Figari international short film festival

Figari ISFF: storie e novità con Mauro Addis

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Da quindici anni, il Figari International Short Film Festival è molto più di una rassegna cinematografica: è un’esperienza immersiva dove il cinema incontra il territorio, il mercato e, soprattutto, le storie. Nato e cresciuto a Golfo Aranci, in Sardegna, il festival ha costruito nel tempo una sua storia. In questa intervista, Mauro Addis racconta il Figari International Short Film Festival, il suo legame profondo con la comunità locale, la vocazione internazionale e l’impegno costante nel dare spazio alle nuove voci del cinema breve. L’attore e direttore ha dichiarato:

“È la 15esima edizione. È difficile che un festival che parla al cinema breve possa arrivare anno dopo anno,  crescendo e non galleggiando,  così, in crescita, al quindicesimo anno. Non è scontato, noi non lo diamo per scontato, soprattutto in un momento come questo, dove i film e le produzioni si fermano. Siamo divisi fra un settore che è quello del cinema e quello della cultura. Noi siamo nel mezzo, cerchiamo di fare il nostro in una situazione non certo semplice, quindi facciamo del nostro meglio. Questo è il quindicesimo anno, mi sento di dire che possiamo festeggiare per ora. Il prossimo traguardo speriamo sia quello dei venti. Dopodiché, insieme al Figari ISFF, e insieme all’apparato cinema sardo generale, anche noi stiamo crescendo: era un festival fatto dai giovani, ora diventa un festival sempre per giovani e per tanti giovani”.

Figari International Short Film Festival

L’intervista: Mauro Addis parla del Figari International Short Film Fest

Dietro ogni festival c’è sempre una precisa identità cinematografica. Come descrivere l’anima del Figari International Short Film Festival?

Noi non abbiamo un’identità cinematografica precisa. Siamo innamorati delle storie, da sempre. Quindi ci piace che, all’interno del festival, vengano raccontate delle belle storie. Ed è sulla base di questo che ci muoviamo nelle scelte che facciamo. Poi, chi segue il festival vede che in realtà non c’è una vera e propria linea editoriale dietro la scelta, ma una matrice comune; la si percepisce tutto gli anni. Questo, nonostante cambino i programmi di anno in anno, nonostante si aggiungano persone: l’anima, poi, rimane alla fine sempre la stessa. È un cinema spesso giovane, e sempre molto internazionale. Quello che ci piace vedere da sempre, come spettatori e poi come organizzatori di festival, sono le belle storie.

Edizione precedente del Figari International Short Film Fest

Qual è il rapporto tra il festival e la comunità di Golfo Aranci e come si integra il Figari ISFF con l’identità culturale e turistica della Sardegna?

Il festival è nato da Golfo Aranci, si è spostato da Golfo Aranci ed è ritornato a Golfo Aranci. È nato qui ed è nato con la comunità del posto ed è cresciuto con essa. È una comunità che chiaramente ha le dinamiche di un piccolo centro che, nel frattempo, è cresciuto tanto ed è cresciuto insieme al festival. Quindi si è arricchito di persone che non sono sempre solo di Golfo Aranci; le dinamiche di condivisione sono sempre differenti, nonostante ogni anno abbiamo delle persone che ci accompagnano all’interno di tutto il percorso.

Chiaramente è un festival che, fatto da un’altra parte, avrebbe un altro impatto. Nel senso che è molto aiutato, e in un periodo come questo, secondo me è fondamentale, dalle persone del posto e dai commercianti del posto. Abbiamo le strutture, a partire dalla parte alberghiera, dovendo avere a che fare con un mercato che prettamente sta fuori dalla Sardegna. Quindi portare tutto qua, non solo dall’Italia ma anche dall’estero, comporta spese notevoli. E quindi spesso questo ha a che fare con un’organizzazione che deve lavorare in quel senso da tempo. Si devono avere delle convenzioni, o comunque dei rapporti co-privilegiati, ma quantomeno di intento comune, con i commercianti che si occupano delle strutture alberghiere, i ristoratori, le spiagge, l’organizzazione delle spiagge, i trasportatori, i vettori navali, l’aeroporto stesso di Olbia che ci supporta in tutto quello che può.

Le persone che sono venute come ospiti alla nostra manifestazione sono sempre volute tornare a Golfo Aranci e sono sempre volute tornare in Sardegna. Sono venute come ospiti del festival e l’anno dopo, spesso addirittura vincendo il festival, sono venute a lavorare con il Figari ISFF. Questo secondo noi è un segnale estremamente importante, che ci dà lo specchio di quello che restituisce l’esperienza. Quindi sicuramente non la possiamo restituire da soli. Quello che viene restituito è da tutta la comunità, dai posti che ci ospitano, dai partner che ci ospitano, dai ristoranti che ci accolgono, dalle strutture ricettive e dal paese che ci fa sentire a casa, e fa sentire a casa le persone che vengono a trovarci.

Quali sono, per la programmazione di quest’anno, le linee guida che hanno orientato la stessa programmazione? Ci sono temi o generi che avete voluto mettere in evidenza?

