Cinema Asiatico

‘Ghost Killer’ di Kensuke Sonomura, da coreografo a regista

Un mélange gradito di azione e arti marziali, che esplode in velocità e ironia

Published

on

Ghost Killer (2024) di Kensuke Sonomura è il quarto film da regista del coreografo di arti marziali giapponese, presentato al BIFAN 2025 e interpretato da Akari Takaishi (Baby Assassins), Masanori Mimoto e Mario Kuroba.

Dopo la lunga esperienza come coordinatore stunt e coreografo con registi celeberrimi tra cui John Woo (con il quale lavora in Manhunt), Haso Aro, creatore della serie Netflix Alice in Borderland, e non ultimo Mamoru Oshii, Kensuke Sonomura nel ruolo di regista non si risparmia chiaramente nell’offrire tutta la sua raffinata competenza marziale.

Una studentessa posseduta, ma non si tratta di un horror

Quando Kudo (Masanori Mimoto) viene tradito e giustiziato da un sicario della sua stessa organizzazione criminale, ribolle di rabbia e per qualche (magica) ragione, rimane sulla terra in formato fantasma. Il proiettile con cui è stato colpito salta da un posto all’altro e viene raccolto da Fumika (Akari Takaishi), “una studentessa universitaria qualunque”. La ragazza, e lei soltanto, riesce a vedere il ghost killer Kudo e ancora di più, quando i due entrano in contatto, il gangster defunto entra nel corpo di Fumika. L’innocente ragazza diventa allora uno spietato picchiatore. Traendo vantaggio da questa anomalia, i due castigano alcuni uomini approfittatori salvando fanciulle in pericolo – lasciando intendere a latere a quale terribile situazione le giovani giapponesi si trovino a dover sopravvivere quotidianamente.

La storia procede con continui salti di Kudo dentro e fuori Fumika, in cerca della sua personale vendetta contro quella che la ragazza definisce ironicamente l’“organizzazione antisociale” che l’ha fatto fuori.

Akari Takaishi in ‘Ghost Killer’ di Kensuke Sonomura

L’intrattenimento di Ghost Killer

Sonomura riesce a combinare commedia, gangster movie e film di azione con le arti marziali. Le scene dedicate ai combattimenti sono eleganti e taglienti, e chiaramente velocissime, quando si approfittano dell’aiuto degli effetti visivi per rendere ancora più mozzafiato l’azione.

La parte più coinvolgente del film è la doppia personalità della protagonista Fumika, che rimbalza tra la ragazzina ventenne e il killer feroce. Il suo volto innocente e le reazioni isteriche e verosimili causate dagli ormoni adolescenziali cozzano con la freddezza con cui gestisce la situazione di pericolo quando è posseduta. Sebbene rimanga il più possibile fedele ai propri valori anche dentro il contesto spietato della Yakuza giapponese. La testardaggine e la purezza di questa studentessa permettono a Kudo di rivedere le priorità in punto di morte e comprendere come, in fondo, aiutare gli altri sia più gratificante che giustiziarli.

Masanori Mimoto in ‘Ghost Killer’ di Kensuke Sonomura

La battaglia finale

Come nella migliore delle tradizioni del viaggio dell’eroe, l’ultima parte si crogiola nell’esagerazione (narrativa) di poter accomodare la ragazzina nei panni di un supereroe, o meglio del super combattente Kudo, e sconfiggere il male assoluto. Il transfer e la sublimazione del protagonista, che da cattivo si converte, chiude il cerchio e sembra un passaggio obbligatorio in un film che, dopotutto, è d’intrattenimento appunto, e ha necessità di rappresentare la parabola di formazione di Kudo.

Anche in quest’opera, il Giappone si distingue per continuare ad offrire film di genere con un mélange gradito di azione e arti marziali, mantenendo vivo ciò che da sempre fa parte della sua tradizione.

Exit mobile version