e Jacques, offrono interpretazioni credibili, dallo spessore umano, capace di trasmettere tutta la fragilità e la speranza di chi, nonostante le ferite del passato, desidera ancora assaporare la vita. Fanno molto più del film stesso: riempiono i vuoti, danno peso ai silenzi, trasformano i cliché in qualcosa di reale e assolutamente credibile.

Amore e vino

Il vino diventa simbolo e rifugio, ma anche metafora di un film che ha paura di invecchiare male. Sa essere caldo e avvolgente, ma non rischia mai note troppo aspre. Quando arriva il dramma, fatto di malattia, segreti e perdita, è solo una crepa che si riempie subito di luce, senza permettere a nessuno di guardare davvero dentro. Alla fine, La Degustation lascia in bocca un sapore piacevole ma prevedibile. È un film che si lascia guardare facilmente. Ammalia per la sua eleganza e il suo garbo, un piccolo scrigno che custodisce momenti e dialoghi misurati. Una commedia che va assaporata con calma, come un vino che si evolve sorso dopo sorso: ha profondità sotto la superficie, ma anche nervature prevedibili. Una pellicola sobria, elegante nella forma, pura nell’intento, ma non sempre rivoluzionaria nella sostanza.

Il trailer del film La Degustation

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