Non ci sono delle linee guida precise, né a livello di scelta filmica, né a livello di scelta di progetti. Per i film puntiamo alle storie. Abbiamo sicuramente nel corso del tempo sviscerato e sviluppato dei segmenti particolari. Per esempio, abbiamo avuto Scarpette Rosse che aveva a che fare col cinema femminile, Diamanti Grezzi che ha a che fare col cinema giovane. Abbiamo avuto varie suddivisioni e anche i premi sono premi speciali che vengono dati al produttore, essendo un festival orientato alla figura della produzione. Quindi le linee guida sono varie.

Il cuore del festival, per parlare della divisione ufficiale, si muove sempre sul  miglior film internazionale, quindi la sezione internazionale, la sezione nazionale, la sezione regionale – e poi quella di animazione. Le uniche cose, a livello macroscopico, cinematografico, che rimangono fuori dal festival sono solitamente i documentari, perché non abbiamo mai avuto una sezione dedicata ai documentari. Proprio perché crediamo sia un percorso totalmente differente rispetto a quello cinematografico puro. Così come le storie di sperimentazione pura. Quelle sono un po’ distanti dalla nostra “linea editoriale”, che non ha mai guardato in quella direzione.

Il FISFF non è soltanto un festival ‘locale’, ma un ponte con l’Europa e oltre. Come si è costruita questa dimensione internazionale?

La si è costruita in realtà nel corso del tempo, e per dinamiche anche spesso personali. Noi abbiamo iniziato il festival tanti anni fa, e diventava un po’ un centro di condivisione con amici, in quanto tutti veniamo dall’ambiente cinematografico. Io nella vita faccio l’attore, Matteo (Pianezzi) fa il regista e il produttore. Quindi è stato praticamente un inizio in cui gli amici venivano a trovarci in Sardegna, all’interno di una situazione di festival che si era creato proprio per quello.

Poi, chiaramente, facendo parte del segmento lavorativo, ad esempio produttivo, abbiamo iniziato a capire cosa ci interessava sviluppare. E vivendo qui, o meglio facendo qui il festival ma vivendo tanti anni fuori, ci siamo resi conto di cosa potesse servire in Sardegna, che non esisteva, per aumentare o per dare una mano al comparto. Golfo Aranci per sé è cresciuta, e il festival è cresciuto. Noi siamo cresciuti e, infine, è cresciuta la Sardegna dal punto di vista cinematografico. Non chiaramente per noi o non solo per noi, ma sicuramente abbiamo dato una mano. Abbiamo fatto la nostra parte perché queste cose accadessero. Abbiamo iniziato il festival che non esistevano case di produzione in Sardegna, o comunque ne esistevano pochissime, e ora continuano a moltiplicarsi.

Il numero di film che venivano prodotti in Sardegna non era un tempo sicuramente quello di adesso. Anche la Sardegna, dal punto di vista cinematografico, sta cambiando. E nel tempo noi ci siamo resi conto, vivendo fuori, che quello che serviva portare al festival, per farlo crescere, era un’attenzione a un certo tipo di figure, a un certo tipo di aspetto. E soprattutto serviva un punto perché ci fosse la possibilità di parlare di certe cose, in una regione come la nostra dove certe realtà non c’erano.

Tuttora siamo l’unico mercato dell’audiovisivo, soprattutto legato al mondo del cortometraggio, presente in Sardegna. Siamo l’unico festival mercato, comunque il primo festival mercato, oltre il mercato di Torino. Averlo in Sardegna, per noi, è un grosso punto a nostro favore. Ci inorgoglisce. Allo stesso tempo ci rendiamo conto che è servito da ponte, e comunque da punto di mediazione nel quale le varie figure professionali hanno sempre avuto una casa per parlare, confrontarsi e crescere. Nel frattempo, la parte esterofila è venuta perché, nel crescere, abbiamo iniziato a lavorare con la Francia. Siamo presenti nelle maggiori manifestazioni nazionali e internazionali legate al cortometraggio. Abbiamo scambi culturali con più paesi, abbiamo iniziato a collaborare con la Spagna.

Quest’anno, ad esempio, abbiamo un progetto che arriva direttamente da Madrid, un altro che arriva dall’Italia con un’altra società, un’altra manifestazione di progetto di sviluppo. Insomma, ci sono tante collaborazioni che sono nate nel corso del tempo. Molte le abbiamo mantenute in Italia, e tante altre stanno nascendo all’estero. Anche per questo si sviluppa dal punto di vista internazionale.

Figari International Short Film Fest

Il festival include una sezione Industry: qual è il fil rouge tra la programmazione in spiaggia e l’area più rivolta al mercato?

Le storie. Sia nei progetti che nei film ricerchiamo principalmente quelle. Da un punto di vista proprio organizzativo e tecnico, il Festival si è evoluto facendo vedere i film sotto le stelle, e ci è capitato, quando è nato il mercato, di avere degli operatori del settore cinema importanti; quindi, dei buyer internazionali, che si sono trovati nella condizione di vedere gli stessi film che avevano magari già visto in sala e di avere la necessità quasi di acquistarli qui, quando ancora il mercato non c’era.

Questo per noi è stato un segnale, ci ha fatto capire quanto la condizione nella quale certe cose si vedono cambi la percezione anche di quello che si sta guardando. E da lì ci venne in mente di aprire un mercato vero e proprio, e quindi tutta una serie di attività industry, che poi abbiamo focalizzato principalmente sul ruolo della produzione, ma non solo. Quindi nel Festival ci sono le proiezioni la sera; però durante la mattina abbiamo attività di industry che partono dalle 9 e vanno avanti fino all’ora di pranzo. All’ora di pranzo ci spostiamo tutti in spiaggia, solitamente, e nella stessa struttura che ci ospita da anni. E lì, durante il pomeriggio, dopo aver pranzato, ci sono altre attività di industry.

Dunque, gli incontri professionali fra autori e produttori, o produttori e distributori, o distributori e buyer avvengono non sulla spiaggia ma…dentro l’acqua. Per spostarsi nuovamente, solitamente in maniera itinerante, un giorno su una spiaggia, un giorno su un’altra, un altro invece al centro del paese che ci ospita, sul lungomare, per la competizione ufficiale che inizia solitamente intorno alle 9:30 e va avanti per un paio d’ore. E abbiamo scoperto che comunque il punto di forza grosso è stato proprio la spiaggia.

Noi abbiamo fatto una cosa che, secondo me, però ha portato uno step in avanti il nostro festival e l’ha fatto crescere alla velocità della luce. Ossia abbiamo “messo in mutande” l’intero cinema che è stato da noi ospitato nel corso degli anni. Mettere due persone a parlare in camicia, in abito, o comunque in una situazione formale di mercato fino all’una è un conto. Ma mettere le stesse persone in mutande nel pomeriggio a parlare di cinema in una situazione più rilassata, ma soprattutto ridistribuendo tutto sullo stesso piano, allo stesso livello, cambia la percezione di quello che si sta dicendo, di come lo si dice, della serenità con la quale si racconta il progetto. Tantissimi progetti, tantissimi progetti di coproduzione, tantissimi corti sono diventati lunghi sulla spiaggia.

Quali eventi o iniziative collaterali arricchiscono questa edizione, oltre alle proiezioni?

Noi abbiamo una proiezione il primo giorno su una spiaggia che si chiama Cala Sassari, che è un posto meraviglioso. Il secondo viene fatto a Calamoresca, che è un parco naturale dove l’accesso è vietato alle auto, dove si può arrivare solo a piedi e che, dopo una certa ora, è vissuta solo dai cinghiali. È la spiaggia nella quale hanno girato “La Sirenetta”, per intenderci, e abbiamo lì una proiezione “privata”, nel senso che più di 50 persone non possono entrare.

Poi quest’anno abbiamo un’iniziativa: facciamo una festa organizzata con un’associazione culturale e comunque con un collettivo olbiese per festeggiare il 15° anniversario. Abbiamo varie situazioni interne al paese con strutture che ci ospitano per organizzare un giorno un karaoke, un giorno una festa, sempre legati però al mondo del cinema. Attualmente poi ci sono delle novità che però non abbiamo ancora annunciato e che annunceremo durante il festival.

Chi sono gli ospiti principali di questa edizione? Ci sono nomi o personalità del mondo del cinema di cui sei particolarmente entusiasta?

Ce ne sono tanti. Nel festival abbiamo dei film in gara e la cosa che a me preme è che l’attenzione sia soprattutto per i film in gara, i progetti selezionati.

Dietro la selezione dei corti spesso c’è una promessa: un autore al debutto. In che modo il Figari ISFF aiuta questi giovani registi a emergere?

In realtà non credo lo faccia il nostro festival. Lo fanno i film, se sono buoni film. Lo fanno gli autori, se sono buoni autori e hanno scritto belle storie. Le belle storie fanno sì che i programmi dei festival le riconoscano, e il festival poi fa da amplificatore e cerca di metterle davanti a più persone possibili. Se poi il film piace, secondo me le cose vanno un po’ da sole. Poi da sole non vanno mai. L’autore ormai deve avere un bravo produttore, un bravo distributore, un bel collettivo alle spalle e deve avere una storia che vale. Noi siamo attenti alle belle storie che vengano da un vecchio regista piuttosto che da un giovanissimo.

Chiaramente siamo molto più attenti ai giovanissimi. Questo è innegabile. Siamo molto attenti ai debutti cinematografici. Ne abbiamo qualcuno quest’anno, per il quale siamo molto felici. Poi mettiamo a disposizione uno schermo, delle casse dalle quali esce un suono e se quelle immagini che escono dallo schermo e quel suono raccontano una bella storia, il resto non lo facciamo noi. Gli diamo un supporto che può essere più o meno bello, gli diamo un contesto. Nel nostro caso, questo posso dirlo, sicuramente meraviglioso e privilegiato, dopodiché è la storia che parla.

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